Omissioni, espropri, abusi. Ma è tutto per il nostro bene.
Perché mai un Sindaco dovrebbe aver paura dei propri cittadini?
Com’è possibile che sia intimorito da coloro che gli pagano lo stipendio?
Si potrebbe girare la domanda al sindaco di Selargius, che si sente così in pericolo da far intervenire addirittura i carabinieri in Consiglio comunale, per proteggersi dai suoi stessi compaesani.
Ciò che raccontano le cronache di queste ultime settimane ha del grottesco. Se non fosse una tragedia. Progetti devastanti tenuti accuratamente nascosti, o esibiti giusto in tempo per non poter più essere contestati; gli stessi consiglieri tenuti all’oscuro; grandi società, naturalmente non sarde, a cui viene concesso potere di vita e di morte sulle nostre terre, sulla nostra economia, sul nostro futuro…
Sarà difficile convincere i sardi che sia tutto “per il loro bene”. A Selargius, almeno, non ci credono, e lo hanno dimostrato con una seduta comunale che passerà alla storia. Ovunque, giorno dopo giorno, i paesi insorgono. Anche in Gallura sono sempre più numerose le persone che cominciano a chiedere conto di ciò che a breve cadrà come una mannaia sulle loro teste. E allora saranno grossi guai per i sindaci che non si saranno opposti. A loro, e solo a loro, verrà imputata la rovina delle comunità.
Naturalmente stiamo parlando dell’incredibile speculazione in atto sulla povera Sardegna, che come al solito viene trattata da una parte come una discarica, dall’altra come un territorio di cui abusare impunemente per arricchirsi.
La Sardegna terra di conquista
Il motivo per cui la nostra terra faccia così gola a tanti faccendieri si può facilmente intuire. Più che di una questione di sole e di vento, si tratta della facilità con cui è possibile ottenere ogni concessione, lecita o illecita. Siamo un po’ come quei bambini senza padre né madre, indifesi ed esposti a ogni tipo di violenza.
Il numero degli abusi cresce giorno dopo giorno. Sono già partiti innumerevoli espropri, che consentiranno di trasformare i nostri terreni in desolate distese di pannelli solari o in suolo a disposizione di elettrodotti vari. Non un centesimo entrerà nelle tasche dei sardi (tranne che in quelle di pochi eletti), nessun risparmio in bolletta, nessun vantaggio né attuale né futuro. Anzi, la speculazione selvaggia a cui abbiamo aperto le porte segnerà la morte della nostra economia, oltre che la fine della Sardegna così come è conosciuta in tutto il mondo.
Cresce anche il numero dei progetti, ora 711, presentati da società fantasma create appositamente per accaparrarsi un pezzo del nostro territorio o da colossi stranieri che allungano le mani dappertutto.
Come l’onnivora Acciona Srl, ad esempio, la multinazionale iberica che già da tempo siede nel palazzo della Regione come padrona. Acciona gestisce la quasi totalità dei depuratori di Abbanoa (grazie ad un particolare appalto di 305 milioni di euro) e ora si appresta ad innalzare le sue gigantesche torri eoliche tra Tempio e Aglientu.
Il primo territorio ad essere sfigurato sarà quello di Bassacutena, su cui ricadono due devastanti progetti. Naturalmente Aglientu non è affatto d’accordo, ma ciò non impedisce ad Acciona di ostentare lo stemma di questo Comune sul frontespizio del suo progetto, denominato “Campovaglio”.
Chi vuol conoscere meglio Acciona può fare una breve ricerca su internet: scoprirà molte cosette interessanti. Gli articoli non mancano, e non solo su testate locali.
Gli olivastri millenari di Carana sotto assedio
Nemmeno i famosi olivastri millenari di Luras saranno risparmiati: l’intento è di circondarli con 56 turbine eoliche, in questo caso alte 240 metri, che sfregeranno PER SEMPRE uno dei luoghi più preziosi della Sardegna e di tutto il Mediterraneo.
È in partenza anche l’assalto alle meravigliose campagne di Telti, con progetti che non tengono conto nemmeno delle aree archeologiche che verrebbero definitivamente compromesse e distrutte. Qui è l’Amministrazione che si prepara a dare battaglia, per difendersi da faccendieri locali e stranieri.
Dove si ergeranno con esattezza le altre turbine previste per il Comune di Tempio (ben 105) ancora non è dato sapere. Quando si prova a fare una ricerca sul sito della Regione, infatti, ci si imbatte in una situazione vergognosa di caos totale. Sarebbe utile chiedersi perché tentare di accedere ai procedimenti in corso significhi inoltrarsi in un labirinto oscuro. Ciò che è chiaro, invece, è che in programma ci sono 2.769 enormi pale eoliche, altrettante di fronte alle nostre coste e infiniti ettari di pannelli fotovoltaici nelle nostre campagne.
Il lavoro dei Comitati e la lettera ai Comuni
Intanto si allarga sempre più la rete di Comitati, costituiti da comuni cittadini che tentano di porre un argine a questa sciagura. Tra le tante azioni messe in campo, un sit-in sotto il palazzo della Regione giovedì scorso. Ovviamente nessuno si è affacciato dal palazzo, nessuno ha pensato di ascoltare le istanze dei sardi. Una volta eletti si va a vivere su un altro pianeta. Un pianeta morbido e comodo dove vigono altre leggi, altre regole, dove si ha un tenore di vita diverso e non si ha più voglia di guardare “giù”.
