«Una vocazione e una missione». Un progetto per le famiglie.

Un progetto per aiutare le famiglie, riequilibrare i conflitti e riportare l'educazione al centro della vita.

«Una vocazione, ma più una missione» – dice Silvia Muntoni, pedagogista e autrice di un progetto di educazione.

Silvia ha 45 anni e una lunga esperienza come educatrice. Il suo ambito, per ben 17 anni, sono stati i bimbi che ha avuto in una scuola per l’infanzia a Tempio. Aggese di nascita, Silvia si considera cittadina del mondo e la sua “mission” è esserci laddove c’è bisogno di dare sostegno e formazione a chiunque si trovi in difficoltà. E di disagio, specialmente nell’epoca attuale, ve ne è tanto. Da quello all’interno di famiglie frantumate, nei figli spesso allo sbando, e in tutte quelle situazioni dove occorre una mano saggia ma anche forte. E lei, che nasce imprenditrice per mano paterna, ha assimilato anche una eccezionale empatia per il prossimo.

« La sensibilità e la vocazione per aiutare gli altri – dice – mi deriva da mia nonna mentre la voglia di mettermi costantemente in gioco, da mio padre e da mamma. Mia nonna era una maestra. Io mi rivedo tanto in lei. Era un po’ come me, con tanti progetti, tante idee. Tutto quel che vedeva doveva raccontarlo. Se le piaceva qualcosa mi chiamava per dirmelo. Mi scriveva spesso dei biglietti per complimentarsi con me per quello che facevo».

Una lunga e interessante chiacchierata con lei, che a stento in alcuni passaggi trattiene le lacrime. È folgorante  la sua “immersione” nelle tematiche socio pedagogiche al punto che gli occhi verdi si accendono di emozione ad ogni risposta. È’ raro vedere questo coinvolgimento emotivo in chi opera nel campo pedagogico e che ha a che fare, spesso, con situazioni difficili.

«Una vocazione e una missione: chi lavora con passione, non lavora un solo giorno»

« Vedi – mi dice – ancor prima di essere un progetto mio, è una missione affidatami. Per certe cose accadutemi, ho ragione di credere che “qualcuno” mi abbia scelto come strumento per prendermi cura dei figli degli altri».

Una prima risposta che sa davvero di vocazione, spirituale quanto basta per intuire la sensibilità estrema di una donna matura, apparentemente fragile ed invece  determinata e persuasiva, dal carattere forte e convincente.

« Chi si rivolge a me sa che io quella situazione di cui vengo a conoscenza, non la mollerò sino a che non ne vedrò i risultati e la soluzione. Alla base di tutto c’è, evidentemente, la mia passione per questo lavoro. Il lavoro che faccio mi piace e non vedo l’ora, quando la sera torno a casa, che sia domani per ricominciare. Credo sia vero che chi fa un lavoro che ama, non lavorerà un solo giorno».

Vocazione e missione ma anche competenza, e uno staff di tutto rispetto

E veniamo allo staff e a questo progetto. Nell’immediato, un corso di formazione per “tata”.

«Però lo scopo fondamentale di questo progetto è quello di tenere in qualche modo un filo di comunicazione nelle famiglie, soprattutto – immagino – tra figli e genitori».

«La linea di base è quella di lavorare proprio sul supporto educativo, sulla genitorialità. Lavorando sulla genitorialità emerge il bisogno della famiglia di avere qualcuno che la affianchi in maniera competente. Quasi sempre questo non avviene perché ci si improvvisa. Di solito chi è la baby-sitter? È la ragazzina che vuol mettere da parte qualche soldo, che sta comoda ai genitori perché si occupa del bambino, loro pagano poco e il discorso si chiude così. Per procedere, occorrono figure di riferimento, oltre me e lo staff. Per questo nascono i corsi formativi, come quello della figura di tata, La tata è colei che rappresenta una guida nella crescita e nell’educazione dei bambini. la figura di accudimento del bambino, quella che si occupa del bambino a 360 gradi.

