Tempio Pausania, “I casi Sellez e Judas, una Gallura terra di contrabbando (XVI° secolo)”, di Gennaro Landriscina Lay – 1^ parte.

Tempio Pausania, 4 feb. 2016-

Ancora un lavoro di Gennaro Landriscina Lay sulla Gallura. Stavolta, presi in esame gli anni 40-50-60 del 1500, una fase storica travagliata da epidemie, peste e malaria, dalle incursioni barbariche che provocarono un lento ed inesorabile declino economico della nostra terra. Il lavoro di Landriscina è stato suddiviso dall’autore in due parti, come ormai avete imparato ad osservare ed anche apprezzare. La lettura  di un testo eccessivamente lungo, provoca scarso interesse specie se riferita a periodi storici così remoti. Grazie ai oettori sempre più numerosi di questo prezioso lavoro di Gennaro che ringraziamo per aver messo a disposizione di galluranews questa teca infinita di reperti preziosi per la conoscenza di personaggi, luoghi e contesti sociali che hanno caratterizzato Tempio e la Gallura. (A. Mas.).

La Gallura terra di contrabbando: i casi Sellez e Judas ( XVI secolo)

Dalla seconda metà del  XV.mo secolo alla prima metà del XVI.mo  l’economia agro-pastorale  della Gallura  attraversò  una fase di inarrestabile  decadenza, per  la peste[i], la malaria e  per le incursioni barbaresche[ii], conseguite al persistere del  conflitto tra Spagna e Francia, per il controllo politico ed economico del mar mediterraneo.

Un fattore importante di crisi fu, a mio avviso, anche la scoperta dell’ America .

Infatti dopo il 1492, il nord Sardegna, non sembrò più interessare come una volta  le ricche borghesie mercantesche catalane e genovesi, ormai  impegnate nello sfruttamento delle immense ricchezze del nuovo mondo.

Ma non andrebbe neanche sottovalutata l’elevata domanda fiamminga della lana merino  castigliana, che in questo torno di tempo, aveva spostato l’asse commerciale dal sistema mediterraneo-sardo-catalano, imperniato su Genova e sui lanieri  fiorentini, verso il sistema atlantico-fiandre. Il periplo del Continente africano voluto dai portoghesi, farà poi il resto,  facendo arrivare le spezie e le altre mercanzie, dall’estremo oriente in Europa  senza l’intermediazione di Genova e degli attracchi portuali sardi.

Non deve perciò meravigliare se questa recessione economica  finiva per  coinvolgere  in maniera drammatica Terranova e la stessa diocesi di Civita,   peraltro da tempo  in  avanzato calo demografico, per il venir meno nel 1323  della dominazione pisana e per la stessa epidemia di peste che all’inizio della seconda metà del XIVmo secolo aveva colpito il nord Sardegna e con essa  l’intera Gallura[iii]. Per non parlare della massiccia espulsione , dei  pastori Bonifacini, che stazionavano nei pressi di Longosardo, ordinata da re Ferdinando II d’Aragona al suo ammiraglio Giovanni Villamarì proprio quando maturava  in lui nel 1479 l’obiettivo strategico dell’ intera conquista della Corsica. Espulsione che associata  al critico  calo dei commerci nel porto di Terranova e al  massiccio spostamento  popolazionistico dagli insediamenti abitativi sub costieri limitrofi agli altopiani delle zone interne galluresi  per motivi economici[iv] e di sicurezza,  concorreva a determinare un critico crollo delle decime ecclesiastiche e delle relative prebende  assegnate ai canonici del capitolo diocesano.

Mi riferisco al calo delle  prebende di San  Giovanni Battista di Viddalba, di San  Giorgio di Sullay , di San Nicola di Karesos , di Padrojanoannessa quest’ultima prebenda alla chiesa di  Santa Giusta di Offilo, appartenente all’arciprete di Terranova. Del resto anche il santuario diNuestra Senyora di Lugar Santo edificato negli anni  ‘20 del XIIImo secolo[v] era ormai praticamente  disabitato.

Da qui le notevoli  difficoltà incontrate nel 1472 dall’ esattore pontificio Giovanni Salinis nella  riscossione delle  decime ecclesiastiche e la sua conseguente richiesta  di aiuto  al vescovo di Galtellì, mons.Gregorio Pinna[vi].

