La Vecchiaia, non è sinonimo di decadenza, di Rita Brundu-

La Vecchiaia.

Il nostro cervello è uno strumento che dobbiamo imparare ad usare, poiché siamo noi gli artefici del suo funzionamento. Siamo noi, LA MENTE, i creatori. Infatti gli impartiamo gli ordini assumendo, di volta in volta, il ruolo di leader, inventori, insegnanti e utenti. Insomma, dobbiamo essere noi ad usare il nostro cervello e non lasciare che sia lui ad usare noi! Non trascurando il fatto che, se lo usiamo nella maniera giusta, ci dà grandi speranze di conservare le nostre capacità mentali anche in tarda vecchiaia. Ma per una buona connessione mente-cervello è molto importante la volontà della persona, la sua determinazione, pazienza, speranza e disciplina. Tenendo sempre presente che L’ORIGINE DELLA “CONSAPEVOLEZZA” E’ LA MENTE, non il cervello. Einstein disse che la cosa più incredibile non è l’esistenza dell’Universo ma la NOSTRA CONSAPEVOLEZZA DELLA SUA ESISTENZA! E dipende solo dalla nostra mente dare messaggi positivi o negativi al nostro cervello. 

Com’è cambiata la vecchiaia nel corso del tempo

Avete presente in che modo invecchiavano i nostri nonni? E’ terribile ricordarlo: a 40 anni apparivano già dei novantenni, e non solamente dal punto di vista fisico ma anche mentale. Oggi è tutto cambiato, non si parla più di vecchiaia ma di terza età, e se è cambiato il lessico è cambiata anche la semantica.

In parole povere, il termine diverso ci indica anche un diverso significato d’intendere la maturità di una persona. Il fatto è che, in passato, c’erano meno aspettative di rimanere attivi e vitali e ci si adeguava al credo che con la vecchiaia le cellule cerebrali morissero in continuazione.

Oggi sappiamo con certezza che non è così, anzi si può addirittura migliorare nel tempo!

Il segreto sta nelle scelte di vita che contribuiscono, invece, a migliorare le suddette cellule. Certo che, se con il passare degli anni tendiamo ad essere pigri e indolenti, soprattutto riguardo alla nostra attività mentale, è logico che il numero di dendriti e di sinapsi per neurone diminuirà nella corteccia cerebrale. In poche parole, meno usiamo il cervello… meno cresce.

Alleniamo il cervello durante la vecchiaia.

Se invece manteniamo una vita sociale attiva e cerchiamo continuamente di essere curiosi dal punto di vista intellettivo, le cose cambiano radicalmente: è fondamentale il nutrimento a livello mentale.

C’è un termine usato dai neuroscienziati che io ritengo importantissimo: neuroplasticità. Significa che i nostri pensieri stimolano la nostra crescita neurale, consentendo quindi alla mente di trasformarsi in materia. Grazie alla neuroplasticità, il cervello ha continuamente la possibilità di rigenerarsi.

Nella nostra vita quotidiana, se impariamo cose nuove, creiamo nuove connessioni e lo miglioriamo: se ci pensiamo bene, è lo stesso che ha l’allenamento fisico con lo sviluppo dei muscoli.

E’ quindi molto importante apprendere qualcosa di nuovo e non lasciarsi scoraggiare da alcuni sintomi che possano presupporre che, mentre l’età sta avanzando, stia andando avanti anche una fase degenerativa. Ad esempio, qualcuno potrebbe allarmarsi se ha l’impressione che la memoria vada calando. Parlo di semplice impressione poiché, molto spesso, ci capita di dimenticare delle cose esclusivamente perché non abbiamo registrato con abbastanza attenzione un determinato avvenimento. Se non ricordiamo dove abbiamo messo le chiavi, eravamo in quel momento magari troppo stanchi o distratti per apprenderlo e registrarlo nella nostra mente. Ed è logico che non si può ricordare ciò che non si è appreso: i vuoti di memoria sono, in realtà, vuoti di apprendimento.

La vecchiaia, la fase migliore per esprimere le nostre passioni

Potreste ribattere che, comunque, stentate a ritrovare quell’entusiasmo che da giovani vi conduceva a ricercare cose nuove e oggi, invece, vi sentite apatici e demotivati. Io non credo che ( a meno che non soffriate di una forte depressione) non esista qualcosa che possa appassionarvi e che non possiate realizzare. Anzi, secondo me, è proprio nella fase della “terza età” che ognuno è veramente libero di esprimere le proprie passioni; i figli sono ormai grandi, si è raggiunta la pensione…non resta che dedicarsi a quelle passioni che magari non si ha mai avuto il tempo di coltivare nel modo più opportuno.

Tutti noi abbiamo sperimentato la forza propulsiva data dalle emozioni e che è determinante nel raggiungere precisi obiettivi: perché dovremmo privarcene? Magari, anche, ritrovando quell’entusiasmo che si aveva da giovani; anzi, con l’aggiunta di una nuova consapevolezza acquisita nel corso degli anni e derivata dall’esperienza.

La Vita è breve

Per arrivare, quindi, ad una cognizione della vita che impone l’urgenza di non aspettare tanto per realizzare i propri desideri. La vita è breve, e la terza età è comunque l’ultimo stadio!

Potrebbe essere l’ultima occasione. Comunque, sono convinta che è proprio la curiosità che ci salverà dall’invecchiamento cerebrale; essere curiosi ci spinge ad andare oltre, soprattutto a raggiungere i confini della nostra ignoranza.

Io, ogni volta che leggo un libro mi accorgo, paradossalmente, di non sapere niente! E, allora, come le ciliegie che una tira l’altra, ho voglia di leggerne un altro e poi un altro ancora…fino alla conclusione a cui era arrivato Socrate: “So di non sapere!…”

Rita Brundu

§ § § § § § § §

Chapeau a questa delicata ma consapevole riflessione di Rita, anima essenza del suo essere attenta alle mutazioni del tempo e dei tempi. Ogni occasione, come ben descrive lei, va sfruttata per usare al meglio il nostro tempo e la forza che viene dalla nostra mente. La vecchiaia non come tempo ultimo ma come ultima fase fisiologica della vita, non necessariamente decadenza o assenza. La vecchiaia rivista sotto la luce delle tante sollecitazioni che ci portiamo nel bagaglio infinito delle esperienze. La curiosità, dice Rita, una spinta sempre da anteporre alla presunta o scontata conoscenza.  Avere la certezza che ogni pagina del libro della vita, non venga alla fine consegnato in bianco a chi ci subentra, ma contenga l’esempio migliore di una eredità di valore.

Quale migliore eredità possiamo lasciare ai nostri figli se non quella di aver  usato i nostri giorni non nel declino psico fisico della vecchiaia ma nutrendoli ogni giorno.  Ad ogni occasione, in qualsiasi luogo o tempo, valga sempre la consapevolezza di esseri senzienti, curiosi e attenti.

Related Articles