L’importante è che si abbia un’attitudine di base. Questo è per me molto importante. A noi non interessa fare numero. A noi interessa costituire uno staff valido che ci supporti come assistenza durante i nostri laboratori, durante tutte le attività che andremo a proporre. Quindi non abbiamo fretta di farlo partire.

È veramente un bellissimo percorso. Ancora non è accreditato (stiamo lavorando sugli accreditamenti dei corsi), però è un corso valido. È strutturato in moduli, non come lezione frontale ma come interscambio, come casistica da analizzare, per portare le ragazze a lavorare».

Vocazione e missione: il progetto coinvolge figure complementari all’aspetto educativo

«Il mio è un progetto ambizioso – prosegue Silvia – nel senso che vorrei lavorare a tutto tondo con la famiglia: da quando la coppia scopre di essere in attesa di un bambino (e quindi accompagnarli in questo momento, supportandoli pedagogicamente, facendo loro capire quali sono le trasformazioni che avvengono… che da persone diventano genitori), alla nascita. Quindi accompagnare il bimbo a casa insieme alla famiglia. Occuparsi, soprattutto con i neo-genitori, dell’insegnare a prendersi cura. Proprio come faceva la puericultrice dei vecchi tempi. Per poi lavorare con questa scuola di supporto genitoriale, fino all’adolescenza, attraversando tutte le tappe evolutive. In che modo? Attraverso gruppi di incontri tra genitori, ma anche con lezioni vere e proprie dove i professionisti portano una casistica e lavorano su un’età. Il genitore interviene, chiede, si sente supportato e guidato in quello che è il proprio ruolo. Che è poi quello che faccio in consulenza».

«Io lavoro proprio come consulente educativa in tre studi: Dianel Servizi Medici ad Arzachena, ad Aggius presso uno studio privato e a Calangianus dal dottor Ferdinando Savigni. Con lui sto iniziando una collaborazione. L’intento mio e di Ferdinando è quello di essere in sinergia: due professionisti che si occupano di infanzia, di famiglia.

Lui ha la possibilità di avere un bacino di utenze dal quale attingere problemi e quant’altro. Lui me li passa e io ogni mercoledì farò studio da lui per casi particolari. Il dottor Savigni è un pediatra attento alla famiglia, e non è da tutti; così come non è da tutti offrire una collaborazione come quella che lui ha offerto a me, del tutto gratuitamente. È una persona accogliente, quella di cui hanno bisogno le famiglie. Per lui è importante lavorare sulla famiglia in questo momento di emergenza. Si è creata tra noi una bella sinergia, perché gli intenti sono simili e possiamo lavorare bene, unendoci poi alla forza dei professionisti».

Vocazione e missione: lo staff

«Parliamo di questi professionisti».

«C’è il logopedista Maurizio Sini, col quale sto intraprendendo questo percorso. Io e Maurizio siamo cresciuti insieme e poi abbiamo intrapreso studi differenti, ma adesso ci siamo ritrovati in perfetta sintonia e sinergia. Lavoriamo insieme anche presso Dianel Servizi Medici, dove facciamo consulenza insieme. Io lo affianco: mentre lui lavora col bambino e con la mamma, io osservo e poi guido la mamma in un eventuale percorso non solo logopedico ma anche educativo. C’è poi la nutrizionista, una figura importantissima legata ai disturbi alimentari, alla selettività alimentare, alla prevenzione dei disturbi alimentari in adolescenza lavorando fin dall’infanzia con una corretta educazione alimentare e non solo. È Anna Rita Orrù, di Aggius.

Abbiamo l’esperta di comunicazione e marketing, anch’essa indispensabile, Silvia Billet. Abbiamo un operatore di primo soccorso pediatrico e manovre di disostruzione, che è Rossana Giorgio che gestisce Dianel. Poi abbiamo un’insegnante di inglese, più che altro per i corsi, quelli rivolti alle tate: è Barbara Mariano. Al momento stiamo cercando nuove collaborazioni. Abbiamo già una collaborazione con un pedagogista clinico che si occupa di DSA, di BES e di tutti i disturbi dell’apprendimento. Qui entra in campo Maurizio Sini, perché lui lavora con i disturbi del linguaggio. Poi abbiamo diversi psicologi che collaborano con noi: quello dell’età evolutiva, quello che si occupa di bullismo. 

