Monti: un convegno denso di interventi qualificati per informare la popolazione e fornire assistenza agli espropriati. Si parla dell’impatto sulla comunità di un enorme impianto eolico che distruggerebbe l’economia del territorio.
«Un piccolo speculatore locale, un sardo titolare di aziende di eolico e fotovoltaico, ha dichiarato pubblicamente che i sardi siamo troppi. “Va bene se diventiamo 500.000”, ha detto, da un milione e 600.000 che siamo. Questo secondo i suoi studi scientifici.»
Comincia così il convegno di venerdì 10 ottobre a Monti, organizzato dal Coordinamento Gallura insieme all’associazione montina “Erenzia”. Il Comune ha dato il patrocinio.
Il tema del convegno è più che mai attuale e pressante: un altro progetto di impianto eolico. In questo caso è quello denominato “Eolia”, proposto da una società del milanese. 25 mostruose pale eoliche alte 262 metri, che andranno (anzi, andrebbero) a devastare il territorio e le comunità di Monti, Padru, Berchidda, Telti, Olbia.
Ci si è chiesto come mai certi progetti mostruosi debbano essere calati proprio su territori così preziosi, sotto ogni punto di vista. Il fatto è che gli studi dei progettisti, che forse puntano a caso il dito sulla cartina della Sardegna, hanno la stessa scientificità di quelli fatti dal personaggio di cui si diceva poco fa. Ma la sua frase non è da prendere sottogamba: chi sta allungando gli artigli sulla Sardegna punta davvero alla riduzione della popolazione. Perché gli serve la nostra terra, e noi ce ne dobbiamo andare.
D’altronde nel provvedimento rilasciato per la VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) leggiamo testualmente: «Il progetto non prevede impatto significativo perché ricade in un’area già intensamente sfruttata e quindi non di grande pregio naturalistico».
Il sindaco di Monti prende impegni precisi
Ecco qual è il modo di procedere di questi pirati. Da una parte sperano di ridurre la popolazione sarda, così da poterci sottrarre la terra senza avere troppi fastidi; dall’altra vogliono far credere (a chi???) che questa terra non valga niente.
Perfetta la definizione che ne dà il sindaco di Monti, Emanuele Mutzu: SCIACALLAGGIO. « Decine e decine di progetti presentati. Decine e decine le Multinazionali interessate a effettuare operazioni di sciacallaggio sul nostro territorio. Va bene la transizione, va bene un approccio corretto con le rinnovabili, ma il NO contro lo sciacallaggio è fermo e convinto. Anche in Consiglio comunale c’è stata una presa di posizione precisa e forte di natura politica. D’ora in poi sarà anche tecnica, insieme a numerosi altri Enti.»
Gli interventi sono estremamente qualificati. Vengono citate norme e leggi, ma tutto è reso comprensibilissimo per il pubblico che ha riempito la sala della “Casa del Miele”.
Anzitutto il breve saluto di Pieranna Mutzu, dell’associazione Erenzia: «Il benessere della comunità si basa sull’equilibrio tra uomo e natura».
Un infinito elenco di espropriati
Il panel degli interventi è aperto dall’architetto Maria Paola Cau, del Coordinamento Gallura.
La prima cosa che colpisce è la vicinanza dell’impianto al Santuario di San Paolo Eremita, che verrebbe letteralmente circondato dalle torri. “Impatto visivo molto alto”, scrivono gli stessi progettisti. Sarà una foresta di pale, con tanti progetti diversi che si toccano e si intrecciano l’un l’altro, andandosi ad aggiungersi a quelli già esistenti.
La lista degli espropriati è infinita, tra pale, cavidotti, strade d’accesso, piazzuole.
I terreni interessati sono coltivabili e comunque pregiati: costituiscono quella parte dell’ecosistema che garantisce le nostre produzioni di qualità. Anche i corsi d’acqua saranno innegabilmente toccati e perturbati, nonostante gli speculatori minimizzino come al solito.
