Tempio Pausania, “La Santa Inquisizione in Gallura: I casi Echegoyan ed Esgrecho – 1^ parte” di Gennaro Landriscina Lay.

Tempio Pausania, 20 feb. 2016-

I casi  Echegoyan ed  Esgrecho e  la Santa Inquisizione (1605-1624) – 1^ parte

Il Re di Spagna Filippo III  el Piadoso fin dai primi anni del suo governo si era ormai   reso conto che l’ espansione economica e militare del secolo precedente, erano solo un effimero ricordo.

Le spese belliche di suo padre Filippo II, morto di cancro il 13 settembre 1598, erano state, infatti, ingenti, come esorbitanti erano ancora gli interessi passivi,che la Corona  doveva corrispondere ai banchieri genovesi, che le avevano finanziate. Per non parlare dei continui  danni provocati ai traffici marittimi spagnoli , dai corsari barbareschi, spesso alla fonda con i loro navigli nelle solitarie coste della Gallura, Terranova compresa.

Anche per questi motivi  aveva dovuto  accelerare la costruzione il Sardegna di numerose torri costiere difensive[i], mentre,  per limitare l’inflazione galoppante, il suo primo  ministro Francisco  Gomez de  Sandoval y Rojas y de Borja (1533-1625) si era visto costretto adintrodurre, fin dal  1599, la moneta di rame(vellon) per poi  elargire  ulteriori privilegi sia alla nobiltà, che alla pletorica burocrazia dei suoi regni, esaltando di fatto e in maniera tumultuosa l’aumento dei prezzi e la recessione economica in atto. In data 22 settembre 1609,aveva anche disposto su consiglio dell’arcivescovo di Valencia don  Juan de Ribera ma  contro il parere  del VII duca di Gandia don Carlos Francisco de Borja y  de Centelles y Velasco( 1573-1632)   l’allontanamento forzato dalla penisola iberica[ii] di ben 900.000 moriscos(discendenti dei musulmani di al-Andalus ) nell’illusione di favorire la pace religiosa e con la confisca dei loro beni un rapido benessere per i sudditi spagnoli Ma essendo sempre stati i moriscos  dei commercianti provetti artigiani,  e sobri contadini, ne era  invece conseguita una devastante recessione  economica  soprattutto a danno  delle   signorie feudali valenzane dei Borja , Hurtado de Mendoça Portugal y Castro Pinòs e Ladròn y Rocafull; e dato che alcune di esse   possedevano anche estese feudalità in Sardegna, questa devastante crisi finiva per coinvolgere la stessa popolazione  isolana.

Nel Regno di Sardegna, facente parte a pieno titolo dal 1479 del Consejo Supremo de Aragòn, si erano aggiunte altre due  questioni, tra loro strettamente collegate:una drammatica rivalità, fra le città di Sassari e di Cagliari, circa il   primato religioso e politico nell’isola ed un pericoloso conflitto di competenza giurisdizionale, tra il potere vice regio ed il tribunale della Santa Inquisizione avente sede a Sassari dal 1563 .

Conflitti che in realtà riflettevano l’antagonismo che esisteva tra lo stesso Consejo de Aragòn ed il Tribunale Supremo dell’Inquisizione, una delle tanti debolezze del regno di Filippo III. Anche, per questi motivi, il nuovo vice re e Luogotenente generale  della Sardegna  don CarlosFrancisco de Borja Centelles y de Velasco( 1573-1632), aveva deciso di visitare il nord dell’isola, tre anni dopo il suo insediamento ( era stato nominato il 3-6-1610[iii] ma aveva giurato nel duomo di Cagliari in data 13-maggio 1611), giungendo a Sassari nell’aprile del 1613,  accompagnato  dal regidor degli Stati di Oliva[iv]  don Gerolamo Vaça de Avila e da un  suo fratello burdo Francisco de Borjafrate francescano, (fray Rodrigo) [v]  che dopo aver curato i suoi interessi in Sardegna,  partirà nel 1628 come missionario in Messico[vi]. Del resto don CarlosFrancisco  dopo la grave crisi economica legata al crollo del commercio dello zucchero , di cui i Borja erano grandi produttori in Spagna, aveva deciso di potenziare le rendite sarde, che ormai costituivano la sua principale fonte di reddito. In Cattedrale c’erano  ad ossequiarlo il governatore don  Francisco de Sena e l’intero capitolo turritano con in testa il doctor Francisco Rocca, calificador y consultor del Santo oficio,l’arcivescovo di Oristano monseñor Antonio Canopolo , il vescovo di Alghero, monseñor  Gavino Manca y Cedrelles in predicato di diventare arcivescovo turritano e don Giacomo Diego Passamar[vii] segnalato fin dal  12-12-1612  dal vice re  alla Santa Sede per ricoprire  la diocesi di Civita e Ampurias[viii]

