Tempio Pausania, 26 feb. 2016-
Nel pieno rispetto di qualsiasi posizione, sia essa politica o di semplice opinione, pubblico la lettera che mi è stata inviata da Luigi Agus, esperto d’arte, docente, storico. Posto che il blog, come ho avuto modo di dire spesso, non ha mai avuto una posizione politica di parte, che ha sempre rispettato l’opinione di tutti e che si è sempre messo a totale disposizione della comunità tutta, nessuno escluso, ribadisco che nessuno gestisce le opinioni di nessuno, le mie comprese. Un sentito grazie a Luigi Agus per questo ulteriore contributo alla sua posizione su questa vicenda.
Mi auguro, e mi pare che anche il mittente lo abbia scritto, che questa lettera contribuisca a svelenire il clima di eccessivo accaloramento che sul web ha preso l’ennesima piega sbagliata. Confermo che su galluranews tutti hanno spazio, purché si capisca l’assoluta indipendenza del sottoscritto e l’altrettanta vocazione al bene di questa comunità. Antonio Masoni
Ecco la lettera di Luigi Agus.
«Vorrei tornare sull’argomento “Piazza Faber”, spero per l’ultima volta per chiarire meglio il mio pensiero, sia dopo l’intervista che ho rilasciato a un giornale on-line, sia dopo l’accorata lettera di Franco Maciocco pubblicata su questo stesso blog.
Pur rispettando l’opinione che sembra di tanti a cui questa installazione pare piacere – anche se poi nessuno mi ha spiegato cosa esattamente preferisca se i cavi o le vele – devo ribadire che si tratta di un intervento del tutto fuori luogo, visto che realizzato stabilmente nel pieno centro storico di Tempio e in una piazza che ha una conformazione architettonico-urbanistica particolare, circondata da una parte da edifici sviluppati in verticale, dall’altra delimitata da altri più bassi porticati e dal piano di calpestio scosceso. Si tratta di edifici di varie epoche e con sovrapposizioni ancora visibili e leggibili che vanno dal tardo XVI secolo (il piano terreno dell’edificio davanti all’ex mercato) al pieno ‘800, fino al ‘900 (l’ex mercato e il porticato davanti), tutti abbastanza ben integrati, nonostante le differenze di epoche, la cui unica fonte luminosa è data dallo “spiazzo” tra loro che permette alla luce di penetrare e far leggere i volumi nella loro complessità di pieni e vuoti.
Possibilità che oggi è negata da questo improvvido intervento che – sia nella sia conformazione “chiusa” che in quella “aperta” – non permette all’occhio di scorrere fino alla cima degli edifici e quindi alla luce di arrivare dove dovrebbe, vuoi per i cavi tesi da un capo all’altro che disturbano, vuoi per le “vele” che quando sono aperte evidentemente non permettono di andare oltre con lo sguardo. Un problema questo più volte dibattuto per quanto riguarda la tutela dei centri storici europei, che negli ultimi cento anni, per esigenze pratiche, hanno visto l’inserimento di cavi, insegne, tende, apparecchi esterni di condizionamento, infissi, lampioni di dubbio gusto, cassonetti, ecc. che è stato egregiamente risolto rimuovendo ogni ostacolo visivo tra un edificio e l’altro ad ogni livello, trovando soluzioni di volta in volta innovative: dai cavi interrati, ai cassonetti sistemati nel sottosuolo, fino ai tram senza fili e alle insegne uniformate. Tutte soluzioni che rendono, assieme ad una ordinata pavimentazione, fruibile un centro storico, senza per questo impedire che in esso si svolgano tutte le attività e la gente lo viva appieno. Questo soprattutto tenendo conto che gli spazi nei centri storici sono spesso angusti e solo raramente larghi, quindi non avrebbe senso coprirli anche in città poste a basse latitudini e con forte insolazione, quindi figuriamoci in centri montani come Tempio!
Nel caso specifico poi, c’è il granito tendente al grigio scuro che da una parte svilisce e assorbe le altre gamme cromatiche, dall’altra annulla quasi le ombre, salvo quelle date dal sole estivo molto perpendicolare. Effetti che sarebbero alla base dell’installazione-architettura ideata da Piano e sviluppata dallo studio Alvisi-Kirimoto di Roma. Un’installazione che – come ho sottolineato – andrebbe bene in un altro contesto, come un villaggio greco con le pareti delle case dipinte di calce bianca o a Capri, ma non certamente in mezzo ad una piazza con severe costruzioni granitiche, dove quell’ammasso di cavi altro non fa che arrecare disturbo visivo ai passanti, che – essendo per loro natura più bassi degli edifici – potranno osservare il tutto solo dal sotto in su e non viceversa. Fatto quest’ultimo che sembra essere sfuggito al solerte studio d’architettura che invece ha realizzato i modelli visti dall’alto e con i palazzi concepiti come pure forme bianche, cosa che non sono.