La situazione, si  era ulteriormente aggravata con il nuovo vescovo di Civita, p. Pedro Stornell (1490-1505), un frate domenicano operante nella Curia romana che  in data 5-11-1490, aveva sostituito il  frate minore conventuale p. Roderigo Aymerich de Sesse(1460-1490) ma che per l’esiguità dei redditi corrisposti, appena 100 ducati, non si era mai voluto trasferire da Roma a Terranova [vii]. Anche per  questi motivi il Pontefice Giulio II, riprendendo un progetto già abbozzato da papa Alessandro VI su richiesta di re Ferdinando il cattolico, aveva accorpato la diocesi di Civita  in data 5-6-1506  con la bolla Romanus Pontifex[viii]a quella Ampurias[ix], anch’essa in tracollo  demografico[x], a seguito della traumatica cacciata nel 1448, di Niccolò Doria da Castelgenovese e dai suoi latifondi in Anglona.

La loro unione aeque et principaliter (distinte e autonome), sotto un unico presule diventava  però operativa solo nel 1513 con il vescovo p.Ludovico Gonzales, un frate minorita valenzano[xi], legato alla famiglia feudale Maça-Carroç[xii] da stretti vincoli di amicizia ed ufficio.Purtroppo anche questo presule  volle soggiornare quasi sempre  a Sassari, interessandosi della diocesi di Civita, solo nel 1519  in occasione di un suo pellegrinaggio , nel santuario di Luogosanto[xiii] o quando   Khair-Ed-Din, Il Barbarossa[xiv] aveva saccheggiato con i suoi navigli   Longosardo nel 1515,,villa Majoris de Certis (Telti) nel 1518 e  villa Karesos, ai piedi della Serra e Monti Pinu nel 1520[xv].

Il fatto è che, dopo la morte di re  Ferdinando II d’Aragona avvenuta in data 23-1-1516, suo nipote Carlo V d’ Habsburg  per difendere il suo vasto impero  aveva voluto  dichiarare guerra  al re di Francia, Francesco I di Valois,  che  per potersi meglio difendere , non  trovava di meglio che allearsi  con il sultano  Solimano I, Il Magnifico .

Da qui le incursioni dei corsari barbareschi nelle coste orientali  sarde e  nell’ottobre 1527  lo sbarco nelle marine di Longosardo  di ben 4.000 fanti francesi ed esuli siciliani[xvi], che provenienti da Livorno al comando di Renzo degli Anguillara( alias Renzo de Ceri degli Orsini[xvii]), non tardavano ad aver la meglio sui miliziani t di don Salvador Aymerich y Boter [xviii], procuratore generale dell’estado Maça  Carroç di cui appunto quelle marine galluresi facevano parte [xix].

Poiché , il capitaneus  della Gallura ,  Francesco Casalabria era a corto di miliziani motivati e ben armati,  gli invasori riuscivano facilmente a guadare   il fiume Coghinas in piena, per  puntare prima  su Castel Aragonese, cinta d’assedio dall’ammiraglio Andrea Doria, poi su Sassari che occupavano   in data 30-12-1527[xx].

Ma quando giunse la notizia che Andrea Doria, era passato con la sua flotta al servizio dell’Imperatore Carlo V e  si apprestava a conquistare Genova[xxi] con il concorso determinante del mercante  Adamo Centurione e del Signore di Monaco Agostino Grimaldi, Renzo de Ceri si vedrà costretto a  reimbarcare  le sue truppe alla volta di Livorno.

Gennaro Landriscina Lay

[i]A.S.C. Fondo Aymerich. 29-3-1535  Serie 03-1535 Codice 166Antonio Loi scrive una lettera a don Salvatore Aymerich circa l’amministrazione Maça e l’ordine dato dall’Aymerich che vietava agli abitanti di Orosey di assumere coltivatori a giornata di Gallura di Gemini perché sospetti di peste. 9-4-1535 Serie 03-1535 Codice 169.  Antonio Satta scrive una lettera a don Salvatore Aymerich circa l’amministrazione Maça informandolo, inoltre della morte di un appestato e delle precauzioni prese per evitare il contagio. 9-4-1545Serie 04-1545 Codice 302.. Giovanni Satta scrive una lettera a don Salvatore Aymerich per informarlo degli sviluppi dell’epidemia.

[ii]A.S.C. Fondo Aymerich. 22-11-1543. Serie 04-1543 Codice 274. Cagliari. Lettera di don Salvatore Aymerich a Pietro Sauri ove  si dà notizia che l’armata turca capitanata dal Barbarossa è sbarcata nei pressi di Terranova.