A questi vanno aggiunti tra fra i tanti  i consiglieri di Sassari[ix], Esteban Manca de Cedrelles , l’oidor  (giudice membro ) della Real Audienciadon Francisco Angelo Vico y Artea[x],, il veguer real dott. Francisco Esgrechu de la Bronda , l’avv. fiscal Francisco Jagaracho, l’alcalde de Puerto Torres Andrés Zonza  ed il mercante( di cereali) don Francisco Escano de Castelvì[xi]. La sua  visita durerà circa due mesi accolto ovunque  trionfalmente .

Nel maggio1616 giungeva a Sassari anche il nuovo  inquisitore generale sardo, don Diego Gamiz y Echegoyan[xii], nipote dell’arcivescovo di Cagliari monseñor Francisco de Esquivel[xiii], per sostituire Gaspar de Benavides  Arteaga deceduto in data 29 novembre 1614 e  don GavinoPintor  destituito in data 15 novembre 1614 ,  dall’Ispettore della Santa Inquisizione,  don Juan Bauptista Rincon de Ribadeneyra[xiv]. Senza considerare il vescovo di Alghero monseñor Lorenzo Nieto[xv], nominato inquisitore ad interim il 25 ottobre 1615

Purtroppo don Diego  Gamiz, entrò immediatamente in urto con le classi dirigenti  turritane, laiche ed ecclesiastiche[xvi], anche per aver voluto definire Sassari e il collegio gesuitico, covo di ebrei e di  eretici luterani  fino a   minacciare il trasferimento  del tribunale del Santo oficio  a Cagliari.

Questa sua accidiosa animosità non deve però sorprenderci più di tanto, se si pensa, che  suo zio arcivescovo  era diventato in quegl’anni uno dei più accaniti sostenitori, del primato ecclesiastico di Cagliari, tanto da porsi in netta contrapposizione con il nuovo  arçobispo de Sasser monseñor Gavino Manca de Cedrelles   paladino delle ragioni della sua città

In realtà, la posta in gioco più che religiosa  era  economica e politica, in quanto le classi dirigenti turritane guidate  da don Francisco AngeloVico y Artea  e da don Francisco Escano de Castelvì, da qualche anno   regidor y gobernador  dell’Estado Portugal ( Orani-Nuoro-Bitti-Orgosolo-Tempio-Longosardo),  miravano ad imporre, la supremazia politica, culturale  e politica  di Sassari fino a  prospettare  la convocazione di due distinti Parlamenti: uno nel nord Sardegna ed uno  nel sud, uniti  solo dalla figura istituzionale del vice re. Contrasti che continueranno fino ai primi anni ‘30 e‘40 del secolo XVII mo con il nuovo arcivescovo turritano  monseñor Giacomo Passamar  e il vescovo di Civita e Ampurias, monseñor Andrès Manca y Zonza[xvii].Del resto all’inquisitore  Gamiz  non era mai sfuggito che  il vice re de Borja, da buon signore feudale   del Marghine, Monteacuto, Anglona, Osilo e Coghinas era diventato, dopo la riconferma in data25 marzo 1614 per un triennio  della sua carica[xviii], uno dei più autorevoli sostenitori nel Consejo Supremo de Aragòn  di questa ambiziosa linea politica turritana [xix]. La sua stessa  consorte, doña Artemisia Doria y Carreto[xx] da lui  sposata il 31 ottobre 1593apparteneva ad una ricca e potente famiglia genovese, che nel XIII mo  e  XIV mo secolo, aveva giocato a Sassari e nel resto del nord Sardegna un  non indifferente ruolo sia  politico che militare  .

