I falsi miti dell’economia spiegati a Pinocchio (2). Rubrica economica a cura di Antonello Loriga.

 

Oggi vi propongo un altro po’ di falsi miti con i quali si ha a che fare quando si intraprendono discussioni sull’uscita dall’euro.

    L’euro è la moneta degli Stati europei?

Proprio così, Pinocchio: lo dice anche il nome…Euro = Europa! FALSO!

L’Euro è il primo esperimento al mondo di separazione della moneta dallo Stato.

Esso non è né la moneta dell’Italia, né di nessun altro Paese europeo. L’Euro infatti viene emesso da un sistema di banche centrali (che rispondono alle direttive della Banca Centrale Europea – BCE) e che oggi, anziché emetterlo in favore dei governi, lo offrono alle banche commerciali a un tasso irrisorio (1%).

Gli Stati Euro, senza sovranità monetaria, non hanno più alcun potere di emissione. Possono solo utilizzare l’Euro prendendolo a prestito dai mercati di capitali privati.

Così nasce il ricatto del debito pubblico.

    La crisi si risolve rimanendo nell’euro?

Che ti ridi, pezzo d’asino? L’austerità fa bene alla salute!  FALSO!

Stavi meglio prima al tempo della Lira oppure oggi con l’Euro?

L’austerità, imposta dall’Europa, sta mantenendo la disoccupazione al di sopra del 10%, quindi mette in condizioni di ricatto chiunque voglia entrare o rimanere nel mondo del lavoro accettando stipendi più bassi, ritmi massacranti e turni più duri.

Se si utilizzassero con consapevolezza le potenzialità della moneta moderna, il governo potrebbe spendere a deficit “buono”. Si passerebbe così da politiche economiche dannose per la vita quotidiana dei cittadini, a politiche sociali di piena occupazione, in quanto l’aumento della produzione di beni e servizi fermerebbe la tendenza all’aumento dei prezzi.

Per uscire dalla buca devi smettere di scavare. (1) (1) Detto popolare americano.

 

    Falsi miti: Le banche commerciali sono nemiche di famiglie e imprese?

“O la borsa o la vita, stupido Pidocchio!” FALSO!

Non sono le banche commerciali in sé il problema, ma il sistema di cui sono parte.

Il sistema dell’Euro impone ferree regole di austerità che gli Stati devono rispettare e imporre ai propri cittadini, mentre per i mercati finanziari, che conducono il gioco, l’unica regola è il profitto a tutti i costi.

Le élite economiche speculano con investimenti altamente rischiosi e poi, col ricatto del debito, chiedono austerità fiscale e svendite finalizzate alla privatizzazione.

Questo significa trasformare la finanza internazionale in una nuova modalità di attacco militare.

L’austerità sta appianando il debito?

“Beh? Non lo vedete com’è appianato?” FALSO!!!

Le politiche di austerità, che consistono in tagli alla spesa sociale e aumento delle tasse come quelle inaugurate dal governo Monti, stanno distruggendo l’economia dell’Italia.

Tagliando la spesa sociale e aumentando le tasse, le persone avranno un potere d’acquisto ed un reddito sempre minori. Le possibilità di acquistare beni prodotti dalle aziende saranno sempre più ridotte. Le piccole e medie imprese saranno messe in estrema difficoltà in quanto, vendendo poco e pagando più tasse, avranno difficoltà a pagare i fornitori e i dipendenti.

Saranno quindi sempre più costrette a:

  • chiudere
  • licenziare
  • assumere in nero

o in maniera sempre più precaria e flessibile.

Con queste politiche economiche sarà inevitabile un aumento del debito pubblico anziché una sua diminuzione, perché nel complesso lo Stato riscuoterà meno tasse e si troverà a dover sostenere spese come per esempio: sussidi di disoccupazione, mobilità, cassa integrazione ecc.

Queste politiche economiche non salvano lo Stato, ma ne distruggono ogni rimanente forma di democrazia.

     Le manovre di austerità in Italia hanno abbattuto il debito e messo in ordine i conti?

“Misericordia, abbiamo abbattuto il debito!!” FALSO!!!

I dati parlano chiaro: già nei primi 3 mesi del governo Monti (Novembre-Febbraio 2012) il debito pubblico è aumentato di 30 miliardi. L’austerità imposta, quindi, non serve proprio a nulla, e soprattutto non serve affatto a ridurre il debito. Solo gli interessi sul debito totale (oltre 2.000 miliardi) ammontano a più di 80 miliardi di Euro l’anno (ovvero due finanziarie annue solo per pagare gli interessi).

Non solo: lo spread è rimasto pressoché invariato ed è aumentata la disoccupazione mentre le aziende continuano a chiudere.

Cittadini ed imprese al collasso non garantiscono più lo stesso livello di entrate fiscali, anche a fronte di un’esasperante pretesa di aumento di tassazione: così il governo potrà attivare processi di privatizzazione, a tutto vantaggio dei grandi gruppi economici e finanziari. Acqua, imprese di rilevanza strategica, scuola e università, monumenti, strade, spiagge: tutto serve per la svendita a buon mercato del “c’era una volta il Bel Paese”. Basti pensare che le banche nel 2011 hanno chiesto alla Grecia di impegnarsi il Partenone.

Migliaia di anni di storia svenduti al peggior offerente.