[iii] J. Day, La Sardegna sotto la dominazione pisano-genovese . Utet  Torino 1987 Pag. 184-185 in T. Panu  Storia di Tempio e della Gallura  Nuova Stampa color. Sassari 2010. Pag. 100. < L’inversione della congiuntura economica e demografica va collocata  a distanza di alcuni decenni dopo l’invasione catalana all’epoca della grande peste e delle guerre di ribellione, allorchè gran parte del territorio si trovava sotto il controllo dei giudici d’Arborea e dei vari rami della casata Doria. La rete dei villaggi resistette persino abbastanza bene all’impatto della prima epidemia, in cui morì forse il 30-40%  della popolazione rurale. Solo negli anni del XIV secolo  e dei primi del XV  il movimento di abbandono dei villaggi si concluse con la distruzione di metà dei centri che ancora esistevano alla vigilia della conquista. Così l’habitat   raggruppato, caratteristico delle campagne nell’età moderna, sarebbe il risultato di un lungo processo che si avvia con l’esodo rurale, a partire dalla metà del XIII secolo, e termina col calo catastrofico della popolazione un secolo più tardi, un processo dunque che inquadra e non è inquadrato dalle guerre di conquista>

 [iv] J. Day, Uomini e terre  nella Sardegna coloniale XII-XVII secolo, CELID Torino 1987. Pag. 212<Il nuovo equilibrio che emerge alla fine del XV secolo sarà essenzialmente il risultato di questa anomalia: un insediamento  rurale più ‘irrazionale’ che mai; le terre migliori abbandonate alle greggi erranti e alle zanzare , contadini concentrati in un numero ridotto di villaggi, spesso lontani dai loro campi ; uno squilibrio che persisterà fra un agricoltura condannata da pratiche sorpassate e un allevamento trionfante ma povero. > Si erano verificati  in sintesi  due movimenti popolazionistici : a) ripiegamento della popolazione sugli altopiani e le montagne pastorali; b) esodo rurale che si inserì in un processo di concentrazione demografica.

[v] G. Fois, Le origini francescane di Luogosanto, in Almanacco gallurese 2009-2010, G. Gelsomino Ed. 2010, pag. 322-327. Secondo alcuni studiosi la ecclesia di Sancta Maria de Loco Sancto, fu edificata negli anni  ‘20 del XIII secolo per essere  donata dai frati francescani  all’ordine monastico di San Giovanni di Gerusalemme.

[vi] P. Marcello, La Diocesi di Galtellì, Stamperia Artistica, SS 1983, pag. 106. L. Pisanu, Frati Minori Osservanti in Sardegna dal 1218 al 1369’. TO. Tomo I, Ed. Della Torre, Pag. .305 e seg. Il frate benedettino Gregorio Pinna  fu di Galtellì, dal 1477 al 1487, anche se nella  Bolla ‘ad Uberes’ del 7-8-1486  che confermava l’autorizzazione di Innocenzo VIII  alla costruzioene di un convento di frati a Torpè  compariva il vescovo di Galtelli Giorgio Pernia

[vii] F. Spanu-Satta, Memorie Sarde in Roma, Gallizzi, Sassari 1962, pag. 122, nota 3

[viii]M. Careddu, L’unione fra le Diocesi di Ampurias e Tempio.Uniti e distinti, in CM3, Gallura, Anno VI, N°1, 1990, pag. 20-22. Una copia del 1708 di questa Bolla Pontificia si trova nell’archivio capitolare di Tempio.

 [ix] Pittui, Fra i ruderi i frammenti di un sogno medievale, in Almanacco gallurese. 2004-2005.  G. Gelsomino Ed. 2005. Pag.101-109. L’antica   Ampurias sorgeva presso la foce del fiume Coghinas, fungendo, tra l’XI e il XII secolo, da emporio mercantile per le navi che provenivano o andavano a Bonifacio. La sua diocesi, detta  anche di Flumen  era costituita da 17 centri abitati e corrispondeva all’antica curatoria giudicale dell’Anglona. La sua cattedrale, l’attuale  S. Pietro a Mare’ o de Flumen” fu trasferita, in data 12-4-1502, per la malaria e per esigenze militari a Bulzi, nella chiesa di S. Pietro delle Immagini,  nei pressi del rio Mannu a 9 km dal mare, da dove partiva l’antica  via de Galure’, che risalendo il corso del torrente verso la valle di  Silanos, dopo aver attraversato S. Pancrazio di Nursi, giungeva a Nostra Senyora di  Tergu. In data 29-1-1569  il vescovo Francisco Thomas de Taxaquet, seguendo le direttive di Pio V trasferirà  questa cattedrale  a Castel Aragonese, nell’ex Priorato Benedettino di San Antonio Abate .