Questi sommovimenti statuali ed ecclesiastici, tutto sommato elitari, trovano, a mio parere  una parziale spiegazione nel fatto che  il nord Sardegna stava  ormai conoscendo, per la sua vicinanza con la Corsica e per la politica di coesistenza pacifica inaugurata da Filippo III  con la Francia[xxi],  un netto incremento dei suoi traffici commerciali  di cereali, formaggio, pellame, lardo , olio, vino, carne salata e bestiame domito e selvaggio, con Genova, Livorno, Roma , Napoli e perfino Algeri[xxii] tanto da registrare  un certo benessere economico[xxiii]e con esso un decremento del flusso immigratorio dalle zone sub costiere  verso quelle interne; flusso  che  fino alla  seconda metà del XVI mo secolo sembrava  inarrestabile. Da qui probabilmente il desiderio, per tanti versi legittimo, della borghesia mercantile turritana e  dei señores del bestiame più avvertiti, sia dell’Anglona che della  Gallura, di ottenere dal governo vice regio, una certa autonomia statuale e fiscale, sganciata dal parassitismo feudale  della Sardegna meridionale, nella speranza anche di poter  accaparrare per i loro figli, uffici regi, feudali e con essi appalti, terreni pascolativi in concessione e lucrose licenze  commerciali.Non parliamo del villaggio di Tempio patria  del potente cancelliere vescovile  e temuto consultore del Santo oficio turritano, don Juan Maria Usai[xxiv],  da qualche anno al centro dell’attenzione vice regia  per l’ istituzione del marquesado de Orani (Real cedula Madrid, 8-3-1616) e per la decisione di far riscuotere a partire dal 1615 i diritti di saca, sulle merci esportate da Terranova e Longonsardo dai funzionari della città di Sassari e non più da quelli di Cagliari, con il divieto alle  città regie( Cagliari-Oristano-Bosa-Sassari-Castel Aragonese) di  imporre ai pastori  galluresi l’ensierro e l’afor sui i prodotti agro pastorali[xxv].Il tutto confermato sia dalle Relazioni ad limina, del 1616 e del 1618[xxvi]del vescovo di Civita e Ampurias,  monseñor Giacomo Passamar  che ci descrivono  appunto  una Gallura come terra di  estatzos[xxvii] e di  pastores corsi abitualmente transumanti per nove mesi all’anno con tutta la loro famiglia  e dediti al contrabbando, come d’altra parte ci informano i dati della  Regia amministrazioni delle torri[xxviii] , che documentavano appunto  nelle coste nord orientali dell’isola, a partire dal 1599, un  netto calo delle esportazioni legali di formaggio, lana, pelli , salumi ed animali selvatici .

E questo per l’ usuale ed atavico  modo di vivere di questi pastori . E che dire dei frequenti latrocini del diffuso bandolerismo, per tanti versi favorito dall’immunità ecclesiastica goduta dai numerosi luoghi di culto presenti nelle campagne galluresi[xxix]. Bandolerismo che pur tendendo a volte ad assumere veri e propri connotati  sociali, consentiva a qualche pastore di essere arruolato come sicario o come miliziano armato nei territori sub-costieri  .

Tra l’altro l’inquisitore  Diego Gamiz non faceva altro che  ad arruolare tra i suoi più stretti collaboratori (familiari, commissari, promotori, consultori, qualificatori ) numerosi allevatori di bestiame sassaresi e tempiesi,  in cambio  di privilegi e guarentigie d’ogni genere e in spregio alle  norme  vigenti in tema di giustizia penale e civile.