Però questa cosa nasce tra me e Maurizio, con lo studio psicopedagogico. Siamo io e lui a portare avanti il progetto. Le altre sono collaborazioni. Probabilmente in futuro saremo in tre: io, Maurizio e la dottoressa Silvia Billet  Anche lei ha un sacco di idee e siamo molto in sinergia.

Ho in cuore questo progetto da almeno quindici anni».

Vocazione e missione: quando nasce il progetto

«Parliamo del progetto. Quando nasce? Hai detto che ti sei sentita in qualche modo “chiamata” a questo lavoro, a questa missione. Quanti anni fa è successo?»

«Io penso che questo sia avvenuto nel momento in cui ho iniziato a lavorare per il mio asilo, che ho gestito per 17 anni. Nel momento in cui è nato il desiderio di aprire il mio asilo nido “C’era una volta”, a Tempio (che adesso è chiuso), quando poi ho iniziato a lavorare con le famiglie che mi portavano i bambini ho iniziato a sentire le loro richieste, le loro esigenze… Ho iniziato a sentirmi utile nella mia professione, non solo per insegnare ed educare il bambino nelle sue fasi, ma anche per accompagnare il genitore nel suo ruolo così complesso e delicato. Mi sento onorata di questa professione, perché me la sento mia, sento che mi calza. La notte non vedo l’ora di svegliarmi per ricominciare, per progettare… Non mi stanca. Si dice che quando fai il lavoro che ami non lavori neanche un giorno».

«Quindi il tuo progetto ha avuto questo percorso evolutivo: dall’asilo nido che tu hai creato e hai voluto?»

«Io l’ho creato, gestito, coordinato per 16 anni. Parallelamente ho iniziato anche a fare la formatrice, sia di genitori che di educatori. Contemporaneamente ho fatto anche la consulente».

«Qual è l’aspetto che ti crea più difficoltà nel tuo lavoro? Quando hai a che fare con una famiglia, con un problema all’interno della famiglia?»

«Smorzare le loro rigidità, magari rispetto al cambiamento, al dover modificare certi aspetti».

«Trovi difficoltà e resistenza da parte loro riguardo al cambiare rotta?»

«Non sempre, perché in realtà chi mi sceglie è consapevole che vuole cambiare rotta».

«Sa che a quello, alla fine, li porterai?»

«Lo sanno dalla prima consulenza, che in me c’è un obiettivo preciso. E se scelgono me devono seguirmi, altrimenti possono scegliere un altro professionista. Questo piace tanto ai genitori. Lo sottolineano, che quando entrano nelle mie mani ne escono rigenerati. Magari anche un pochino bastonati, perché li faccio entrare in discussione. Le difficoltà piuttosto si verificano quando ci sono due genitori separati».

Vocazione e missione: «Quando dobbiamo affrontare due differenti modelli educativi…»

«Come si fa quando un padre vede un tipo di educazione per il figlio (che magari vede due o tre volte alla settimana, a seconda di ciò che il giudice ha sentenziato) e la madre vede un’altra direzione educativa?»

«Forse questa è la difficoltà maggiore che riscontriamo io e i miei colleghi. Ecco perché si dovrebbe fare educazione alla genitorialità. Dovrebbe essere chiaro ai genitori che il metodo educativo dev’essere sempre coerente, in linea: o è sì, o è no. Non ci sono i “ni”. Ci vuole l’autorevolezza. Le decisioni si prendono in due, a tavolino, non davanti al bambino, improvvisate. Se noi abbiamo deciso che nostro figlio tutte le sere alle 20,30 andrà a dormire, così dev’essere, poiché l’abbiamo deciso in due.

