« Una diagnosi frettolosa e mio figlio che non ha oggi una vita normale»

Una diagnosi frettolosa, errata, di un medico che ostinatamente vede un qualcosa di raro in un uomo di 31 anni e decide che è quello il male e che bisogna intervenire chirurgicamente. Parliamo di cervello, della zona più delicata per un intervento. Luca ha oggi 37 anni e la sua vita, prima di accusare una forte depressione e disturbi alla vista (diplopia), era del tutto normale. Interessi vari, come tanti giovani, un ragazzone alto che ha talento per la meccanica, ama i motori e le macchine.

« Prendeva una vitina con le mani e la posizionava con cura, come se quei gesti derivassero da un amore non comune alla sua età». dice la mamma Giuseppina Mossa, 67 anni, aggese.

La storia di questo caso sanitario la raccontammo esattamente un anno fa, era il 19 marzo 2019.

” Il problema di mio figlio Luca – disse allora  la mammaè stato curato al principio come depressione. Lui tendeva ad isolarsi quando siamo tornati in Sardegna, dopo aver vissuto per 30 anni a Gallarate dove ho lavorato come infermiera.

La scelta, non fu ottimale, sia Luca che mio marito sono del milanese e le abitudini sonio diverse. A febbraio del 2014, alla depressione si è aggiunto un grave problema agli occhi. Luca soffre di diplopia, vede doppio insomma da vicino e da lontano. Inoltre, vomito, mancanza di equilibrio, inappetenza.

Luca Magellano e sua madre Giuseppina Mossa (foto marzo 2019)

La prima cosa che abbiamo fatto è portarlo al Pronto Soccorso del Paolo Dettori di Tempio. A Tempio, è il 15 febbraio del 2014 sono stati in gamba e umili, dicendoci che mancava il neurologo e ci hanno consigliato di andare a Sassari. Le visite a Tempio, effettuate al reparto di Otorino e anche la visita oculistica, hanno ribadito la necessità dello specialista».

Il 5 marzo sempre dello stesso anno, il 2014, Luca viene operato. Da quel momento inzia la vera tragedia sanitaria del ragazzo.

Quella diagnosi, sbagliata, ha cambiato la vita di Luca e dei suoi genitori

« La vita di mio figlio è peggiorata rispetto ad un anno fa quando lei fu qui – dice Giuseppina -. Non solo la diplopia ma i suoi occhi si sono aggravati ulteriormente. Inoltre, la notte per lui è un incubo vero e proprio, spesso va in dispnea, respira a fatica, ha una salivazione abbondante, tosse continua. Gli arti inferiori sono molto peggiorati rispetto a prima. Cammina con sempre maggior fatica. Le due lesioni che aveva, che continuavano a chiamarle da trauma, non lo sono mai state. Luca non ha avuto incidenti, non è caduto dalle scale. La sua era una forma di linfoma curabile con la radioterapia. Invece quell’intervento di medulloblastoma, lo ha portato a queste condizioni attuali. Pensi che l’altra lesione è guarita con la radioterapia e così, probabilmente, sarebbe guarita anche l’altra».

Il racconto della mamma continua senza una sola pausa, Giuseppina è documentata e ben informata, da ex infermiera, su tutto. Ha con se tutti i documenti di un evidente errore di diagnosi e, forse, li userà anche per una denuncia. E’ allo stremo, ogni cosa che fa capo alla sanità pubblica sembra un regalo e non un dovere di chi dovrebbe assicurarla a tutti.

Loda, e come non essere d’accordo, quei medici umani che ha incontrato nel  lungo calvario insieme al figlio. I medici, per intenderci, che dinanzi all’impossibile per loro, hanno alzato umilmente le mani, dandole anche dritte e sostegno. 

« Perché mi chiedo . continua – non ha alzato le mani anche quel neurochirurgo ed ha approfondito gli esami su Luca? Al San Raffaele di Milano, dover siamo stati per 15 giorni di ricovero, la diagnosi è stata linfoma, peraltro curabile con la radioterapia».

L’intervista che segue, chiarisce ogni dettaglio di questa vicenda umana dolorosa, dove un ragazzo oggi 37enne si ritrova a vivere una vita da disabile. Un ragazzone che chiede di potersi curare attraverso esami e visite specialistiche che almeno riescano ad attenuare il suo stato. Ma questo è il tempo sbagliato, visite vietate dalla minaccia coronavirus. Sanità distratta da una emergenza di altra natura. Mamma Giuseppina, però, non demorde, lei combatte, la chiamano la leonessa. E dopo averla ascoltata, capisci sin dove arriverà. Non mollerà di un passo sino a che al figlio non verrà assicurata una vita dignitosa.

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