Gennaro Landriscina Lay

[i].M. Rassu, Sentinelle del mare, Ed. Grafica Parteolla, Cagliari 2005, pag. 24. Nel 1618  un certo Antonio Lixia (Lissia), di Tempio fu inviato  nel porto di Bosa per organizzare al posto  di Diego de Barçon la  difesa dai corsari  barbareschi

[ii] Josè Camarena Mahiques, La storia di Oliva( Spagna). I Borja e gli Osuna, da contea a città.  in Quaderni bolotanesi, N°25, anno XXV,1999, pag.245-259. Don Carlos de Borja tra la fine di settembre e gli inizi di ottobre noleggiò….17 galere e accompagnò personalmente i moriscos espulsi dai suoi territori al porto di Denia, da dove si imbarcarono per Orano. La casa Borja subì un danno gravissimo da questa espulsione; e la loro situazione finanziaria divenne così angosciosa che re Filippo III per aiutarlo economicamente  non trovò di meglio che nominarlo  vice re in Sardegna dove aveva molti feudi

[iii]A. H. N. Toledo Seccion Nobleza. Fondo Osuna . Legajo 561 n. 2/2-5( carpeta 73 n.9 ) Pergamena di Filippo III in favore di Carlos Borja y Velasco Duca di Gandia nominato per un triennio vicere e capitano generale del Regno di Sardegna( 1610 Giugno 13, Lerma).

[iv]J. Camarena Mahiques, Alle origini della storia di Oliva( Spagna). Il castello di Rebollet e i Carroz, in Quaderni bolotanesi. Anno XXIII 1997n.23, Anno XXIV. 1998 n. 24, Anno XXV, 1999, n.25. La cittadina valenzana di Oliva  fin dal 14-4-1449 aveva collegati al suo titolo di contea, i feudi sardi di Osilo, di Coghinas, dell’Anglona, del Marghine e del Monteacuto. Nella seconda metà del XVI secolo, questi feudi passarono alla famiglia Borja, tramite Maddalena Centelles y Folch de Cardona, moglie di don  Carlos Borja, figlio del IV duca di Gandia, don Francisco Borja y de Aragòn.

[v] G.P. Ortu Il Parlamento di Gandia nella Sardegna di Filippo III CUEC Ed 1990 –CA.  Fray  Francisco, Borja negli anni ‘10    amministrò per  conto del fratello  i feudi dell’Anglona, Marghine, Osilo e.Coghinas, recandosi spesso  a Roma, da suo fratello cardinale Gaspar de Borja, per portare a buon fine le richieste e petizioni dei vassalli sardi

[vi]Miguel Batllori, La familla de los Borjas. Real Academia de la Historia Madrid 1999 pag,78 e seg. .… Il vice re don Carlo Francisco Borja (1573-1632) aveva due fratelli naturales: Rodrigo, primero canonico de Valencia, despuès fraile francescano con el nombre de fray Francesco de Borja misionero  en Mejico desde 1628 y sor Justa de Borja ( clarissa de Gandia).

[vii] G. Tore Il Regno di Sardegna nell’età di Filippo IV ED F. Angeli –MI- 1996 S. Pintus, I vescovi di Fausania, Civita, Ampurias e Tempio, in Arch. Stor. Sardo, Vol.IV, 1908, CA, pag.111;

[viii] G. G. Ortu, Il Parlamento Gandia nella Sardegna di Filippo III. Cuec Ed. Ca 1990. Acta CuriarumRegni Sardiniae.Il Parlamento  del Vicere Duca di Gandia S. Loi,Cultura popolare in Sardegna tra ‘500 e ‘600, AM D Ed., 1998. Arch.  Stor. Sardo V volume XXIV,  pag.195 n. 36.. Quando il vice re presentò il rettore di Bonorva  Jacopo Passamar al re Filippo III in data 12-11-1612  mise  in risalto la sua vita esemplare, la sua cultura e  la sua generosità Ma la  nomina  gli   perverrà  in data 12-8-1613

[ix]Biblioteca Nacional Madrid. Seccion manuscrittos N 18651. Don Carlos Francisco de Borja  ringrazia i consiglieri di Sassari per l’interesse dimostrato in occasione della sua nomina(6 settembre1611- Cagliari).

[x] G.G Ortu, Il parlamento Gandia nella Sardegna di Filippo III. Cuec ed, Ca 1990. Cit Francesco Artea y Vico, nacque  a Sassari circa nel1570.

[xi]  G.G Ortu, Il parlamento Gandia nella Sardegna di Filippo III. Cuec ed, Ca 1990. Pag.19-20. Don Francesco Scano Castelvì  era un commerciante di grano che nel 1614 ricopriva l’incarico di Procuratore dello Stato di Pastrana e di Regidor dello Stato Portugal.

