Tempio Pausania, La sfilata dei bambini: In risposta alla lettera, scrive un genitore.

Tempio Pausania, 9 feb. 2018-

In risposta alla lettera pubblicata ieri, giunge anche questa mail che sostiene un parere diverso, così come giusto che sia, quando ci si pone con attenzione e spunti di riflessione davanti anche a quella che è apparsa una ingiustizia nei riguardi di tre classi delle Eelementari le cui insegnanti hanno deciso di non aderire alla sfilata dei bambini prevista lunedì 12 febbraio. Ciascuno è corretto che resti del proprio parere così come corretto è rispettare sempre anche chi non la vede allo stesso modo. Anche in questo caso, nulla è stato aggiunto o tolto, e il mittente ha voluto anche che il proprio nome figurasse a firma della lettera.

«Gentilissimo Antonio,

dopo aver visto la lettera pubblicata sul tuo blog, scritta da una mamma in merito alla sfilata dei bambini di lunedì 12 febbraio, ma soprattutto in seguito a tanti commenti pubblicati sui social, sento la necessità di dire la mia, in veste di genitore di uno dei bambini che non parteciperanno alla manifestazione, ringraziandoti fin d’ora se vorrai darle voce.

Sorvolo sulle accuse, più o meno volgari e molto irrispettose che ho letto in diversi interventi su Facebook, che qualificano pienamente chi le ha espresse, con un livore e un’ignoranza che, purtroppo, troppo spesso affollano le bacheche social.

Preferisco, invece, entrare nel merito dei contenuti della lettera e di alcune considerazioni fatte da chi rispettosamente e facendo esercizio di buon senso ha voluto commentare, anche da un punto di vista “esterno” alla vicenda, augurandomi con questo intervento di fornire ulteriori elementi di riflessione a beneficio del dibattito.

In primo luogo intendo rappresentare la posizione di diversi genitori dei bambini interessati che si sono trovati d’accordo con la decisione delle maestre di non partecipare. Una decisione sofferta, frutto di una profonda riflessione personale, le cui motivazioni sono state ampiamente condivise con le famiglie per il tramite dei rappresentanti di classe. Abbiamo voluto rispettare questa decisione, così come avremmo sostenuto la decisione di segno opposto, sostenendo le maestre qualora avessero deciso, come le altre classi hanno fatto, di partecipare all’evento.

Nella lettera si parla di sessanta bambini che lunedì guarderanno senza partecipare chiedendosi il perché. Penso che anche questo non sia vero. Quei bambini conoscono bene le circostanze, sono pienamente consapevoli dei motivi di tale scelta e sono sufficientemente attrezzati per comprenderla e accettarla con serenità.

Mi impressiona un po’, inoltre, leggere che in questo modo i bambini sarebbero discriminati e isolati. Capisco che i genitori, per loro natura, siano portati a proteggere i propri figli da tutto ciò che in qualche modo possa creare loro una difficoltà o un disagio. Ora cerchiamo anche di evitar loro le delusioni, cerchiamo di spianare loro la strada perché non vengano messi alla prova, di soddisfare ogni loro desiderio, o capriccio, di metterli nelle condizioni di fare o di avere tutto ciò che fanno o hanno tutti gli altri. Perché non si sentano diversi. Stiamo uccidendo la loro unicità per spingerli all’omologazione, non siamo più in grado di comunicare con loro e scegliamo di precederli lungo la strada per abbattere tutti gli ostacoli, piuttosto che camminare al loro fianco per sostenerli quando il cammino è più impervio.

In questo percorso alla scuola cosa chiediamo? Che fornisca conoscenze, che insegni a leggere, scrivere e fare di conto. Ma senza esagerare con i compiti a casa, che poi si stancano. Che non ci si preoccupi troppo nel trasmettere valori, di insegnare il rispetto, la tolleranza, la pazienza. Che non si chieda alle famiglie di collaborare, di trovare e condividere strategie comuni.

Aiutiamo le insegnanti dei nostri figli nella loro missione, che le vede in prima linea e al nostro fianco nell’aiutarli a diventare gli adulti di domani, non mettiamole continuamente in discussione, diamo loro fiducia e collaborazione.

Personalmente le ringrazio anche in questa occasione, per il quotidiano lavoro e per quanto anche grazie a questa esperienza hanno potuto insegnare.

Durante la preparazione ai bambini veniva insegnato che il carnevale è gioia, spensieratezza, allegria contagiosa che grazie alla condivisione di chi sfila e di chi partecipa sono continuamente donate e ricevute. Con non si tratta semplicemente di indossare un costume e una maschera. Se la gioia e la voglia di fare festa non parte dal proprio intimo, diventa tutta una finta e questo si vede.

Hanno perciò insegnato ai bambini che non è giusto fingere, che farlo avrebbe significato tradire lo spirito stesso della manifestazione.

Hanno insegnato, anche, che non siamo tutti uguali e che altre maestre avrebbero potuto fare scelte diverse, proprio perché siamo tutti diversi e con diversi modi di affrontare e vivere le situazioni. Non esiste una scelta migliore dell’altra, ma sono tutte degne di rispetto in quanto espressione dell’animo profondo delle persone coinvolte e del loro modo di vivere, testimoniare ed elaborare il proprio dolore.

A questo proposito, apro una parentesi, ringrazio alcuni amici della maestra Graziella che hanno voluto ricordarla, in un modo speciale, dando una bellissima testimonianza.

Nella chat dei genitori ho detto che la mancata partecipazione non costituisce una punizione per i nostri ragazzi, che avranno tante altre occasioni, durante questo e i prossimi carnevali, di fare festa tutti insieme. Può essere, invece, occasione di crescita, per capire che la vita ci pone di fronte a situazioni difficili che ci portano a rivedere le nostre priorità.

Ancora una volta il nostro compito è quello di sostenerli, aiutandoli ad essere sereni e a vivere comunque e con il giusto spirito il loro carnevale. In questo, oltre che da noi, sono quotidianamente accompagnate dal lavoro delle nostre maestre che, senza la necessità di indossare finte maschere, senza voler a tutti i costi celare i propri sentimenti, con tanto amore e professionalità, ancora una volta, cercano di trasmettere dolcezza e serenità.

Anche questo è un insegnamento. I nostri bambini cominciano ad avere un’età nella quale è giusto che vedano gli adulti che sono loro vicini, genitori, nonni, insegnanti, … non come dei robot ma come delle persone che provano le loro stesse emozioni e che danno loro l’esempio di come si impara a viverle».

Cordialmente,

Antonello Carboni

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