Mafia, non è storia ma realtà sempre presente.

E' Mafia anche quella do piccoli e grandi episodi del nostro quotidiano

La Mafia, i suoi delitti, gli omicidi, la storia che ha riempito pagine intere del paese, i grandi personaggi che l’hanno combattuta pagando col la loro vita. Come Giovanni Falcone, che domani martedì 25 giugno, sarà l’emblema della lotta a quella mafia. Lo sarà in un convegno che la Procura di Tempio, con il suo massimo esponente, Gregorio Capasso, ed il Comune di Tempio,  hanno promosso al Teatro del Carmine alle ore 15.00 martedì 25 giugno. Il racconto di di un uomo della scorta del magistrato siciliano trucidato. Era il 1992. Quel delitto, quel periodo storico terribile,  verranno riproposti attraverso il racconto di Luciano Tirindelli che parlerà a nome dell’associazione Scorta Falcone.

Appuntamento con la storia. Tirindelli, uno degli uomini della scorta, racconta Falcone.

Un appuntamento importante, come altri in questi anni proposti a Tempio. Come non ricordare la figura di Peppino Impastato, intransigente oppositore della mafia attraverso i suoi scritti e le sue parole da una radio. Domani sarà la volta di un magistrato, per tutti noi speranza anche a distanza di quel tempo lontano.

La mafia era allora vestita di fuoco, fucili, pistole e tritolo. Oggi ha dismesso quegli abiti e corregge il tiro infiltrandosi ovunque. La politica, le amministrazioni pubbliche, l’intera società ne è affetta e colpita, senza che ci siano omicidi né stragi.

Mafia è ingiustizia che penetra nei diritti acquisiti dalla gente deviandone le garanzie.

E’ la subdola mano che corregge e mistifica la realtà per veder garantiti determinati privilegi che mai possono essere toccati.

Mafia nel quotidiano anche di una piccola comunità

Mafia che sconfina nella quotidianità che arranca in affanno per un posto di lavoro.

E’ una verità scomoda che non deve emergere perché costerebbe troppo al potere per il quale è galera o processi interminabili.

Ma è anche, come detto, quotidianità, a basso peso specifico se proiettata in un contesto generale di interessi comuni.

Negli appalti, nelle selezioni di lavoro, nei concorsi pubblici, nei favoritismi che mai vengono meno, nelle omertà di chi sa e non parla, di chi vede ma tiene chiusi gli occhi. 

Nei soprusi, nelle arroganze, negli atti d’impero ai confini della legge. In tante manifestazioni che generano conflitti,  denunce, esposti e querele, spesso destinati al dimenticatoio. La mafia è nella passiva accettazione derivante dalla paura di subire ritorsioni, quando si resta silenziosi pur dovendo parlare e denunciare.

Le sue infiltrazioni nella nostra vita, anche al solo pensarci, fanno inorridire nel numero e nella qualità. Ogni specie di prevaricazione ci ricorda che oggi la mafia ha giacca e cravatta, vestiti alla moda.  Maniere differenti di azione ma c’è, è forte e mantiene la stessa spregiudicatezza nei risultati. L’obiettivo è distruggere qualcuno o qualcosa, non importa come, basta che sia.

Una lettera che ci illustra atteggiamenti degni di essere appellati “mafia”

Scrive una giovane madre:

«Gentilissimo Antonio, vorrei sottoporle un caso personale. Da qualche tempo vivo in una casa in periferia a Tempio. Vivo con mio figlio di appena 5 anni, cercando solo una serenità che la vita purtroppo non mi ha donato per altre vicende che esulano dal motivo di questa lettera. Non posso più tacere, ho bisogno di denunciare una serie di episodi contro la mia persona e anche verso il mio bambino. Tenga presente che ho sporto anche denuncia a marzo presso la Caserma dei Carabinieri di Tempio che ho anche integrato di recente qualche settimana fa. Da circa 8 mesi subisco angherie e vessazioni da parte di alcune persone del quartiere. Ma davvero devo sentirmi nella Palermo degli anni ’60 o a Corleone? 

La nota dolente è mio figlio. Credo che nessun genitore dinanzi a qualche torto subito da un figlio, resti impassibile. Su di noi madri o padri, ci passano spesso sopra con caterpillar, ma se accade verso un figlio, non tolleriamo neppure un soffio contrario. Un bambino che nessuno nemmeno vede, che non viene coinvolto, salutato quando esce in veranda. Vorrebbe interagire ma non lo può perché nessuno lo cerca. Oltre la denuncia c’è stata anche una lettera di diffida di un avvocato verso il comportamento di certe persone del quartiere. Tutto inutile, almeno per ora. Con questa lettera vorrei denunciare pubblicamente che Tempio è omertoso. Si preferisce accettare che a rimetterci siano per forza altri, nel mio caso me stessa e mio figlio, piuttosto che prenderne le difese e contribuire a debellare certe vessazioni subite. Azioni che tutti vedono e conoscono, ma coprono facendosi – dicono – i fatti propri.

Ho colto l’occasione della giornata di martedì 25 nella quale si ricorderà Giovanni Falcone per ribadire che la mafia è anche in piccoli ma cogenti episodi che richiamano a quel male, pur non avendone lo stesso truce risultato ma sicuramente la stessa natura nel sopruso subito. Puntano ad impaurire, ad imporre un atteggiamento arrogante, quasi debba essere avallato da chissà quale autorità precostituita». 

“Le cose non succedono sempre agli altri”

«Le cose non accadono solo agli altri, a volte ci toccano direttamente e restiamo sconcertati dal silenzio di chi vede e non esplica verbo. Tacere, nemmeno si fosse in possesso di chissà quali travolgenti verità da mettersi al riparo delle possibili conseguenze. Mafia, mi creda Antonio, di basso cabotaggio ma altrettanto nociva per un bambino che oggi non esce a giocare in strada, che non viene accettato dagli altri. O per me stessa che ogni giorno ne subisco le derive schifose con piccole provocazioni, male parole urlate affinché le senta. Vorrei preservare almeno mio figlio da queste brutture della vita, cercando di farlo vivere in un ambiente migliore. Evitargli  ostracismi o impedimenti non consoni certo alla sua tenerissima età in virtù di colpe che non ha sicuramente commesso. Quando faccio presente quanto mi accade con i residenti del quartiere, mi dicono che non vogliono problemi. Ma scherziamo? Siamo a questo punto? Omertà anche per azioni subdole e reiterate che tutti vedono e conoscono. Sono arrivati a minacce, aggressioni, nei miei confronti, che sono espressi nella denuncia dai C.C. di Tempio. 

E le parole che proferiscono a voce alta, perché possa sentire cosa dicono di me. Che sarei pazza, che avrebbero dovuto picchiarmi da piccola, subire percosse dal provocarmi la morte. Che sarei una persona inutile e una serie di frasi di questo stampo.  Ho apportato le prove di quel che subisco, ora attendo che la giustizia a cui mi sono rivolta faccia il suo corso.

Lo scopo di essermi rivolto a lei è quello di evidenziare che Tempio non è un “college inglese”, che anche qui, in un piccolo spaccato di episodi per tanti banali, la vita diventa difficile se non impossibile. Va male, anzi malissimo, quando in queste azioni subite ci sono una madre e un bambino e una inspiegabile omertà. Mi creda, la mafia ha molteplici sistemi per venire alla luce. Grazie della sua attenzione e di una pubblicazione qualora la ritenga utile per la collettività».

Lettera firmata

 

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