[xii] G. Sorgia, Inquisizione in Sardegna. Cuec Ed., Cagliari, 1991, pag.57-58 J. Pérez,  Breve storia dell’Inquisizione spagnola . Traduzione di Luciana Pugliese. 2006 . Ed. Mondo libri S.p.A., Milano. A. Rundine. Gli inquisitori del tribunale del santo ufficio di Sardegna(1493-1718), in Arch. Stor. Sardo, vol. XXXIX.

[xiii] Arch. Storico Sardo XXXVI, CA 1989, pag. 195 e seg. Nel 1616, l’avv. fiscale regio aveva spiccato un mandato di cattura nei confronti di  don Salvatore Castelvì, con l’ accusa di aver ucciso, insieme a suo fratello  Francesco, la giovane moglie Isabella Aymerich-Bellit ed il  clerigo Sisinnio Serra. Benché fosse un familiare della Santa Inquisizione fu condannato in contumacia alla garrota(19-4-1616). A nulla servirà l’intervento in suo favore dell’arcivescovo di Cagliari, Francesco Esquivel, titolare in quel momento del Santo Ufficio isolano;.

[xiv] Rundine. Gli inquisizitori del tribunale del santo ufficio di sardegna(1493-1718), in Arch. Stor. Sardo, vol. XXXIX.Cit. Arch. Stor.Sardo XXXIX, CA 1998. Studi Storici in memoria di Giancarlo Sorgia. Traduzione Letterale dallo Spagnolo della Relazione del Ritrovamento dei Santi Gavino, Proto e Gianuario, SS 1846, Tip. Arcivescovile, R. Azara, pag. 96 In occasione di una cerimonia religiosa, officiata in data 6-7-1614,  dall’arcivescovo Gavino Manca de Cedrelles e dal vescovo Iacopo Passamar, per celebrare il rinvenimento delle reliquie dei santi Proto, Gavino e Gianuario l’Inquisitore generale , Juan Bauptista Rincon de Ribaldenejra, pur invitato, non aveva voluto parteciparvi, perché non gli era stato assicurato nel palco un   posto adeguato

[xv] Arch. Storico Sardo XXXIX, Ca 1998, pag.244. Dopo la destituzione di Gavino Pintor in data 15-11-1614 e la morte di Gaspar de Benavides Arteaga avvenuta in data 29-11-1614, fu nominato, in data 25-10-1615, inquisitore ad Interim, il vescovo di Alghero, Lorenzo Nieto, un frate benedettino, maestro in Sacra Teologia,  coadiuvato per l’occasione  dall’arcivescovo di Cagliari Francesco Esquivel ( dal 20-6-1605 al 21-12-1624)

[xvi] Studi storici e giuridici in onore di Antonio Era, Cedam, Padova 1963, pag.405

[xvii]Acta Curiarum Regni Sardiniae. Atti del Parlamento(1641-1643) A cura di G. Murgia. Almanacco Gallurese, n°3, 1994-1995, Chiarella, SS, pag. 230-251.  Nel settembre 1641, cinque mesi prima  che Don Fabrizio Doria,  convocasse il parlamento  in data 5-2-1642, il vescovo di Civita Andrea Manca, aveva inviato al Supremo Consiglio di Aragona una lettera-memoriale per ribadire la  richiesta di  celebrare ‘le corti’ ad Oristano per la loro    facile raggiungibilità . Del resto un  altro  memoriale inviato dai notabili sassaresi in data13-9-1641al re  con le  stesse motivazioni , era stato accompagnato da un’altra sua  lettera, nella quale   segnalava    los motivos y combeniencias importantes porque las cortes del Reino de Cerdena, que estan para celebrarse, se hajn de tener en la ciudad de Oristan y no en la de Callerraggiungibile dalla nobleza y caballeros de Sacer”, sia perché “la ciudad de Caller a hecho tan repetidas demostraciones contra los de Sacer y muchos hijos de ella”.

 [xviii]Archivio Historico Nacional. Toledo Seccion Nobleza. Fondo Osuna . Legajo 561 n. 2/6-8 Cedole Regie di Filippo III con le quali viene prorogato per altri tre anni l’incarico suddetto a Carlo Borja(25 marzo 1614. Madrid) n. 2/6-8 Cedole Regie di Filippo III con le quali vengono assegnati 300 ducati d’oro annui per l’incarico suddetto.