Quando ci sono casi di separazione, spesso e volentieri purtroppo i genitori utilizzano e strumentalizzano il bambino e l’educazione per darsi contro. Se i genitori sono intelligenti nel senso che si lasciano guidare, anche da separati si fa un percorso genitoriale di mediazione. Il mio ruolo è quello di consigliare».

«I genitori vengono volentieri, quando c’è una situazione conflittuale tra loro?»

«No».

«Tu come fai a convincerli?»

«Parlo con entrambi. Cerco di far comprendere che il bambino è al centro del nostro lavoro, che occorre assolutamente un lavoro di sinergia, che non si può prescindere dalla collaborazione. E quasi sempre riusciamo a lavorare, magari tra una litigata e l’altra. Oppure, se proprio c’è un conflitto importante, decido di vederli separatamente, però fornendo loro lo stesso strumento educativo».

«Secondo te l’educazione è un “testo unico”?»

«È un’enciclopedia immensa! Ci sono dei volumi ancora da scrivere. Si impara ogni giorno, si cresce ogni giorno. La pedagogia è meravigliosa perché abbraccia la persona nel suo complesso, dall’embrione alla senilità».

Vocazione e missione: «Non esistono modelli educativi unici»

«Molti sostengono che esistano dei modelli educativi. Io, pur non essendo del mestiere, sono contrario: non credo che esista un modello educativo unico che dica “Bisogna fare così perché così si cresce meglio…”»

«Partendo dal principio che tutti siamo persone diverse, non può esistere un unico metodo da seguire per tutti. Chiaramente ci sono dei “grandi” della pedagogia. Io ad esempio faccio molto riferimento alla Montessori, perché a me piace tantissimo il sistema esperienziale: fare laboratori, portare i bambini fuori, farli andare nelle pozzanghere, farli “distruggere” e sporcare, farli tornare a casa che hanno sperimentato e fatto tutto quello che potevano… Si cresce insieme, si progetta insieme e, in base a quella che è l’esperienza quotidiana, facciamo un altro passo oppure stiamo fermi perché vediamo che bisogna andare con calma. Non ci sono modelli preimpostati. Come dico sempre ai genitori, non ci sono ricette. C’è invece un grande lavoro di ascolto, di empatia, di collaborazione, di sensibilità, di voglia di mettersi in gioco, di adattamento alle situazioni, che sono diverse l’una dall’altra».

Una vocazione e una missione che crescono con l’esperienza personale

Intuisci che nel bagaglio culturale di Silvia vi sia la sua personale esperienza.

«Dovendo fare un excursus della tua vita personale, della vita di Silvia Muntoni, cosa potresti dire della parte educativa che hai avuto dai tuoi genitori? Come sei stata educata? I principi sono gli stessi che ora tu cerchi di divulgare?»

«Ci sono delle cose che sono innate in ognuno di noi. Credo che la mia capacità empatica sia una cosa mia. Vocazione e missione non sono  parole  fine a se stesse. Mi spiace dirlo, ma empaticamente credo di fare la differenza all’interno della mia famiglia.

Non perché i miei fratelli e genitori non siano delle persone empatiche, ma io credo di aver ricevuto una dote di sensibilità anche esagerata. Me la prendo a cuore per qualsiasi cosa, se decido che devo aiutare una persona mi butto a capofitto, se mi intestardisco su una cosa dev’essere quella. Sono molto ambiziosa, se intraprendo una cosa la porto a termine, non interrompo mai nessuna attività. Io sono così: un continuo progettare. Sicuramente l’aspetto imprenditoriale me l’ha trasmesso mio padre, mostrandomi che usciva presto per andare al lavoro e tornava tardi. Così come il suo modo di operare con i suoi lavoratori, la sua sensibilità, l’andare incontro, l’ascoltare… questo credo di averlo proprio assimilato».

Vocazione e missione: «Tu sei amore, mi dicono le mie corsiste»

Ascoltare Silvia è come essere arsi dal fuoco sacro dell’amore per una professione. Te ne appropri anche se non vorresti. La sua parola scorre fluida perché pregna di capacità ed esperienza, seppur ancora giovane. E lo capisci anche da questa risposta.

