Un’altra tragedia a distanza di 11 anni.

Un’altra tragedia questa mattina. Quel muro di Pastini, alla cui base insistono le storiche  fonti rinomate per l’acqua buona della città, è stata luogo di un altro gesto tragico, dopo 11 anni dall’ultimo.

Veniamo avvertiti in tarda mattinata e, come per altri casi analoghi, manteniamo il dovuto rispetto per chi ha scelto una strada diversa per staccare la spina. Lui si chiamava Giovanni Farina, marito e padre di famiglia, e tanto basta.

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Si chiama Stefano Careddu, figlio di un uomo che scelse la stessa disperata azione per interrompere il suo percorso terreno. Le motivazioni che stanno alla base di atti estremi, sono materia per altri ambiti e specialisti, a noi interessa piuttosto prestare attenzione ad altri aspetti di un atto così violento.

Stefano è muratore e quando successe la tragedia del suo povero padre, Domenico “baffone” Careddu, rimase sconvolto. Ancora oggi, al telefono si lascia andare ad un pianto sommesso, triste come il ricordo del padre che tutti a Tempio amavano. Domenico era un buono, sorrideva a tutti e da tutti era voluto bene.

Stefano Careddu, figlio del povero Domenico.

« Intanto grazie Antonio per avermi ascoltato. Mio padre e Giovanni si conoscevano. Fu Giovanni che a casa mia fece il caminetto della casa dove vive mia madre. Quel che vorrei sottolineare, è sapere dalle Ferrovie dello Stato quanti morti ancora deve attendere prima di proteggere quel muro dall’interno della Stazione? Quanto ci vuole per mettere una rete di protezione? Quando mi permisi di segnalarlo alla Direzione delle Ferrovie dello Stato, non solo della rete ma mi dissero che babbo era entrato in una proprietà privata e quindi addirittura sanzionabile. Sa Antonio quanti bambini mi capita di vedere sul muro? Da poco ne ho visti due. Io vorrei appunto segnalare la pericolosità di questo muro aldilà di quelli che lo hanno scelto per finire il loro percorso prematuramente. Li mandai via in quell’occasione quei bambini, temevo per loro. Appena lo ho intravisti, mi sono affiorati tutti il ricordi della morte di babbo».

 

Una tragedia evitabile

Stefano si interrompe, sento che piange e singhiozza mestamente.

Domenico Careddu morì il 15 settembre del 2008.

« Una rete di protezione sino alla fine del muro, almeno 15 metri nei punti alti e pericolosi dissuaderebbe almeno dai gesti insani. Il punto più alto arriva a quasi 20 metri, quello estremo che è alla sommità della salita, appena qualche metro.

Stamattina mi mandano una foto del povero Giovanni, tutti hanno pensato a me stamattina. Babbo morì il 15 settembre del 2008 alle 9.20 del mattino. Il muro all’interno non è basso e ci vogliono per salirci o l’altezza, e babbo era alto, o un semplice masso o una sedia per salirci sopra, cosa che possono fare anche i bambini. Il fatto che la zona sia interdetta agli estranei, è solo un cartello e qualche divieto ma in realtà tutti sanno che ci passa gente di continuo tutto il giorno».

Questa è la terza tragedia in circa 40 anni di storia di Tempio. La prima risale agli anni 70, allora si trattò di una donna. Nel 2008 Domenico e stamani anche Giovanni. Che si faccia qualcosa. Non potrà nessuna rete, nessuna barriera, impedire azioni simili ma quel che si vuole rimarcare è il pericolo a cielo aperto di questo muraglione altissimo senza protezione alcuna.

 

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