Stefania, « 41 anni, un figlio di 22, zero soldi, assistita dalla Caritas».

Stefania Farina ha 41 anni, da 2o anni è stata lasciata dal marito e ha un figlio di 22 anni a suo totale carico. Gli aiuti che riceve non le bastano, non si può solo mangiare con gli aiuti della Caritas. Lei è una delle tante lavoratrici stagionali che sono rimasti senza soldi, avvinghiati alla speranza dei sussidi statali e regionali. I primi parrebbero saltati, ma su quelli della Regione, non hanno avuto alcuna risposta dal Comune.

Stefania, « Aiutata dalla Caritas ma non basta solo mangiare»

« Con me sono stati straordinari alla Caritas, se non ci fossero non avrei nemmeno potuto mangiare sia io che mio figlio. Non è bello farsi aiutare dalla famiglia che pure mi aiuta. Il mio lavoro di stagionale è perso, quest’anno non si potrà pensare di poterlo fare come faccio ogni anno. La domanda dei 600€ l’ho fatta ma come quella di tanti altri, è sospesa e come dicono all’INPS non ne avrò diritto. Di quella fatta al comune per il contributo regionale non si sa nulla. Nel frattempo il bisogno cresce di giorno in giorno e oggi mi rivolgo a lei per far sentire anche la mia voce».

Una voce che urla di sconforto, solitudine e  abbandono, una delle tante di questo momento di affanni, fame e bollette insolute, che si eleva alto da tante case, in tante famiglie allo stremo. Sento la disperazione nella sua voce, appena attenuata dal residuo di rabbia che le ha dato la forza, anche a lei come ad Anna Grazia, di uscire allo scoperto.

 

Le consiglio di farlo il nome e lei accetta. «Tanto non ho nulla da perdere, basta quello che ho perso e che certamente non ritroverò da un giorno all’altro».

Alla Caritas, Domenico mi parla di lei, mi dice che la stanno aiutando come possono.

« Antonio – mi dice – con Stefania e con tutti facciamo il possibile, le diciamo di venire quando vuole, conosciamo, purtroppo, il bisogno che esiste. E sappiamo anche che non hanno solo bisogno di quel che possiamo fornire loro».

Stefania, quando le dico di questo, annuisce e conferma. Se non ci fosse la Caritas, non avrebbe mangiato. Le bollette, qualcuna, gliele pagava direttamente la Caritas, che le forniva anche il riscaldamento (pellet). Ma tutto questo non basta, né può bastare perché la povertà è un male molto diffuso  e  sono migliaia le sue vittime .

«I miei diritti, chiedo solo di avere i soldi che mi spettano»

« Io rivendico i miei diritti – dice Stefania – , quel contributo mi spetta e me lo devono dare. E’ la mia dignità che non è solo il cibo a tavola ogni giorno. I soldi sono stati stanziati? E allora che li diano, a me come a chiunque ne abbia diritto. Non possiamo essere inviati alla Caritas o da mia mamma, come ci viene detto. Capisco che siano sommersi di richieste, con un lavoro immane per tutte le persone che hanno bisogno, ma ci dicano di che morte si deve morire».

«Vorremmo avere soluzioni – chiude con tono triste Stefania – quei soldi ci consentono di sopravvivere perché non è di solo cibo che si ha bisogno. Le bollette da pagare, come facciamo? Se vado in comune per chiedere del contributo della regione, non mi possono dire di andare alla Caritas o da mia mamma, capisce cosa intendo? Mi devono dare risposte sul sussidio e perché non lo abbia ricevuto ancora, io come tutti gli altri». 

Solinas, nel suo contributo alla riapertura, pensa bene di sottrarsi dal provvedimento, mettendo tutto sulle spalle dei sindaci che, alla fine, hanno nelle mani la decisione ultima, ben sapendo che è tutta da interpretare, tra leggi in vigore e DPCM.

Non è facile, ma i sindaci conoscono bene la situazione sociale dei loro comuni. E forse, sarebbe urgente non solo far mangiare la gente ma provvedere a ridare qualche briciola di speranza aprendo le tasche di mamma regione.

Meno proclami, magari anche qualche messa in meno che di messe… in posti oscuri ne viviamo già tante. Ripartiamo pure ma ripartiamo tutti, consapevoli che tra quei “tutti” sono migliaia coloro che non potranno ripartire.

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