Fonte:

www.scribd.com/doc/106392215/FALSIMITI

 

    Falsi miti: I tecnocrati tengono a bada lo spread

“Aiuto, è di nuovo fuori controllo!!!”  FALSO!

Lo spread è un parametro, un numero che serve a valutare la liquidità del mercato dei titoli. Attraverso lo spread si mettono a confronto titoli di stato e si valutano le differenze in termini di rendimento. Esso è anche la misura del grado di rischio connesso all’investimento sui titoli.

Quando parliamo di spread ci riferiamo al differenziale tra il rendimento dei Btp (titoli italiani) e dei Bund (titoli tedeschi) con scadenza a 10 anni. Ne risulta un numero che misura il grado di rischio dello Stato italiano di non riuscire, alla scadenza, a rimborsare le somme previste da quel titolo, maggiorate degli interessi. La valutazione è condotta prendendo come parametro di riferimento il tasso di interesse dei titoli tedeschi, perché sono quelli con il rischio più basso in Europa. Se lo spread tra Btp e Bund è elevato e in aumento, significa che il rendimento (e quindi il grado di rischio) del nostro Btp sta aumentando nei confronti del rendimento offerto da un’obbligazione ritenuta più sicura, come il Bund: infatti, più un investimento è considerato rischioso, più gli investitori pretendono di essere remunerati con un elevato rendimento.

Falsi miti: Ma chi decide tutto questo?

L’affidabilità o la valutazione sulle capacità di pagamento alla scadenza dei titoli viene decisa attraverso una vera e propria azione ricattatoria che, nel sistema Euro, è imposta da una dittatura finanziaria. Se la BCE fosse, come la FED americana, “prestatore di ultima istanza”, cioè comprasse i nostri Btp togliendoli dal mercato, ridurrebbe non solo il rischio connesso all’investimento, ma anche gli effetti speculativi susseguenti, perché in tal caso lo spread si appiattirebbe e si abbasserebbe. Invece lo spread aumenta, lasciando aumentare così il rischio di default per lo Stato.

Ovviamente i ricatti imposti dalla dittatura finanziaria per non farci finire in default (o per non imporci, peggio ancora,  l'”aiuto” del M.E.S.) sono:

  • le privatizzazioni
  • la svendita del patrimonio pubblico
  • il pareggio di bilancio in costituzione
  • le deregolamentazioni per favorire il libero mercato.

Nel sistema Euro lo Stato italiano non è sovrano, non ha cioè potere di emissione di moneta: può solo prenderla in prestito sui mercati dei capitali privati, e questo fatto lo rende ricattabile perché scarsamente affidabile circa la possibilità di onorare il pagamento dei Btp alla scadenza.

Quindi, non solo non è vero che i tecnocrati tengono a bada lo spread, ma è vero esattamente il contrario: è proprio la loro azione ricattatoria a farlo salire.

Altri falsi mitiSe usciamo dall’euro la lira non varrà nulla?”

“To’, beccati ‘sta lisca: sempre meglio di una lira…”  FALSO!

La svalutazione non è automatica. Potrebbe esserci, ma non è detto. Diverse stime bancarie, confermate dagli studi di autorevoli economisti, prevedono che se si tornasse alla Lira ci sarebbe una svalutazione di circa il 30% rispetto all’Euro.

Intanto occorre precisare che questo sarebbe benefico per le nostre esportazioni, tradizionalmente basate sulla svalutazione competitiva.

Inoltre è importante sapere che gli Euro potrebbero restare Euro, senza che questo crei alcun problema. Semplicemente, il governo dovrebbe cominciare a pretendere le tasse in Lire. A questo punto chi possiede gli Euro sarebbe costretto a venderli per avere le Lire con cui pagare le tasse, e il processo si avvierebbe spontaneamente e gradualmente. In questo modo, vendendo Euro per acquistare Lire, il valore di mercato della nostra moneta potrebbe addirittura aumentare.

Il governo dovrebbe invece evitare di convertire i depositi bancari in Lire, perché questo sì che porterebbe ad un crollo immediato della nuova valuta.

Se si ritorna alla Lira, e se noi cittadini reclamiamo che il governo agisca in maniera corretta, non ci sarà nessuna corsa alle banche per ritirare i soldi dal conto. Non ce ne sarebbe motivo: com’è stato per l’introduzione dell’Euro, così sarebbe per il ritorno alla nuova Lira.

     Se si ritorna alla Lira siamo alla fame?

“Ci speravi, eh, in quell’uovo al padellino…”  FALSO!!!

Chi ci conduce, in maniera graduale e definitiva, alla fame e alla povertà, è proprio il sistema Euro.

E’ la schiavitù del debito causato dall’Euro, che è moneta di nessuno Stato, ad imporre politiche recessive con aumenti di tasse e tagli alla spesa sociale, perdite di diritti che si ripercuotono sulla vita quotidiana delle persone.

Ai tempi della Lira le condizioni di vita erano di gran lunga migliori di quelle odierne: per esempio negli anni ’70-’80 uno stipendio di un insegnante o di un operaio permetteva ad un’intera famiglia di poter vivere con dignità.

La società di allora, pur non avendo consapevolezza delle potenzialità insite nel funzionamento della moneta moderna, ne traeva comunque delle buone utilità. Pertanto, se si ritornasse alla nuova Lira consapevoli di queste potenzialità, non potremmo che trarne immensi benefici.

 

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