Tempio Pausania, Un racconto di Natale.

Tempio Pausania, 25 dic. 2015-

“Le tolgo l’auto dal garage Signor Tobia”, disse Aldo, il giardiniere custode della imponente villa che si ergeva sul promontorio più alto sul lago di Como.

 “No, Aldo. Stamattina faccio due passi. Da qui alla chiesa saranno due chilometri. Se dovessi aver bisogno per il ritorno, ti chiamo al telefono.”

 “Come desidera lei Signore. Buona passeggiata allora

  Quell’augurio restò senza risposta. Non era abitudine di Tobia ringraziare la servitù, né tantomeno gradiva cerimoniali o cadute di stile dal quel suo appeal borghese, frutto di una discendenza, a suo dire, nobile e soprattutto della troppa ricchezza accumulata negli anni.

  Tobia aveva 75 anni, postura austera e severità nello sguardo e nelle fattezze quotidiane, poca socievolezza col prossimo che aveva sempre ritenuto di basso spessore sociale. Per lui, lo status sociale era tutto ciò che bastava a ricoprire un ruolo importante nella società civile. Di quella “incivile”, sempre a suo modo di vedere, se ne può e se ne deve fare a meno. Cosa contano tutte quelle persone inutili, povere, malate o mendicanti? Zero, e tutta la sua lunga serie si sottomultipli.

   Il pizzo bianco, retaggio dell’epoca fascista che lo vide a suo tempo accanito seguace, Tobia non faceva sconti a nessuno. Solo per la sua fede, anche questa molto a suo uso e consumo, faceva un’eccezione. Inchinarsi la domenica davanti all’altare, in maniera sempre plateale da renderlo quasi ridicolo agli occhi di chi lo stava guardando, gli sembrava una forma di distinzione assoluta dal resto del popolo che concepiva invece austerità, silenzio e interiorità ecumenica lo stare davanti al Signore.

   Quei due chilometri sino alla basilica di Sant’Abbondio, come al solito non furono di riflessione e di pace interiore, ma piuttosto movimentati da incontri non proprio graditi. Del resto, era inutile chiedersi cosa e quale fosse per lui una cosa gradita. In pratica, tutto ciò che per altri è motivo di meditazione, riflessione e silenzio, per lui era l’esatto contrario.  E così fu anche quella uggiosa domenica di dicembre, a pochi giorni dal Natale. Quella funzione era importante per lui, il Natale era vicino e doveva chiedere perdono per delle colpe.

   Si fermò a parlare, oddio parlare non proprio, col un povero e lo riempì di brutte parole, epiteti quali straccione, mendicante, zingaro. Proseguendo il suo avvicinamento alla basilica, poco dopo,  il solito  storpio che accasciato a terra, con un barattolino per le offerte, lo guardava col volto triste ma speranzoso.

  ” Rifiuto, scarto inutile di questa società, che cosa ci fai al mondo?” Suonava quanto meno strano che avesse pronunciato quelle parole di offesa. Esse erano del tutto sprecate, perché quella povera anima ferita non diceva nulla di nulla. Lo aveva solo gaurdato, nella vana speranza di un obolo di carità.

   Ancora poche centinaia di metri, pensò e sarò finalmente in chiesa. Non se ne può più di questa brutta gente che insudicia le strade e fa accattonaggio.  Il suo suo percorso era quasi giunto al termine, quando  incontrò una donna formosa, con l’adipe che le usciva dal mento e disse lei:

Cicciona maledetta, occupi più spazio di me ma riempi solo quello, per il resto anche tu al mondo non ci fai nulla! Possa tu contrarre una brutta malattia e ridurti pelle e ossa” Questo, come per i precedenti incontri, senza che il/la malcapitato/a avesse detto alcunché, o si fosse permesso di toccarlo o chiedere qualcosa.

   Proseguì ancora in quel cammino, avvolto dal suo ricco cappotto di cachemire e pelliccia. Era quasi arrivato ed incontrò un bambino scalzo, sporco, che tremava dal freddo e moriva di fame, aveva la mano protesa per un’elemosina. Si fermò dinanzi a lui, fissandolo cogli occhi minuti che trasmettevano terrore. Non ci pensò due volte, si tolse il guanto di pura pelle e lo schiaffeggiò sulle mani, con rabbia e violenza. Il bambino, sorpreso più dal gesto che dal dolore improvviso, si mise a piangere. Quelle lacrime gli solcavano le guancette e, man mano, diventavano sporche e scure. Non si curò affatto di quelle lacrime silenziose, senza urla, in qualche modo si sentiva appagato per quel gesto di monito per quell’accattone, giovane e colpevole di povertà. 

   Finalmente! La basilica di Sant’Abbondio, era davanti a lui. Entrò, come sempre col petto gonfio e la testa alta, tolse il cappello dalla testa, mise i guanti in tasca e procedette austero, sino all’altare maggiore, in mezzo ad una folla di fedeli che, al suo passaggio, si acquietarono osservando quella solita, consueta scenetta domenicale.

  Tobia si lanciò, quasi fosse una corsa, verso l’altare e si inginocchiò davanti all’altare, sembrava invasato. Sapeva bene che nessun altro avrebbe fatto come lui e questa sensazione di “essere unico” gli dava ancor più forza.

   Le sue parole, pronunciate a voce udibile anche da orecchie sorde, furono:

   “Dio Mio, Signore del Cielo e della Terra, perdona loro i peccati commessi. Sono uomini e sono fragili e non sanno ciò che fanno!”

   Tobia chiese a Dio perdono per le colpe di tutti quegli esseri umani incontrati quella domenica.

   Buon Natale a tutti, tranne che a Tobia.”

Antonio Masoni

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