 [x]T. Panu , Storia di Tempio e della Gallura .  Nuova Stampa color. Sassari 2010. Cit  Pag. 97. Intorno al 1443-1445, furono unite  alla mensa  di Ampurias  le rendite appartenute durante il Medioevo alla congregazione benedettina di Cassino, per non parlare  del priorato camaldolese di Orrea Pithinna prebenda canonicale della diocesi di Ampurias già dagli inizi del ’500, a dimostrazione che erano  stati accorpati anche i beni appartenuti all’Abbazia di Camaldoli.D’altro canto, la politica di aggregazione dei beni dell’Ordine benedettino ai benefici diocesani è confermata, sempre all’interno del XV secolo, dall’attribuzione al vescovato di Ampurias del priorato di Sant’Antonio di Castelaragonese, già dipendente dal priorato genovese di S. Fruttuoso, disposta il 20 dicembre 1491 .

[xi]M. Maxia, La diocesi di Ampurias. Studio storico onomastico sull’insediamento umano medioevale. Chiarella SS 1997. Pag. 222.  Il ministero di Ludovico Gonzales è attestato dal 1513  per concludersi prima del 1537 . Infatti un  documento della diocesi di Ampurias  risulta firmato in questa data da Pedro Fatazu, Arciprete di Ampurias in vacanza di sede.

[xii]S. Chirra, Giovanni II d’Aragona e la partecipazione del Regno di Sardegna e Corsica nella guerra civile catalana. Tesi di Dottorato in ‘Antropologia, Storia medievale, Filologia e Letterature del Mediterraneo Occidentale in relazione alla Sardegna’(XX ciclo), Univ. degli Studi di Sassari a. 2005-2006  D. Filia, La Sardegna Cristiana, SS 1929. A.M. Marcello Diocesi di Galtellì, pag.108 I Carroç erano  navigatori di origine normanno-pugliese , chiamati  nel 1225 da Jaume I Il Conquistador, per la riconquista della regione valenzana, da secoli sotto il dominio mussulmano. Erano molto devoti  di S. Nicola da Bari e  di S. Francesco d’Assisi. Da quì il lascito testamentario disposto da Nicolao Carroç, prima di morire  in data 7-1-1479, per due conventi dell’Osservanza francescana.

[xiii] G.Fois-M.Maxia, Il Condaghe di Luogosanto. Olbia Taphos 200A. Murineddu, Gallura, ed. Fossataro, Cagliari 1962, pag. 247.  Ludovico Gonzales visitò il santuario di Luogosanto nel 1519, informando del suo pellegrinaggio tutti i presuli sardi  con una lettera scritta  da un certo Gribaldus.

[xiv]P. Achard, La vie extraordinaire des freres Barberousse, corsare et rois d’Alger, Paris 1939. C.A. Julien, Histoire de l’Afrique du Nord, Paris 1931.Arch. Stor. Sardo Vol XXXIX, CA 1998, pag. 413.G. Cerosa. Carlo V un sovrano per due mondi. Oscar storia Mondadori.Ristampa 2005. Khayr ad Din Il Barbarossa e suo fratello Aroudy,  nativi di Metilene, erano figli di un  rinnegato cristiano. Arudy che nel 1515 depose l’Emiro di Algeri, che aveva richiesto il suo  aiuto quando la flotta  spagnola  aveva occupato l’isolotto di Penon fu ucciso nel 1518 mentre difendeva la città di Tlemcem. A questo punto  Khair ed Din  decise nel 1520 di proclamarsi vassallo della Sublime Porta, ricevendo  da  Solimano Il Magnifico la nomina di Bey di Algeri,  truppe volontarie turche ed un cospicuo numero di  Giannizzeri. Con queste forze liberava Penon e  fortificava il porto di Algeri. Sarà  anche  nominato ammiraglio, divenendo nel 1534,  re di Tunisi, dopo aver cacciato il Sultano Muley Hassan. Nel 1535,  Carlo V reagi conquistando   Algeri, Tunisi e la Goletta e rimettendo nel suo trono Muley Hassan. Il Barbarossa, dopo aver tentato di contrastare l’armata  spagnola con una flotta  di 70 navi, veniva braccato nel settembre del 1538  dalla flotta Imperiale, comandata da Andrea Doria e costretto a rifugiarsi  in Grecia,.  Morì a Costantinopoli  nel 1546, all’età di 70 anni, felice di aver visto fallire la spedizione militare voluta da Carlo V nel 1541, contro la città di  Algeri, difesa da appena 800 soldati turchi e 5.000 mori.