Molte delle aree interessate sono però tutelate per legge: secondo le norme vigenti sarebbero intoccabili, altro che scavare per 30 metri di profondità come si pensa di fare!
L’economia di Monti è strettamente connessa al paesaggio
L’avvocato Maria Grazia Calvisi, sempre del Coordinamento, si destreggia benissimo tra Leggi, norme e sentenze del Consiglio di Stato. Ne spiega le implicazioni con parole semplici.
Secondo la società proponente gli impatti su popolazione, flora e fauna saranno minimi, a cominciare da quello uditivo. Addirittura si parla di “ricadute occupazionali positive”. In realtà è innegabile il grave danno per tutta la comunità di Monti. L’economia del paese è strettamente connessa al paesaggio: distruggendo l’uno si distrugge l’altra. Anche se i vigneti e le sugherete non costituiscono la fonte principale di reddito per la maggior parte delle famiglie, sono fondamentali. Senza parlare dell’impatto sul turismo, attività che a Monti si integra perfettamente col paesaggio permettendo uno sviluppo sostenibile.
Ma questi impianti sono considerati “di pubblica utilità, indifferibili e urgenti”, ed è proprio questo che rende possibile gli espropri. Qui abbiamo in gioco due interessi contrapposti: la produzione di energia elettrica e la tutela del paesaggio e dell’economia locale. Non possiamo pensare che il primo possa prevalere su tutto il resto.
Tra l’altro l’impianto sorgerebbe in prossimità del Parco Limbara e della Piana di Ozieri, inclusi nella Rete Natura 2000. Il che implica il divieto assoluto di installazione non solo all’interno dell’area ma anche nelle vicinanze.
Numerosi gli elementi che dovrebbero obbligare a porre il veto: la presenza di numerosi siti archeologici, l’interferenza con le rotte aeree, la sottrazione di suolo agricolo anche per la realizzazione delle strade necessarie al trasporto di questi mostri. Nella Valutazione di Impatto Ambientale si sostiene che le strade esistano già, ma non è vero. Per costruirle si dovrebbe intervenire in modo massiccio, anche nei boschi sottoposti a vincolo, creando un disastro ambientale.
Il territorio diventerebbe industriale. La prima conseguenza sarebbe degli agricoltori. Tutte le attività locali ne sarebbero compromesse, a cominciare dalla produzione alimentare.
Addio al Vermentino di Gallura e ai nostri vini pregiati
Proprio su questo verte l’intervento del dr. Gianni Sanna, per tanti anni Direttore Generale e Responsabile commerciale della Cantina Sociale del Vermentino di Monti, ora in pensione. Soprattutto i danni al settore vitivinicolo, e di conseguenza all’economia di Monti, sarebbero incalcolabili. A questo si aggiungerebbe la perdita del valore fondiario dei terreni e dei vigneti in particolare.
Sono i terreni del Vermentino di Gallura DOCG (a Denominazione di Origine Controllata e Garantita), del Moscato di Sardegna, del Cannonau, del vino bianco di grandissimo pregio, diffuso sul mercato italiano e internazionale.
Il Vermentino di Gallura è l’unico DOCG sardo. Si trova in cima alla piramide qualitativa dei vini italiani. Milioni di bottiglie di vino sono prodotte dai vigneti di questa zona, con un fatturato di decine di milioni di euro. E la domanda è in crescita.
Che dire poi del miele, che è uno dei migliori al mondo? E del mirto?
Con la realizzazione di questo impianto eolico, tutto questo potrebbe andare distrutto. Le nostre cantine, le imprese private, il comparto agrituristico andrebbero in crisi.
Oltretutto, se passa questo progetto le maglie si allargheranno e ne saranno approvati altri.
Ma c’è un altro pericolo più subdolo, confermato anche da studi recenti: quello delle microplastiche prodotte dagli aerogeneratori. Si tratta di dati ormai acclarati. Una sola turbina eolica produce diversi chilogrammi di microplastiche all’anno. Polveri nocive che si depositeranno sui nostri vigneti, e che verrebbero pigiate insieme all’uva. È vero, il problema esiste già; ma qui si tratta di quantità davvero rilevanti. Che succederebbe ai nostri vini? Quanto ne verrebbe compromessa la qualità?
