Tempio Pausania, Paolo Dettori: l’ospedale esiste ancora ma inizia il conto alla rovescia a causa delle carenze. Reparto di Medicina in agonia.

Tempio Pausania, 29 gen. 2018-

Ospedale Paolo Dettori – foto galluranews

La grande iniziale soddisfazione per essere riusciti a salvare l’ospedale, accompagnata anche dalla certezza che aver mantenuto, seppure insieme ad Olbia, di un DEA di 1 livello, è quasi un ricordo. I conti, si dice, si fanno alla fine ma in questo caso i conti sono già salati e fanno gridare allo sdegno quanti si aspettavano un miglioramento dopo anni in cui abbiamo assistito ad una vera emorragia di servizi e posti letto, mancanza di presidi e aspettative remote per una minima garanzia di adeguati strumenti sanitari, carenze di personale. A cosa è servito urlare il dissenso, organizzare manifestazioni, l’esposto alla procura per tenere in piedi un ospedale, per poi vedere lo scatolone che si sta svuotando del contenuto? A volte ci chiediamo se valga la pena mantenere vie diplomatiche e aprire al dialogo quando si ha a che fare con esecutori senza scrupoli della morte della sanità pubblica. Si badi bene, se Tempio piange, ad Olbia non fanno salti di gioia. Anche dai cugini del mare si portano avanti lotte sul medesimo discorso: mancanza di personale. Attendiamo che – come lo stesso Moirano Manager dell’ATS ha dichiarato – si provveda alle assunzioni a tempo indeterminato.

Ecco, cosa sta accadendo. La ricostruzione, confutata da precise informazioni, contiene anche una decisa quanto amara nota di alcuni sanitari del reparto, decisi a lasciare Tempio proprio a causa di questo stato deprimente della realtà che vivono quotidianamente. 

Il reparto ha una capienza di 36 posti letto più possibilità di 3 posti bis. Attualmente in organico ci sono solo 11 infermieri di cui 2 assunti con agenzia interinale a cui viene rinnovato il contratto mensilmente (nonostante ci sono graduatorie pubbliche di infermieri sparse in tutta la Sardegna) e 9 oss di cui 2 a tempo determinato. Ci si ritrova ormai tutti i giorni, da oltre un anno, a dover sopperire alla mancanza della figura di supporto ( cosa che l’infermiere non deve più fare se non in via del tutto eccezionale) tutti i giorni. A partire dal giro letti per lavare i pazienti.

Accompagnare i paziente ad eseguire visite specialistiche (dal 2015 non è più presente la figura esterna di “ausiliario” ), nonché distribuzione e ritiro del vitto. L’infermiere, ormai sempre deve sacrificare, di routine il giro visita con i medici. Non si riesce ad eseguire una prestazione base come una semplice medicazione di una piaga da decubito talvolta per mancanza di tempo. Tutti devono fare tutto.

E le divise?  Ne vogliamo parlare? È quasi un anno ormai che  tutti hanno la stessa divisa, senza nessuna distinzione. Da che mondo è mondo ognuno dovrebbe essere riconosciuto per la figura che è. Appaiono tanti gelatai vestiti di bianco. Eppure basterebbe davvero poco per far funzionare meglio il reparto. Tornare al vecchio orario di lavoro ( perché dal 1 gennaio con l’ATS il pomeriggio si esce alle 22), dando così maggior carico di lavoro in quella fascia orario già di per sé troppo pesante. Pesante perché ci si ritrova al pomeriggio con soli 2 infermieri e 2 oss. Il rapporto infermiere paziente diventa così 1:18 e assistere 18 malati con nuovi ricoveri, somministrazione terapia, urgenze varie…è davvero inconcepibile oltre che disumano.

È risaputo tra l’altro che minore è il numero di infermieri e maggiore è il tasso di mortalità nel reparto (studi scientifici, mica leggende del paleozoico). La mattina ci si ritrova con 3 infermieri e addirittura, cosa accaduta domenica scorsa, un solo oss ( UNO) e di conseguenza chi è andato con l’oss a fare il giro letti, accompagnare pazienti a fare le visite, distribuzione e ritiro del vitto??? Ovviamente l’infermiere.

La turnazione notturna –   sta diventando oramai routine – con  2 infermieri e un solo oss. Da gennaio però anche questa figura di supporto al prefestivo (e non solo) viene a mancare proprio come da organizzazione di reparto.

Tutto questo perché? Per non pagare il turno notturno all’oss, mentre il festivo?

“Fatto sta – ci raccontano –  che tutti gli infermieri del reparto abbiamo fatto domanda di trasferimento presso altra Asl o reparto. Come mai non vengono dei dubbi a riguardo? Questo malcontento sta portando solo tensioni tra colleghi. Sperando che denunciare questi fatti faccia cambiare qualcosa per il bene di Tempio e la sua comunità. Siamo ormai al collasso e non si riesce a dare una qualità dell’assistenza adeguata a quei poveri pazienti che malauguratamente fanno ingresso in quel reparto. I carrelli della somministrazione terapia ormai vecchi e davvero ridicoli oltre che  poco comodi da manovrare. Un frigorifero dove sono presenti farmaci da somministrare identico, se non molto più vecchio, di un frigorifero di casa. Ovviamente illegale tutto ciò. Un armadio farmaci che non è assolutamente un armadio ma uno scaffale tipo officina del meccanico. Un ospedale  dev’essere adeguato per assistere persone e non animali. Sia per i pazienti che per chi ci lavora. Siamo davvero ormai esausti”.

Il malumore, la sfiducia, è palese anche nei medici del reparto che manifestano altrettanto disagio.

“Impossibile – dice qualcuno – poter cambiare in pochi anni da una situazione dove avevamo 8 infermieri professionali, tre per turno mattino e pomeriggio e due di notte con 3 OSS al mattino e 1 ausiliare,  2  OSS il pomeriggio mentre la notte c’erano due infermieri e 1 OSS”.

In un reparto di 36 posti letto, devono ruotare 10 infermieri professionali, questo per garantire efficienza e non chiedere a chi lavora un sacrificio immane. L’umanità, tanto predicata dall’etica della professione sanitaria, fa apparire il personale sempre di più simile a “pezzi di carne” che a persone. La situazione, che sappiamo presa in considerazione dal manager Moirano che ha esternato – come già scritto – precise direttive per supplire alle carenze dell’ospedale di Olbia, va considerata anche per Tempio, prima che l’ospedale muoia non più per mancanza di servizi ma per l’evasione in massa del poco personale rimasto. 

Antonio Masoni

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