Educazione, permissiva o autoritaria? Dedicato ai genitori, di Rita Brundu.

Educazione.

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Appartenete anche voi a quella vasta schiera di genitori che s’interrogano quotidianamente su come educare i propri figli?

Effettivamente il problema pedagogico non è semplice, è complesso, ed essendo l’educazione una scienza a livello sperimentale è caratterizzata da varie teorie. Ma NESSUNO ha insegnato ai genitori il miglior modo per esserlo: ci si è semplicemente ritrovati; a volte improvvisamente, oppure per caso, ma anche consapevolmente, senza essere dotti nel dover assumere questo ruolo.

Ma è soprattutto nella società di oggi che ci si ritrova inadeguati: una società aperta, globale, con tanti modelli e valori diversi. Più si hanno possibilità di scelta più ci si ritrova confusi.

Nei tempi passati esistevano, invece, modelli standard che si adeguavano ad abitudini conformistiche consolidate nel tempo. Giuste o ingiuste che fossero, esse determinavano la vita sociale dell’epoca, compresa l’educazione.

La Pedagogia cosa dice

Ma anche la Pedagogia non può fornire “ricette” per un comportamento pratico definitivo di tipo educativo perché deve tener conto delle variabili tipiche di ogni singola situazione, della loro intensità e correlazione; la ricetta è uno schema fisso che mortifica la condizione stessa.  I principi pedagogici non si applicano come uno schema operativo rigido, ma guidano a valutare la situazione e ad assumere le decisioni che risultano più opportune. Ma, soprattutto, sono tante le domande a cui si deve dare una risposta.

Uno degli interrogativi più frequenti è: educazione permissiva o autoritaria? Possiamo seguire delle linee guida fondamentali, seguendo anche un ragionamento logico.

Prima di tutto, sappiamo che è quasi sempre deleterio seguire gli estremismi.

Educazione permissiva

Un’educazione permissiva vuol dire abbandonare il bambino a se stesso, al suo mondo ancora confuso e privo di sostegni. Il pilastro a cui deve aggrapparsi è rappresentato proprio dai genitori e, se non esiste, la confusione rischia di amplificarsi con conseguenze spesso catastrofiche. Pensiamoci bene: se a nostro figlio diciamo sempre di sì, come fa a capire cos’è bene e cos’è male? Se non conosce il freddo, come fa a percepire il caldo? Se non conosce il buio, come fa a capire cos’è la luce? E’ la teoria degli opposti, per cui per capire l’uno si deve conoscere anche l’altro. Quindi la conoscenza nasce dal riconoscimento delle differenze. E così, oltre il “sì” è necessario anche il “no”, fermo e consapevole, quando vogliamo spiegare a nostro figlio che il suo comportamento non è giusto: infatti, in questo modo, potrà capire la diversità e agire di conseguenza.

Chi su Galluranews ha già seguito l’ Analisi Transazionale sa che “se censuriamo intere aree del comportamento di un’altra persona che noi consideriamo negative, le diamo un riconoscimento solo parziale”. Ma un bambino ha bisogno di un riconoscimento totale, di “carezze” sia positive che negative, per imparare a conoscere il mondo.

Educazione autoritaria

Di conseguenza, sarà giusta un’educazione autoritaria, basata sul potere e sul presupposto che “il genitore ne sa di più e basta…”? Neppure a noi adulti sono mai piaciute le dittature che tendono a spersonalizzarci e a renderci gregari di un credo magari con poche fondamenta o, peggio ancora, totalmente negativo. Alla fine nasce un moto di ribellione. Così è anche per il bambino, ma in un modo più devastante e incisivo: infatti le decisioni che prenderà condizioneranno anche la sua vita da adulto.

E’ la maledizione del “copione”, ormai riconosciuta in tutte le teorie, dall’Analisi Transazionale (ampiamente trattata su Galluranews) alla Gestalt e alla Bioenergetica. Troppa autorità soffoca, inoltre, l’individualità del bambino impedendogli di esprimere il suo vero sé: è come se a una farfalla impedissero di volare e, siccome ha le ali, non capisce perché non può farlo. Infatti tale educazione si basa sul presupposto che si debba ubbidire a priori, senza un perché; in caso contrario si riceve una punizione.

Le sensazioni che si hanno leggendo “Il processo” di Kafka riflettono bene il senso di smarrimento e d’angoscia che il bambino potrebbe provare in tale situazione.

Educare con consapevolezza e responsabilità

Quindi, lasciando da parte gli estremismi, perché non proviamo ad educare nostro figlio con consapevolezza e responsabilità?

La consapevolezza presuppone il fatto che, comunque, all’interno della famiglia esistano delle regole da seguire, designate a favorire il piacere di ogni singolo componente. E’ educare al rispetto delle cose e degli altri, che gli servirà poi, in futuro all’interno della società, quando il bambino andrà a scuola e sarà quindi parte integrante dell’ambiente sociale. E in questo dovremo essere autorevoli (non autoritari!), facendo capire al bambino che ci sono delle motivazioni ben fondate per censurare un determinato comportamento.

La responsabilità sta nell’allevare un bambino con amore e rispetto per la sua individualità, ricordando che ogni bambino è diverso da un altro e che anche le singole reazioni variano considerevolmente. Di conseguenza, ogni genitore si trova di fronte alla necessità di sviluppare un nuovo modello di rapporto genitore-figlio.

L’importante è fare in modo che ogni singolo bambino si senta amato, rispettato e sicuro. Ma per giungere a questo obiettivo è molto importante che anche i genitori abbiano le stesse caratteristiche, poiché i problemi nascono quando ne sono carenti. E’ quindi molto importante cercare di conoscere bene se stessi, per dare ai propri figli il meglio che si possa dare.

Vi ricordo l’importanza dei “messaggi del copione” e del potere che assume il messaggio stesso inviato dai genitori, che il piccolo percepisce come dotati di un potere totale. Un potere che lo aiuterà a crescere oppure a fermarsi in un preciso stadio della sua vita: il tutto avrà rilevanti ripercussioni nel suo percorso da adulto.

Migliorarsi vuol dire stare bene con se stessi, ma anche con gli altri- iInfatti, ad un altro potremo dare solamente ciò che possediamo. Niente di più. Se poi si tratta dei nostri figli abbiamo l’assoluta responsabilità nel farlo poiché, in futuro, determinati errori potrebbero anche non perdonarceli…

E non dimentichiamo la legge fondamentale della riproduzione: il simile genera il simile.

Riflessioni finali

Un’altra cosa importante, che non dobbiamo scordare, è che non dobbiamo negare i gusti dei nostri figli, imponendo i nostri. Il senso del gusto è innato nell’individuo e non possiamo crearlo noi. Dobbiamo quindi rispettare la loro individualità dando il massimo del rispetto al loro diritto di dire di no se qualcosa non rientra nei loro gusti. Questo vale, in particolare, nella scelta del percorso scolastico.

Non possiamo imporre ai nostri figli ciò che piace a noi, poiché un individuo non apprende solamente con la testa, ma anche con il cuore e con tutto il suo essere. E se non c’è cuore, gusto, piacere in quello che fa…quasi sicuramente sarà destinato a un fallimento scolastico, oppure ad acquisire delle sterili informazioni che non potranno trasformarsi in vera conoscenza. Infatti dalle informazioni si deve ottenere piacere, e quando l’istruzione si basa sul piacere la scuola diventa una gioiosa avventura alla scoperta di se stessi.

Rita Brundu

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