Tempio Pausania, …e se un giorno, non si sa quando, finisse?

Tempio Pausania, 5 giu. 2016-

Spesso mi ritrovo ad avere in testa questa frase che cita il titolo…“e se un giorno, non si sa quando, finisse?”. La collego a tutto quello che nella vita è inevitabile, come la morte per esempio. La mia natura è sempre stata ottimista e ho assaporato ogni pezzetto di vita, sia essa stata dolore o gioia. Nelle sofferenze, che non sono mancate neppure a me, ho ritrovato la forza per uscirne fuori, anche quando alcuni mali cronici sono caduti nella mia vita e mi sembrava che da essi non si potesse in alcun modo evadere.

Invece no, da qualsiasi male si può uscire. Anche da mali incurabili che hanno un loro triste decorso e un altrettanto esito fatale, e pure da tanti altri che rientrano tra quelli che possiamo curare con la mente, il corpo e lo spirito e con la nostra giusta positività alla vita.

La nostra moderna società è afflitta da una serie incalcolabile di problemi che ci appaiono ingestibili e non governabili dal nostro senso più diretto che è l’ascolto. Dobbiamo imparare ad ascoltare sia gli altri che il nostro “io” che è poi la base di partenza per la consapevolezza del sè. Il mio amico e compagno di viaggio Sergio Todesco, con cui condivido esperienze alimentari e con cui parlo spesso di questi argomenti apparentemente futili e banali, mi insegna attraverso ciò che scrive sul blog che esiste un trigono vitale di elementi fondamentali in ognuno di noi, mente, corpo e spirito e che ciascuno di essi deve avere oltreché cura di se stesso, anche degli altri due. Scindere o rendere differenziate le azioni combinate di questi nodi cruciali dell’esistenza, significa mollare e frantumare, piano piano, le nostre certezze, le convinzioni e anche darla vinta alle paure che stanno in agguato come falchi della morte sulle nostre teste.

La faccio breve, anche perché questi sono argomenti non di mia competenza, e mi voglio soffermare su uno dei più grossi problemi da cui sono spesso invaso e per il quale ho perso anni di consapevolezza: la mancanza della coscienza, certo un problema dovuto ad una separazione tra gli elementi del trigono vitale.

In questo terrficante scorcio di agosto, nel quale un giorno si e l’altro pure, siamo circondati dagli incendi, mi chiedo spesso per quale ragione vera essi debbano essere appiccati, con la facilità disarmante di chi sa di uscirne sempre illeso e di farla franca. Ho pensato tanto al perché più che al come avviene tutto questo. Le congetture più diaboliche hanno permeato le notti e i giorni, confuse e sospese tra complotti ambientalisti e terrorismo per fini non chiari. Tra le tante ipotesi, si è affacciata anche quella di un vero piano strategico che mira alla presa d’atto che occorre istituire un dispiegamento interforze permanente, l’utilizzo dell’esercito (ipotesi che vedo di buon occhio) che perlustri il territorio nelle giornate ventose a rischio (quelle di grecale e maestrale) limitatamente al periodo estivo. Si racconta che molti, sempre pochi per la verità, piromani colti in flagrante siano stati operatori antincendio stagionali, alcuni anche pastori che hanno pensato, col fuoco, di migliorare il pascolo per l’anno successivo. Ma queste ipotesi lasciano, a mio avviso, perplessi. In gioco, e il fuoco maledetto di alcune tragedie lo ha dimostrato, c’è pure la loro stessa vita. Nessuno rischierebbe di morire tra le fiamme che ha appiccato. 

La stagione che sta per essere messa in archivio, è stata, dicono, un boom di arrivi turistici. La Sardegna, lo sanno tutti, è meta ambita anche se forse poco meritata da alcuni occasionali avventori di spiagge e mari incontaminati, predatori delle oasi perdute e fagocitatori voraci di mordi e fuggi di qualche decina di giorni, improntati al completo disinteresse per il buon comportamento e il vero amore per la natura. Lo sappiamo che non tutti i turisti, ma nemmeno noi sardi lo siamo, sono perbene e si comportano col rispetto per quel che trovano. Ma neppure questa è ipotesi avallabile. C’è qualcosa di più nel disegno criminale dei piromani. Follia? La scarterei, anche se qualche pazzerello con la mania di vedere il panico lo trovi sempre. A volte mi soffermo a pensare che dietro ci sia una forza talmente potente, direi sovragovernativa, che sa dove e quando colpire. 

Tristemente, afflitto da sensi di colpa che non dovrei avere, mi accuccio nella malinconia di questa nostra terra uccisa, dei nostri animali morti, delle troppe persone che in oltre trent’anni, abbiamo pianto. E il pensiero di quale degli elementi del trigono vitale manchi ad un assassino ambientale non mi da pace. 

A voi, anche se un blog non suscita interesse, meglio una telecamera e un TG nazionale per ringalluzzire le vostre malvagità. A voi dicevo, figli di una terra arida, voi che avete riso per le fiamme, che avete sfregato le mani quando hanno avuto ragione pure della vita di esseri viventi, a voi che sottobanco avete magari intascato la parcella per la vostra azione, dico solo che:

Se un giorno, non si sa quando, tutto finisse, finirebbe anche per voi. E la vostra anima lurida e sporca del sangue di quel vitello soffocato o di quel corpo appeso al filo spinato di quel tragico 28 luglio, finirà con quella di tutti gli altri. Ora continuate a ridere, se volete e non chiedetevi mai quale sia il problema che vi affligge, perché il problema in voi esiste. 

Avidità, denaro, non colmano una vita desertica passata a pensare che sia stato meglio bruciare che accendere una speranza per chi verrà dopo di noi. Sarà forse troppo tardi, per tutti.

Antonio Masoni

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