Antonio Masoni: la difficile arte del “vedere prima”

Antonio Masoni

Il coraggio e la capacità di vedere le cose prima degli altri: due doti tutt’altro che scontate. Antonio Masoni le possedeva entrambe

Qual è il modo migliore per ricordare una persona che non c’è più?
Credo sia la volontà di seguirne l’esempio, il desiderio di far propri i suoi insegnamenti. Diversamente il ricordo svanisce presto, tranne che per i familiari e le persone più care.

In questi anni di lavoro insieme, ci sono due qualità di Antonio che noi della redazione di Gallura News abbiamo apprezzato in particolar modo: il coraggio e la capacità di vedere lontano, di vedere “prima”.

Non è facile esporsi e dire cose scomode neanche quando la verità è sotto gli occhi di tutti: ci sarà sempre qualcuno a cui si pesteranno i piedi, qualche coda di paglia che si rivolterà. Ma assai più coraggio ci vuole per denunciare le cose che la maggior parte della gente ancora ignora: quelle che si intravedono appena all’orizzonte, e che i più non sono ancora in grado di vedere.

Antonio Masoni ha pagato di persona questa sua dote, tante volte.

Ci fu un episodio particolare nel 2015, ad esempio. Gallura News organizzò un convegno per parlare seriamente di economia e di Unione Europea. Seriamente, cioè oltre la propaganda dei vari telegiornali, oltre le analisi di parte dei cosiddetti esperti, oltre i proclami della politica di ogni colore. I relatori del convegno, che venne intitolato “Indagine sulla crisi”, erano persone di tutto rispetto che conoscevano bene quegli argomenti.

La derisione di chi non c’era

A Tempio fummo derisi. Non mancarono battute e vignette, fatte naturalmente da chi non c’era, come spesso accade dalle nostre parti quando si parla di temi che non tutti sono in grado di affrontare. Sul giornale apparve un trafiletto accompagnato da una foto della sala vuota, scattata quando il convegno era già finito, forse per dimostrare che fosse andato deserto.

Certo, non eravamo tanti, solo poco più di 130 persone, ma nemmeno quattro gatti come disse qualcuno. E chi c’era, quella sera, venne a conoscenza di cose che altrimenti non avrebbe mai saputo. Capimmo concetti nuovi, vedemmo con chiarezza certi meccanismi perversi dell’economia italiana ed europea. Fu come sollevare un tappeto sotto il quale, negli anni, era stata nascosta una tonnellata di polvere.

Ora, a distanza di sette anni, molto di ciò che ci fu spiegato allora è finalmente palese. In tanti hanno capito. Tardi, ma hanno capito. Altri ci arriveranno pian piano, ma non fanno più testo. E non si deride quasi più chi mette in dubbio la bontà delle politiche dell’Unione Europea. Le ferite per lo scherno ricevuto, però, non le abbiamo dimenticate.

La fatica non riconosciuta di creare consapevolezza

Di episodi simili ne abbiamo vissuto altri, anche di recente. A volte ci siamo chiesti se valesse la pena continuare a portare avanti certi discorsi, se non fosse prematuro. Talvolta abbiamo ceduto le armi. Non si è trattato di una resa, ma del renderci conto che si trattava di battaglie inutili: solo il tempo ha il potere di dissipare certe nebbie. Niente è più difficile del rinunciare alle proprie ideologie, alle proprie opinioni, anche quando cominciano a traballare. E non c’è lavoro più duro del creare consapevolezze nuove, del fare breccia nel muro delle convinzioni personali.

Eppure, se certe cose vengono pian piano alla luce, è proprio grazie alla fatica e al coraggio di chi quel lavoro lo fa comunque. Anche a costo della propria reputazione, anche a costo di farsi dei nemici o di perdere delle amicizie per strada.

Antonio ha sempre lavorato in questo senso, e spesso gli è costato caro. Sapeva che chi desidera spendersi per il bene comune, come tanti gruppi e movimenti fanno o hanno fatto anche nella nostra città, deve cercare di comprendere appieno la radice dei problemi. E qualcuno deve pur mostrargliele. Perché le vere cause non stanno mai sotto gli occhi, ma vanno cercate lontano, oltre quell’orizzonte che la maggior parte di noi non riesce a varcare. Altrimenti è quasi impossibile riportare qualche vittoria, anche quando si tratta di lotte sacrosante.

Oggi, se davvero vogliamo onorare la sua memoria, forse dovremmo cominciare ad accoglierne l’insegnamento principale. Anche se non è facile. Anche se questo significa mettersi dei dubbi, o scalfire qualche ideologia. Diversamente le nostre resteranno parole vuote.

Tutti gli uomini desiderano lasciare una traccia nel cuore di chi li ha conosciuti.
Alcuni, pochi, lasciano le loro impronte anche più lontano.

(Maria Antonietta Pirrigheddu)

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