Tempio Pausania, 14 agosto 2014-
L’articolo apparso u questo sito in data 10 agosto ha suscitato un’eco forse esagerata nella quale la questione accaduta si è intimamente connessa ad aspetti del tutto fuori luogo che esulano dal fatto in sé.
L’episodio, raccontato come un fatto di cronaca, si è erroneamente inquadrato in qualcosa di estremamente grave, dalle ripercussioni non certo volute ma che definiscono il tutto come “un brutto episodio” e nulla più. Vero è che una richiesta, affinché in un ospedale si abbia sempre a cuore qualsiasi genere di malato, sia esso giovane o vecchio, è legittima e doverosa ma strumentalizzare il tutto e accomunare con violenza e ferocia questo episodio con un male della sanità generale e del reparto in toto in oggetto ce ne passa. Tutti, ad iniziare da me, abbiamo da raccontare cose spiacevoli sulla medicina a Tempio. Ma i problemi nascono anche perché quel reparto, che dovrebbe essere solo di medicina generale, è in realtà tanto altro, con la cardiologia ad esempio. E non scordiamoci che uomini e donne sono accomunati nello stesso reparto da quando è stato chiuso quello degli uomini. A tal proposito, non si perderanno posti letto e il reparto uomini rientrerà in funzione, esattamente come prima.
Chiedere agli operatori sanitari più umanità e altruismo, verso chi giace in un letto spesso inerme e al bisogno di chi presta, lui/lei assistenza, è un diritto dei cittadini mentre è un dovere dall’altra parte fornirla.
La strumentalizzazione è avvenuta sui social dove battaglioni di non addetti e di qualche addetto ai lavori, si sono letteralmente scagliati contro la situazione avvenuta arrivando persino a prendersela contro gli infermieri extracomunitari di cui, peraltro, il nosocomio, almeno per quel reparto è privo. Cosa c’entra se si è trattato di rumeni o sardi o italiani? Ne facciamo una questione di razza anche stavolta?
Nel mio articolo ho parlato di un caso di mal assistenza e non di un intero reparto, dove ci sono operatori sanitari validissimi. Però, tanto basta a scatenare reazioni che si sono spinte sino alla mancanza di lavoro per colpa di….ci rubano il lavoro quelli lì!
Era necessario un chiarimento sulla vicenda avendo solo una versione dell’accaduto, cioè quello da parte della persona assolutamente attendibile e perfettamente serena che ha scritto raccontando questa vicenda ed ora desiderosa di giungere ad una corretta definizione del tutto.
La sua richiesta legittima di accudire la sua parente non ha avuto esito per ore. Il clima si è surriscaldato, con posizioni contrastanti tra infermiera e parente che alla fine hanno sortito quella denuncia di cui all’articolo.
Come sapete, ho inviato l’articolo alla ASL che ha preso visione e ha subito interpellato il responsabile del reparto. La situazione è in fase di risoluzione e di un comunicato ufficiale della ASL. Aspetto la risposta che immediatamente verrà pubblicata.
Tengo a precisare che le cose che scrivo stasera sono frutto di una chiacchierata informale con un dirigente infermieristico che ha voluto contattarmi per darmi queste delucidazioni opportune e spero chiarificatrici.
“Era la notte del carnevale estivo. Molto caldo, temperatura afosa e la musica della sfilata che rimbombava ovunque a diverse centinaia di metri di distanza. Stanze dell’ospedale con finestre aperte per il caldo e per “gli odori” sgradevoli ma naturali che esistono quando si ha a che fare con un’improvvisa serie di malati con diarrea. Notte agitata e frenetica dunque con frequenti suoni di campanelli dalle stanze e corri corri del personale ad assistere ovunque i pazienti insonni e con svariati problemi tra cui quelli appena descritti.”
“Risultano le scuse ufficiali dell’infermiera del reparto che ha tenuto a dichiarare alle richieste (da parte del responsabile del reparto) di spiegazioni sull’accaduto, che era una notte particolarmente agitata per i motivi descritti e che però ha sentito addosso a lei il peso del familiare del malato che, a suo dire, avrebbe esagerato nel tono e nei modi.”
Ne aveva ragione però dopo diverse ore di attesa!
Questi i fatti descrittimi stasera. L’episodio sarà chiarito senza ripercussioni da una parte o dall’altra, ne siamo certi tutti. Ciò che si doveva dire si è detto da ambo le parti. Chi ha denunciato ha fatto bene a farlo ma evitiamo di fare di tutto un’erba un fascio per favore. Se impeto e volontà ci restano conserviamoli, anzi rinforziamoli per tenerci il Paolo Dettori, così come dovremmo, e come cittadini e come amministrazione: “mala tempora currunt”, i presagi di una sua fine ci sono tutti!
Cerchiamo assieme di tollerare, senza però mai rinunciare a pretendere assistenza, il personale sanitario senza vederne per forza le cattive intenzioni o la mancanza di volontà. Il dirigente mi diceva che finalmente nel reparto c’erano giovani infermiere/i preparate/i e con la voglia di organizzare in maniera consona il reparto e l’assistenza. L’infermiera in questione, per esempio, aveva tenuto la mano della paziente confortandola per tanto tempo, restandole accanto e dandole forza. Oggi è la più amareggiata.
Cose che non si sanno, che non si pensano ma che rientrano in quella umanità e sensibilità, certamente soggettiva, che è però parte dell’animo umano ma che spesso episodi come questo fanno scordare che esista.
L’accaduto e la denuncia ha fatto precipitare nel risentimento l’intero settore infermieristico perché si tratta di personale giovane ma preparato, forse stanco, forse inesperto, forse… non lo so. Ritrovare la giusta misura nelle cose è senz’altro la cosa migliore da farsi. Credo che le scuse reciproche tra le parti siano obbligatorie.
Mi piace chiudere questo articolo con le ultime parole di commento di una lettrice, addetta ai lavori, Rosalia di Olbia:
MI DISPIACE CHE SUCCEDANO QUESTE COSE, PERCHE’ COMUNQUE CHI CI RIMETTE E’ SEMPRE IL MALATO, BASTEREBBE SOLO UN PO’ DI BUON SENSO. IL REPARTO DI MEDICINA E’ UNO DEI REPARTI PIU’ PESANTI, MA ANCHE PIU’ BELLI, PERCHE’ IL MALATO SE TU LO ASCOLTI, TI DA TANTO, POI VORREI DIRE AI MIEI COLLEGHI IN CORSIA UN SORRISO NON GUASTA MAI. Grazie Rosalia per queste parole. Lo spirito è questo.