Nel frattempo, già dal 25 novembre scorso, il Coordinamento di Tempio ha inviato una lettera-istanza a tutti i Comuni galluresi, indirizzata al Sindaco, alla Giunta e a tutto il Consiglio. In diversi Comuni già si comincia a discuterla e a richiedere informazioni e contatti. Altri invece tacciono, o per inconsapevolezza o per colpevolezza.
Cosa possono fare i Comuni (se lo vogliono)
La domanda che ci si pone è quasi sempre la stessa: ma davvero i Comuni, e la Regione Sardegna, possono fare qualcosa per difendersi dal famigerato Decreto Draghi, emanato proprio con l’intento di defraudare le autorità locali da ogni potere?
La risposta è: SÌ. Si possono porre dei freni. E sono tante le azioni possibili.
I Comuni, ad esempio, possono intervenire sul proprio PUC introducendo sbarramenti verso i mega impianti, favorendo invece gli impianti di piccola portata. La cosa migliore sarebbe dotarsi di un piano energetico comunale o sovracomunale, magari di concerto con le amministrazioni limitrofe.
Tanto possono fare, in questo senso, l’Unione del Comuni e le Province. Ma è possibile creare anche delle piccole “alleanze” di due o più Comuni, con l’obiettivo di giungere all’autonomia energetica. Non è così difficile. Ciò metterebbe il territorio al riparo da imposizioni calate dall’alto. Naturalmente bisogna volerlo!
E poi dovrebbero vigilare affinché certi progetti non passino sotto silenzio: stanarli subito, discuterli in Consiglio, coinvolgere la popolazione anziché pensare che tanto i cittadini non capiscono nulla e non servono a nulla.
D’altronde ogni buon cittadino si aspetta che la propria Amministrazione abbia le competenze e soprattutto la volontà di operare per il bene comune, di difenderlo dai faccendieri. E se resta deluso… se la lega al dito.
Cosa potrebbe fare la Regione Sardegna
La Regione Sardegna, dal canto suo, può anzitutto produrre una moratoria: cioè imporre un blocco temporaneo ai progetti speculativi, affinché si guadagni il tempo necessario a mettere in campo tutte le soluzioni possibili. Può fare una mappatura, in accordo con le comunità locali, per individuare le aree di ubicazione di eventuali nuovi impianti da fonti rinnovabili, utilizzando magari le aree già compromesse come le Zone Industriali. Dopo la mappatura dovrebbe ovviamente procedere all’elaborazione di un piano energetico regionale.
Inoltre – e soprattutto – può avvalersi di tutte le prerogative attribuitele dallo Statuto Autonomo, che le permettono di agire d’ufficio contro certi abusi e soprusi. Non dimentichiamo, infatti, che molte aree sono soggette a vincoli paesaggistici o archeologici che è facile far valere. Si resta allibiti nel vedere invece che la Regione autorizza là dove lei stessa, con altri documenti, impedisce. Non è strabiliante?
Una moratoria è proprio ciò che da mesi chiedono i Comitati. Ma finora, chissà per quale motivo, non c’è stata alcuna azione da parte degli uffici regionali, tranne autorizzazioni non dovute ed atti di esproprio. Per il resto tutto tace.
Il lavoro di mappatura, tra l’alto, è quanto ci è stato richiesto anche dal Ministero. Ma gli occupanti del Palazzo Regionale non si ritengono all’altezza di approntarlo e hanno rinviato tutto al mittente. In pratica chi ci impone di produrre energia per mezza Europa è libero di scegliere anche dove e come: per noi va bene tutto.
Forse quel “bambino” che si chiama Sardegna, più che essere orfano, ha dei genitori snaturati.
Anche la Diocesi di Tempio-Ampurias in difesa del territorio
Un raggio di sole, invece, arriva dalla Curia locale. Don Francesco Tamponi, responsabile dei beni culturali della Diocesi di Tempio, dichiara che ci si muoverà per tutelare le chiese campestri e i paesaggi che le circondano. «Modificare tutto questo è come mutilare i galluresi», dice dalle pagine di L’Unione Sarda. «Non credo che la portata disastrosa di questi interventi sia chiara a chi li sta promuovendo». Don Francesco lamenta il fatto che sia la Diocesi che la CEI siano stati tenuti all’oscuro di tutto, e annuncia azioni legali difensive. A questo punto c’è da augurarsi che altre Diocesi seguano l’esempio di quella tempiese.
Il popolo, quando ha dei buoni condottieri, può vincere battaglie apparentemente impossibili. E qui i condottieri non mancano: buoni amministratori, Comitati, gente che si batte da una vita per dare un futuro ai propri figli, per non lasciar loro un deserto di fame e ferraglia arrugginita. Ora più che mai bisogna alzare la testa per respingere le orde degli Unni: perché è proprio vero che dove passano non cresce più l’erba.
(M. A. P)