«Quando le mie corsiste (ne ho avuto tante) finiscono i corsi, io chiedo sempre un feedback. Mi dicono sempre questa frase: “Tu sei amore. Quello che tu trasmetti ci arriva dritto al cuore”».

«La prima cosa che viene fuori dai tuoi corsi è questa sensazione di affetto, di amore nei confronti del tuo lavoro… ma anche nei loro confronti».

«Di amore per il mio lavoro, di cura per le educatrici che fanno i miei percorsi, il fatto di voler trasmettere il mio sapere senza parsimonia, senza esserne gelosa. A me piace trasmettere. Io amo collaborare, lavorare in equipe, in sinergia».

«Che tu sappia, un progetto del genere sul territorio non esiste».

«No. Grazie a Luigi Gana, a cui sono molto grata, spero potremo avere degli agganci per poter arrivare a fare qualcosa di più. Io mi sto muovendo anche nella zona di Cagliari: ho preso dei contatti per portare i miei progetti anche lì. Non voglio che si fermino qua. Voglio che i genitori vengano sostenuti. Se noi creiamo dei genitori forti, i genitori forti faranno nascere dei figli predisposti a vivere in questa società e le cose cambieranno».

«Quando fate i colloqui familiari ci sono anche i figli?»

«Dipende. Ci sono consulenze che faccio solo ai genitori. Il più delle volte il genitore viene perché ha un problema col bambino, e io li seguo parallelamente».

«Com’è l’atteggiamento dei genitori e del bambino nei tuoi confronti?»

«Assolutamente aperto».

«Non sono ostili o vaghi?»

«Mai. Posso dirti che, su cento persone, forse non è andata in porto con cinque. Generalmente, quando vengono, poi non vanno più via. Ci sono bambini che ho avuto 18 anni fa all’asilo, che ora sono maggiorenni, che mi ricordano. Se mi incontrano per strada ricordano il mio nome. Le mamme mi cercano tuttora».

Le finalità del progetto

Parlando di vocazione e missione, si rischia di cadere nella trappola del buonismo e della pubblicità spicciola per l’ennesimo tentativo di speculare sulle disgrazie altrui. In questo caso, non è così. Le difficoltà insite nel momento storico sociale, economico, confuso, con leggi che rischiano di complicare ancor più il disagio, indurrebbero ad andar cauti quando si parla di aiuto alle famiglie. Il lavoro di Silvia, dello staff e i principi di questo bellissimo progetto, sono di ampio respiro e abbracciano la variegata tematica genitoriale a tutto tondo.

«Sintetizzando un po’ tutto, lo scopo di questo progetto è quello di creare delle figure di supporto alle famiglie».

«Non esattamente. Si tratta di due cose diverse. Una cosa è la creazione di una scuola di supporto genitoriale. Ci stiamo andando pian piano, attraverso le consulenze, facendo conoscere il nostro lavoro e il nostro ruolo. Purtroppo la figura del pedagogista non è conosciuta e riconosciuta: si pensa che sia lo psicologo a doversi occupare di certe cose, invece è il pedagogista ad essere lo specialista dell’educazione. Educare, tirar fuori, è quello che fa il pedagogista, che lavora su tutti gli aspetti legati alle capacità innate, nascoste, che son da recuperare per tirar fuori il meglio di una persona. E-ducere, tirar fuori.

Altra cosa è il corso che sta partendo dalla nostra sinergia. Questo è il primo, uno di una lunga serie: abbiamo un elenco infinito di corsi che partiranno a settembre».

«Quindi, al di là dell’aspetto formativo, che poi si concretizza nei corsi, il vostro ruolo è di supporto, di sostegno e di aiuto alle famiglie?».