Al di là tuttavia di tali inconvenienti tecnici l’idea stessa non pare adeguata al luogo, visto che uscendo da quella piazza non troviamo né il porto di Nervi, né di qualche altra cittadina ligure, le cui case sono multicolori e non grigie come a Tempio. Comprendo poi che De André avesse una personale passione per la vela (come racconta Maciocco) e per le matite colorate, ma non è per questo che tutti noi lo ricordiamo e lo vogliamo ricordare, soprattutto in un centro di montagna che con gli sport velici non ha mai avuto – per sua natura – molta affinità. Certamente, così come ci raccontano e quindi possiamo immaginare sarà finito, ci saranno anche le sue parole proiettate e i suoni delle canzoni, anche se per questo bisognerà aspettare ai prossimi “lotti” di questo fantasmagorico progetto. E qua veniamo all’altro nodo importante: non solo risulta inadatto al luogo e alla città in generale, ma nemmeno avremmo il piacere di vederlo terminato, perché i denari non bastano per ammissione di tutti e non si sa quanti ce ne vorranno per vederlo finito!
Insomma una incompiuta – l’ennesima – che andrà anche mantenuta e i costi credo non saranno bassi, visto che le “vele” che si muovono sui cavi sono motorizzate e necessitano di una manutenzione costante fatta da professionisti. Sarebbe opportuno, credo, che l’Amministrazione Comunale chiarisse come intende coprire tali spese, se le ha previste, a quanto ammontano e a chi sarà affidato il tutto, così come sarà il caso di chiarire una volta per tutte quale sia il costo globale dell’intervento (alcuno dicono 2 milioni, altri 1 milione, altri non si sa) e con quali risorse e tempi si intende terminarlo! Questioni non di poco conto per un Comune che nel suo “portafoglio patrimoniale” può vantare diversi immobili di pregio praticamente abbandonati, inutilizzati o privi di qualsivoglia manutenzione da anni (dalla Palazzina Comando, alla Casa Cossu, all’ex Pretura a parte dell’ex Biblioteca, fino all’ex GAUSS), a cui si aggiungono marciapiedi divelti e devastati, lampioni arrugginiti e cadenti, strade in condizioni a volte pietose… Se i soldi mancano per tutto ciò ci si domanda come si troveranno per completare il progetto Faber e come si troveranno quelli per tenerlo in vita (manutenzione a parte, per gli effetti multimediali e la custodia ci vorrà pur qualcuno). Ma i politici, si sa, quando vogliono i soldi li trovano sempre! Ma solo quando vogliono!
Venendo infine al motivo per cui si è fatto tutto ciò, e cioè un omaggio a De André, ritengo che chiunque capiti a Tempio per caso e abbia ascoltato le sue canzoni, anche sforzandosi, non troverà alcun nesso tra l’installazione e il poeta, visto che richiama aspetti troppo personali che pochi conoscono e che francamente sono irrilevanti nella sua poetica, come la passione per la vela o quella per le matite colorate. Credo che uno che giungesse là per caso sotto quelle “vele” penserebbe o che è in corso una sagra paesana o che c’è un carnevale fuori stagione, difficilmente penserebbe a “Bocca di Rosa” o “Via del Campo”, forse al “Pescatore”, ma andrebbe a cercare l’acqua e non troverebbe più nemmeno la fontana che stava un tempo ai piedi delle gradinate della cattedrale…
Insomma un’idea che ritengo mal riuscita, davvero poco significativa tra le tante scaturite dalla mente di Piano, inadatta al luogo e fuori tema. Mi domando se con gli stessi denari non sarebbe stato meglio restaurare la stazione ferroviaria e di dipinti di Biasi, visto che il bando del GAL, misura 313, azione 2, a cui il Comune ha partecipato reperendo i soldi, parlava esplicitamente di “realizzazione di centri di informazione e accoglienza turistica e relative reti, attraverso l’adeguamento di strutture esistenti, finalizzate a garantire l’accoglienza al visitatore/turista e fornire informazione specifica sull’area e sui prodotti delle aziende del territorio e l’allestimento dei locali (sale di accoglienza, sale degustazione, vetrine di prodotti e per attività culturali) non riguardanti singole aziende” (infatti le vele di Piano corrispondono esattamente a questo!). Magari con qualche risparmio nell’appalto ci sarebbe uscita pure una bella statua in bronzo con tanto di basamento in granito per commemorare il nostro illustre concittadino onorario…»
Luigi Agus