Nessuno si può permettere di dire che la nostra terra non vale nulla!
È la dott.ssa Maria Grazia Demontis, presidente del Coordinamento Gallura, a chiudere il convegno. Con suo eloquio preciso e appassionato, racconta che i progettisti parlano dell’impianto di Monti appellandolo “Veglie”, confondendolo con un parco pugliese.
«Ricade in un’area già intensamente sfruttata e quindi non di grande pregio naturalistico», dicono costoro. Il loro approccio è superficiale e fantasioso. Ma nessuno si può permettere di arrivare qui e dire che la nostra terra non vale!
Nemmeno si può dire aprioristicamente che un territorio sia adatto per la produzione di energia, solo guardandolo sulla cartina. Ecco perché noi siamo contrari alla definizione di “aree idonee”.
Lo studio del vento è fondamentale, perché questi progetti sono considerati “di pubblica utilità”. Ma ci devono dimostrare scientificamente che qui davvero si è verificato che ci sia vento, e che possa garantire le 2.000 ore annue di producibilità previste dalle norme. Non basta dire che un’area è ventosa: si devono installare gli anemometri.
A volte li installano ma poi non ne usano i dati. Perché? Perché non gli convengono. Non riescono a dimostrare che valga la pena offendere il nostro paesaggio per produrre energia.
Si stanno autorizzando impianti in piena violazione di legge. A Villanova Monteleone è stato autorizzato l’impianto “Alas” usando modelli virtuali, basati su strumentazioni che non sono nemmeno presenti nel Mediterraneo. Noi stiamo segnalando la cosa al Ministero, che evita di rispondere. Ma se facciamo emergere queste cose in sede di osservazioni, è probabile che riusciremo a evitarne la realizzazione.
La differenza tra Orgosolo e Perdasdefogu
C’è poi il discorso sicurezza. Vediamo il rischio di gittata, cioè la possibilità che l’intera pala o una sua parte si stacchi e si proietti nello spazio circostante. La Legge richiede che si calcoli la “massima gittata”, cioè la distanza massima a cui potrebbero ricadere i pezzi. Ma questi progettisti, o perché incapaci o perché truffatori, confondono la massima gittata con le Linee guida di distanza dalla strada, che è di 260 metri.
Vi è poi una legge, la 152, che richiede la Valutazione di Impatto Sanitario per i progetti di una certa taglia. Ebbene, loro non la producono. Invece è indispensabile rilevare l’impatto sanitario, a cominciare dai campi elettromagnetici. Non solo dell’impianto di per sé ma anche per tralicci, batterie di accumulo, stazioni elettriche. Perché questi territori sono abitati! Ci vivono degli esseri umani!
Ma cosa può fare la comunità?
L’esempio può essere quello del poligono di tiro che nel 1969 lo Stato voleva fare a Pratobello, in comune di Orgosolo. La comunità si oppose e vinse. Il poligono fu fatto a Quirra. Ebbene, guardiamo la vitalità di Orgosolo oggi e guardiamo cosa c’è invece a Perdasdefogu. Capiremo perché resistere è importante.
Maria Grazia Demontis conclude ricordando che è possibile pianificare una transizione democratica. Lo dice anche l’ISPRA: basterebbe una pannellizzazione democratica delle superfici già compromesse. Democratica: perché solo l’autoconsumo può garantire la sconfitta della povertà energetica.
Il Coordinamento Gallura offre assistenza a istituzioni e cittadini

Il convegno è stato moderato da Maria Antonietta Pirrigheddu.
Dopo la conclusione il Coordinamento Gallura si è reso disponibile, grazie al lavoro di Marta Vacca, per fornire assistenza pratica agli espropriati e a coloro che desiderano inviare al Ministero le osservazioni sul progetto “Eolia”. Il termine per la presentazione scade il 6 dicembre prossimo.
Seguiranno altri incontri con le stesse finalità di informazione e supporto.