[xix] G.G. Ortu, Il Parlamento Gandia nella Sardegna di Filippo III, Cuec Ed., Cagliari 1990. Cit, Pag.17-18

[xx]Miguel Batllori, La familla de los Borjas. Real Academia de la Historia Madrid 1999 . Citpag,78  J.M. Ibars, Los Virrey de Cerdena, Vol. I.  Cedam, Padova 1964, pag.243-245, n. 10.D.na Artemisia Doria era figlia del Principe di Melfi, ammiraglio  Juan Andrea Doria.

[xxi] Bernardo Josè Garcia Garcia La pax Hispnica. Politica exterior del duque de Lerma Leven University Press 1996

[xxii] F. Braduel, Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II. Einaudi Ed. 2002 Vol. I Pag45.Vol. II. Pag. 156, 919-926.Algeri è al culmine della prosperità, dal 1580 al 1620…. città di corsari… di lusso e di arte, molto italianizzante…. Insieme con Livorno, ingranditasi nello stesso modo…. era diventata un grande centro commerciale.

[xxiii] B. Anatra, A. Mattone, R. Turtas, L’età Moderna dagli Aragonesi alla fine del Governo Spagnolo, Jaca Book, Milano 1989, pag.158/163. Con i formaggi, prodotti nel nord Sardegna, venivano riempiti interi Galeoni, per esser esportati in Francia, Spagna ed Italia. La Liguria costituiva uno dei mercati più recettivi, contraddistinta com’era, da una marginale vocazione pastorale e di allevamento. Il basso costo (muy barato) del pecorino sardo, parte essenziale del celebre pesto, il suo elevato contenuto proteico e le sue caratteristiche organolettiche, fecero il resto. Essendo poi particolarmente salato, consentiva ai pastori della  Gallura una esportazione camuffata del sale, a quei tempi costosissimo e ricercatissimo.

[xxiv]  M. Careddu, Storia della Chiesa in Gallura.In La Frisaia. n°90-91. Anno XVIII.

[xxv]G. G. Ortu, Il Parlamento Gandia nella Sardegna di Filippo III. Cuec Ed. Ca 1990.  Pag. 76-77.<Agitate dall’utopia dell’afor general le città sono di nuovo tutte solidali nell’avanzare anche per le carni (e persino per cuoi e i formaggi) la richiesta della taxa, delle provisions e del rifornimento obbligato, ma tanto  deciso il diniego del vice re quanto  compatta stavolta la levata di scudi dei militari e degli ecclesiastici a difesa di quel che resta della natural liberta del vendre y comprar>

[xxvi] R. Turtas La Riforma Tridentina nella Diocesi di Ampurias-Civita in Studi in onore di P.Meloni –SS- 1988.  Ed. Gallizzi. Pag. 233-259

[xxvii] Martin Carrillo, Relacion al Rei Don Philipe Nuestro Senor. Stampata nel 1612, pag. 245  S.Loi, Cultura Popolare in Sardegna tra ‘500 e ‘600.AM.D. Ed. Cagliari 1998, pag.214 n.20. V. Angius, voce Gallura, in G. Casalis, Diz. geogr-stor.stat.-comm.-degli Stati di S.M.. il Re di Sardegna. Vol. II. Torino, 1840. Pag. 161…Stazzii. Tal nome è dato dal luogo dove il pastore fabbricò il ricovero per se e la famiglia, e pose la sua mandria.

[xxviii]M. Rassu, Sentinelle del mare, Ed. Grafica Parteolla, Cagliari 2005.G. Mele , Torri e cannoni. La difesa costiera in Sardegna nell’età moderna . Edes Clio 2000. Filippo II, con una lettera del 29-9-1587, approvò i trenta capitoli proposti dai tre Stamenti dando  il via all’ Administratio del dret del real; .

[xxix] R. Turtas La Riforma Tridentina nella Diocesi di Ampurias-Civita in Studi in onore di P.Meloni –SS- 1988.  Ed. Gallizzi. Cit. Pag. 254-255

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