«Esattamente. Supportare la famiglia, guidarla, aiutarla, consentirle di essere efficace nella comunicazione con i figli, nel ruolo di genitori. Consentire loro di sentirsi al sicuro, guidati da esperti che non vogliono assolutamente sostituirli ma che li vogliono guidare. Il dottore dell’educazione, chiamiamolo così».

Vocazione e missione: il corso di tata e le altre attività

Il corso per formare la figura di “tata” partirà il 3 giugno e si attende che si completi il numero delle iscrizioni al momento non raggiunto a causa delle restrizioni contemplate dalla pandemia.

«È da sottolineare che le persone che noi andiamo a formare, quelle che riteniamo brave, idonee, vanno immediatamente inserite nel nostro staff. Io ho bisogno di assistenti negli hotel Delphina adesso. Coordino tutti i miniclub, faccio la supervisione del personale educativo».

«Parlando di tate, in questo caso, all’interno dei Resort, che ricordiamo fanno capo alla famiglia Muntoni, sono di tua competenza?»

«Certo. Io coordino già uno staff di tate, che lavorano per tutti i Resort Delphina. L’ho creato io e le ho formate io, quelle che lavorano per me. Le sto reclutando perché quest’anno avremo una richiesta maggiore, anche da altri hotel, e mi serve incrementare il mio staff. Ecco perché la lingua inglese nel corso: perché voglio che abbiano un minimo di conversazione. Ecco perché i moduli stabiliti in base a tutte quelle che potrebbero essere le esigenze che incontrano sul lavoro le ragazze.

I servizi di cui mi occupo per Delphina vanno oltre l’affidare un bambino a una tata».

«Quindi tu hai questo tipo di mansione all’interno di Delphina: recluti le tate».

«Le tate sono mie personali. Sono io, Silvia Muntoni, alla quale le famiglie in vacanza si rivolgono per avere dei servizi-tata».

«Quindi i Resort Delphina, quando chiedono queste cose, demandano a te».

«Sì, io sono il loro responsabile dei servizi baby-sitting. E anche il loro supervisore, attendono me, io vedo e relaziono: “Quel mobile lì va bene, quello staff è a posto…”. Tengono molto al mio parere. Mio zio Marco (è lui il direttore amministrativo) riconosce il mio ruolo e si affida a me per quello che riguarda la progettazione. Anche per tutti i laboratori che andrò a fare quest’anno per aiutare i bambini a mollare un po’ di ansie che sono state accumulate in questo periodo».

«Mi hai già accennato che questo rientra tra i progetti futuri».

«In estate, come ogni anno, proporrò una serie di laboratori in Delphina. Vado lì come esterna, con un assistente, e facciamo laboratori sulle emozioni. Costruiremo le bambole Pigotte: realizzeremo “un amico in vacanza”. Il bambino si porterà questa bambola in vacanza, in spiaggia, dove vorrà; poi la porterà a casa come ricordo. La useremo come facilitatore delle emozioni, per raccontarsi. Saranno loro a disegnare il viso e le espressioni. Abbiamo anche tantissimi altri progetti, ma questo è quello che stiamo portando avanti con Maurizio per Delphina. Anche a Dianel partirà il laboratorio delle bambole per facilitare le emozioni, con bambini e genitori insieme. Partiremo la prossima settimana».

Per concludere questa lunga ma interessante intervista, Silvia Muntoni tiene a precisare che a breve…

« Si, a breve è in progetto anche su Dianel, anzi stiamo già lavorando come studio pedagogico per la nascita di questo centro logopedico-pedagogico. Lì c’è pedagogia, logopedia, psicologia, neuro-psichiatria infantile. Là abbiamo tutti gli esperti».

Giusto il tempo per alcune foto nell’incanto di Santa Degna, sopra Aggius, e si chiude questa articolata conversazione con Silvia della quale si apprezzano vocazione sincera e questo spirito di essere di aiuto al prossimo. E i tempi attuali ci dicono ogni giorno quanto vi sia necessità di altruismo e dedizione ai suoi bisogni.  E quanto in Silvia, e nel progetto del centro logopedico-pedagogico, nasca da vocazione e missione. 

Related Articles