[xv] S. Bono, I corsari barbareschi, Torino 1964 I corsari barbareschi  aggredirono Siniscola e Posada nel 1514, Longonsardo,   nel 1515, Villa Maioris de Certis nel 1518  ed infine Karesos nel 1520. Da qui la decisione di Carlo V   di obbligare   i feudatari a fornire, a loro spese, le coste di miliziani e cavalli  equipaggiati,  concedendo  a chiunque i  diritti di preda.

[xvi] A. Murineddu, Gallura, Ed. Fossataro, Cagliari 1962 cit., pag. 147..

[xvii]Gaspare De Caro, Renzo degli Anguillara in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 3, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1961Renzo degli Anguillara detto anche Renzo de Ceri degli Orsini (1475-1476)  era stato  fin da giovane al servizio  della chiesa, ottenendo premi ed onori da Giulio II, Leone X, Adriano VI e Clemente VII.  Nel 1510, con licenza di Giulio II , si era messo al servizio dei veneziani   col grado di capitano di  una compagnia di 100 cavalieri. Dopo aver   conquistato nel febbraio 1527  Trani ed alcune  piazzeforti pugliesi, era rientrato  a Roma, per difendere Clemente VII  dai Lanzichenecchi di Carlo V.Morirà in Francia nel 1536 a seguito di una rovinosa caduta da cavallo

[xviii] Storia dei Sardi e della Sardegna: L’età moderna, dagli Aragonesi alla fine del periodo spagnolo. a cura di Massimo Guidetti Vol. III 1989 ed. Jaca Book spa Milano

[xix] A.S.C. Fondo Aymerich. 22-8-1514. Serie 03 Codice 121. Lorenzo Cossu scrive a Salvatore Aymerich, procuratore Maça, una lettera in cui parla dell’amministrazione Maça e dell’interdetto gravante sulla villa di Orani.18-12-1534. Serie 03. Codice 155 . Gaspare Fortesa invia a don Salvatore Aymerich, procuratore generale di Pietro Maça Carroz, una nota concernente i beni e le ville di quest’ultimo.9-4-1535. Serie 03. Codice 168. Il podestà di Terranova scrive a don Salvatore Aymerich una lettera riguardante l’amministrazione Maça. 27-4-1536. Serie 03. Codice 184. Lo scrivano di Terrranova scrive a don Salvatore Aymerich una lettera circa l’amministrazione Maça. 8-1-1543. Serie 04. Codice 249. Atto del notaio Olivar attestante la concessione per 4 anni di un’area in Cagliari da parte del luogotenente generale a favore di don Salvatore Aymerich per esercitarvi giurisdizione civile e penale in qualità di procuratore generale di don Pietro Maça.

[xx] M.Bargellini, Storia popolare di Genova: dalla sua origine fino ai nostri tempi, Volume 1. Genova presso Enrico Monni 1836.  Pag.574

 [xxi]C. Manfroni,  Storia della Marina italiana Regia Acc. Navale, Livorno,1897-1902, vol. III,, p. 281; C. Fernández Duro, Armada Española, tomo I, Museo Naval, Madrid, 1972, pp. 143-146. Luca Lo Basso, Gli Asentisti del re. L’esercizio privato della guerra nelle strategie economiche dei genovesi( 1528-1716). St. Roffo, Breve storia di Genova. Tascabili Economici Newton, GE 1996,pag. 33-34 F. Guicciardini,  Storia d’Italia,  Einaudi, Torino,1971, pp. 1856-1858. Le richieste di Andrea Doria per passare al servizio della Spagna e sottoscritte da Carlo V, riguardavano principalmente la fine di ogni ingerenza francese su Genova e Savona, che assieme alle due riviere avrebbero costituito una nuovaRepubblica. Il Doria chiedeva anche di mantenere in servizio i prigionieri spagnoli incatenati al remo delle proprie galee, oppure di avere in cambio per ogni uomo un forzato a vita o uno schiavo.Decisivo fu senz’altro l’apporto di Adamo Centurione, grande amico e finanziere del Doria, già dal 1522 passato al servizio di Carlo V .

 

 

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