Pronto Soccorso Paolo Dettori, una giornata infernale.

Una delle giornate forse peggiori per il Pronto Soccorso dell’ospedale Dettori di Tempio. Per certi versi una situazione inverosimile con circa 40 pazienti in attesa di essere visitati e assistiti. Voci e urla legittimate da ore di attesa senza fine, al limite della sopportazione umana. Tutto per la solita ragione che per l’ospedale civile gallurese, è diventata una triste consuetudine. Mancano i medici, succede d’inverno, e accade puntualmente anche d’estate dove come noto si registrano il doppio delle prestazioni giornaliere.

Alle 17.00 veniamo avvertiti che la situazione in Pronto Soccorso era insostenibile, gente che attende dal mattino, alcuni con ferite o traumi, qualche ragazza con le lacrime per un dolore lancinante alla gamba, un’altra la piede. Difficile che passi una estate senza alcune di queste giornate cruciali che non trovano soluzione se non quella odierna, la chiamata delle Forze dell’ordine.  Non una sola pattuglia ma, dopo la prima allertata da un esponente di Abali Basta, in attesa dell’assemblea periodica del movimento, anche una seconda. I carabinieri arrivano, scrivono, verbalizzano sentiti i sanitari e alcuni tra i pazienti.

Serve a poco forse, ma è sufficiente a tanti per sentirsi tutelati e protetti.  Il sistema sanitario che non da garanzie, manifesta disagio e penuria di mezzi e persone, sostiene l’assenza assoluta di personale adeguato, e purtroppo anche di umanità.

Fatte salve le attività che riguardano strettamente il personale presente quest’oggi, le colpe ricadono completamente in chi ha voluto e pianificato questa strage di innocenti. Gli strali non si lanciano contro gli operatori sanitari semmai su chi ha permesso e permette che ci sia un solo medico e 5 infermieri con un afflusso spropositato di utenti.

 

Le testimonianze al Pronto Soccorso del Paolo Dettori

Visi di persone stanche, dopo ore e ore di attesa, lacrime di chi si è ferito, di chi ha il marito dentro dalle 10.00 del mattino con sospetta polmonite. Si corre, ci si agita, ci si arrabbia, qualche parola di troppo scappa facilmente a persone avvilite da questa situazione, ripetiamo, inverosimile. Ci sono anche pazienti che arrivano da fuori, come è sempre stato per l’ospedale di Tempio. Aspettano di entrare, dal primo pomeriggio, seduti, in una situazione climatica da sauna. Tutto mentre continuano ad arrivare nuovi pazienti, qualcuno con l’autoambulanza.

” Nessun altro medico è venuto in soccorso al solo medico presente – si lamenta una paziente. “Il primario di chirurgia (attività sospesa 4 giorni), fa sapere che se ci fossero casi da chirurgia, di mandarli da lui. Intanto, però, se ne resta in un reparto desolatamente vuoto, immaginiamo a non far nulla. Le regole, a quanto pare, che noi pazienti non accettiamo. sarebbero queste. Vengo a sapere che non possono farci nulla”.

“Sono praticamente sordo – dice un altro paziente in attesa da oltre 1 ora. Violenti acufeni che mi stanno facendo impazzire. Devo transitare per forza dal Pronto Soccorso e mi ritrovo come tutti gli altri in attesa di entrare”.

” Veniamo da fuori Tempio – dice un’altra donna – ” Siamo dal mattino qui. Mio marito è in osservazione, sospetta polmonite. Attendiamo di sapere se deve essere ricoverato. Una situazione incredibile anche perché nessuno mi dice che succede dentro. Sono riuscita ad entrare io. Quanto meno vorrei sapere di che morte si deve morire in questo ospedale”

Nervi e rabbia tra i pazienti

” Dalle 13,00 che attendo per cucirmi un dito ferito. sono 5 ore. Codice verde, attesa limitata ma sono ancora qui. Mi hanno vista e detto di attendere, c’erano altre urgenze. Una infermiera mi dice che lei non è un medico e non può far nulla. Un taglio col coltello e mio marito che vede accanto a me, come può notare, ha la bombola di ossigeno per aiutarlo a respirare, vuota. Non può fare movimenti bruschi, deve stare tranquillo sennò va in crisi dispnoica. A sapere che ci volevano tutte queste ore, l’avrebbe ricaricata”.

” Sicuramente è una trombo flebite – racconta un’altra paziente. Il dolore è lancinante. Mi hanno vista e dicono potrebbe essere una puntura di zanzara. Ma scherziamo? Non so riconoscere una puntura di insetto?. Guardi! – mostra la parte dolente, non si vede che non c’è alcuna puntura”.

Lo scoraggiamento affiora, la persone sono visibilmente agitate e la situazione resta immutata. Dentro al Pronto Soccorso ci sono 6 persone, fuori oltre 30. Il marito di una paziente legittimamente nervoso, si agita con l’infermiera che esce a rasserenare tutti. ” Sono stanco di aspettare, mia moglie deve essere vista con urgenza, ce lo chiedono altri medici”.

Alessandro Cordella, portavoce di Abali Basta.

I Carabinieri saranno qui a breve, hanno detto 15 minuti circa. Denunceremo anche questa situazione, incresciosa e assurda. Andremo  ad integrazione dell’esposto in procura. Chiamiamo alla sua responsabilità anche il vice sindaco Gianni Addis, in qualità di responsabile sanitario della città. Queste vicende devono essere denunciate”

Un paziente col braccio appeso, rotto, attende dalle 13.00 di essere visto e magari dirottato in ortopedia. Le ore sono diventate più di 6 di attesa.

Luigi Piga, attivista indipendentista, dice la sua. ” Prepariamoci perché ci sarà da ballare davvero con questa situazione, e non parlo di questa che vediamo stasera al Pronto Soccorso. Questo di oggi è solo l’inizio”. Parole assolutamente condivisibili in un clima infernale ma dal quale ci si attende altre fiamme e soprattutto ulteriori perdite di servizi.

Un altro schiaffo a questa disumanizzazione della sanità pubblica, assestato senza soluzioni alternative. La sanità pubblica è allo stremo, e non è solo un problema di Tempio o dell’Alta Gallura. Mezzi, personale, strumenti, presidi, sono cronaca quotidiana di questa strategia adottata per spogliare i servizi, renderli passivi e contestualmente sospenderli o chiuderli definitivamente.

Queste non sono barriere architettoniche ma barriere tristi, decadenti e malinconiche, come il declino in atto dello stato sociale, da qualsiasi prospettiva lo si guardi e lo si viva.

 

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