Tempio Pausania, “Voglio giustizia, voglio essere ascoltato da questo tribunale”, Daniele Fontana, incatenatosi davanti al tribunale di Tempio, ci racconta la sua vicenda.

Tempio Pausania, 30 set. 2016-

Chiedo giustizia –dice Daniele – voglio essere ascoltato da questo tribunale. Se qui a Tempio non mi sarà data questa occasione, chiedo che il caso venga esaminato  da altri giudici o da altro tribunale

foto galluranews
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Inizia con queste parole il racconto di Daniele Fontana, fotografo milanese residente a Murta Maria (fraz. di Olbia). La sua è una storia di accuse di violenze varie sul figlio di 5 anni e mezzo che durerebbero da “circa 3 anni, come afferma Fontana. La causa gli era stata intentata dalla moglie che voleva togliere al padre la patria potestà e prendersi cura del bambino da sola. Tutte le accuse sono decadute, inesistenti e false, e ora il bambino si trova insieme alla nonna paterna, in ideali condizioni di serenità e d’amore. Ben 6 studi legali hanno provato, con cause assurde, ad attaccarlo sulla base di cose mai successe, mai comprovate e parzialmente smentite dallo stesso Daniele. I suoi sforzi, quelli di un uomo lasciato solo a se stesso. non ascoltato dal tribunale, sono stati anche vanificati dai servizi sociali che si rimbalzano compiti senza dar prova di trasparenza e di equità.

Il fatto che sia stato obiettore di coscienza – racconta Daniele – è servito come arma per la controparte ad accusarmi di violenze ripetute contro mio figlio. Questo avrebbe compromesso il rapporto d’amore autentico che c’è con lui. Proprio per la mia scelta di essere obiettore di coscienza avrebbe dovuto incidere a mio favore, la violenza, in qualunque modo la si eserciti, è aberrante e nel mio caso ancor più perché basterebbe pensare a chi, in ultima analisi, subisce tutto questo: un bambino di 5 anni

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Nella terza udienza presso il tribunale di Tempio, Daniele si è sentito deriso e schernito “quasi si fosse in un talk show“, accusato ingiustamente di cose mai commesse e soprattutto non si è considerato di esaminare il suo cospicuo fascicolo.

Questi e altri motivi lo hanno indotto a questo gesto di incatenarsi in modo silenzioso e pacifico alla ringhiera del tribunale di Tempio.

Questo trattamento – scrive Daniele – non dovrebbe riguardare nessun essere umano, perché tutti dinanzi all giustizia dovremmo essere uguali. Tutti tranne me, a quanto pare

Alla fine di questi tre anni di sofferenze, Daniele ha preparato coi suoi legali, un dossier accurato che però, ed è questa la sola ragione del suo gesto, il giudice non vuole esaminare.

Chiedo solo verità e giustizia – conclude Daniele – voglio che si venga a capo di questa assurda vicenda che giudico allucinante e che metto a disposizione di ogni canale di informazione, virtuale e non, affinché si capisca che sto agendo per essere riabilitato come uomo e come padre. E che a nessuno venga in mente di manipolare questa mia storia, perché in tutto questo ho agito da padre e mio figlio è all’oscuro di questa storiaccia. Per me conta che lui non venga discriminato né oggi né mai per qualcosa che, e lo ripeto, non lo riguarda perché non è mai accaduta. Giustizia e basta. Chiedo solo questo

Ieri mattina, dalle 9.00 Daniele ha messo in atto questa sua azione, superando anche alcune forzature e i necessari controlli dei carabinieri, ma tutto si è svolto e si sta svolgendo in modo sereno e senza alcuna dimostrazione di offesa o violenta. La città si è mossa, gli ha portato cibo e coperte, ha parlato con lui ricevendone ciò che io stesso ho respirato, serenità e determinazione. Daniele Fontana chiede giustizia e la deve ottenere. Sinché non gli sarà data opportunità di essere ascoltato, resterà incatenato.

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Vi propongo la sua intervista ripresa in due momenti diversi, nel pomeriggio e nella tarda serata di ieri, prima che Daniele andasse a dormire sotto le stelle del cielo di Tempio.

Coraggio Daniele!

Antonio Masoni

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