Presentato ieri a Quartu il rapporto della caritas diocesana nazionale 2014 sulla povertà e l’esclusione sociale. Dati allarmanti e troppo preoccupanti per passare inosservati. La prima giornata delle quattro previste ha registrato un monitoraggio imbarazzante per una nazione evoluta e che dovrebbe avere al primo posto lo stato di benessere dei propri “figli”.
Ecco il rappoorto integrale:
Un record di crescita negativo, l’Italia lo fa registrare per la percentuale di persone in situazione di povertà, che nel 2012 erano il 30,4% (18,5 milioni), al ventunesimo posto nella classifica dei paesi peggiori per quanto riguarda questo indicatore nell’UE a 28. Fra il 2010 e il 2011, nessuno Stato membro ha registrato una crescita dei poveri alta come quella verificatasi in italia. E fra il 2011 e il 2012, solo la Bulgaria ha fatto peggio di noi. Come se non bastasse, mentre in Italia è molto alto il rischio di trovarsi in situazione di povertà, è molto difficile poi uscirne. E una piaga particolarmente grave è quella della povertà infantile, di oltre cinque punti superiore alla media europea, tanto che l’Italia è a rischio di crescita dello sfruttamento del lavoro minorile.
Infine aumentate del 10%, nel nostro paese, le disuguaglianze di reddito fra il 2008 e il 2011.
La povertà aspetta dopo la rottura dei rapporti coniugali, infatti, il 66,1% dei separati che si rivolgono alla Caritas dichiara di non riuscire a provvedere all’acquisto dei beni di prima necessità. Prima della separazione erano solo il 23,7 per cento.
Altre conseguenze della separazione: aumenta il ricorso ai servizi socio-assistenziali del territorio come anche la crescita di disturbi psicosomatici (66,7% accusa un più alto numero di sintomi rispetto alla pre-separazione. Inoltre, la separazione incide negativamente nel rapporto padri-figli: il 68% dei padri (46,3% delle donne) intervistati riconosce un cambiamento importante a seguito della separazione; tra i padri che riconoscono un cambiamento il 58,2% denuncia un peggioramento nella qualità dei rapporti (le madri al contrario riconoscono per lo più un miglioramento).
Tra i separati/divorziati che si sono rivolti ai centri di ascolto della Caritas la gran parte è di nazionalità italiana (85,3%); in termini di genere c’è una leggera prevalenza delle donne (53,5%), rispetto agli uomini (46,5%) anche se si può parlare quasi di un’equa divisione. Il 42,9% è coinvolto in separazioni legali, il 28,1% in separazioni di fatto e il 22,8% in procedimenti di divorzio.
Nel Rapporto un capitolo è dedicato al giudizio della Caritas europea che boccia senza appello la Troika e la politica di austerità imposta da Ue, Bce e Fmi ai paesi travolti dallo Tsunami dei debiti sovrani negli ultimi cinque anni. Il secondo “Rapporto sulla crisi” messo a punto dall’organizzazione cattolica – 114 pagine di analisi sui dati finanziari ed economici dei conti dei cosiddetti Piigs (Italia compresa) – è durissimo. “La politica di austerità non funziona. Serve e presto, un’alternativa”, precisa lo studio. A cinque anni dall’inizio della crisi la disoccupazione è in aumento, 124 milioni di persone (il 25% dei cittadini dei 27) vivono sulla soglia della povertà. Nello stesso tempo i tagli ai servizi sociali riducono molta gente in condizioni molto difficili “colpendo alla fine la parte più debole della società”.
“A Bruxelles continuano a dirci che la crisi è finita – ha raccontato presentando lo studio Thorfinnur Omarsson, portavoce della Caritas -. Ma a noi risulta il contrario. E a pagare il pedaggio più salato alla recessione sono le persone che di sicuro non l’hanno causata”. Come? Il rapporto non lascia dubbi: “L’accesso ai servizi sanitari universali si sta restringendo, con un impatto pesante sulla salute dei cittadini europei. E i paesi in difficoltà sono quelli dove si stanno aprendo i gap maggiori tra ricchi e poveri”. La conclusione è tranchant. La politica lacrime e sangue imposta dalla Troika è “un processo iniquo, sbagliato economicamente e ingiusto”. “L’opposto di quello che prevedeva la strategia di inclusione di Europa 2020”. “Stiamo assistendo a una situazione in cui le disuguaglianze stanno crescendo e si sta creando una classe di nuovi poveri”, ha spiegato Artur Benedyktowitz, responsabile politici sociali della Caritas Ue. Il 20% dei più ricchi d’Europa, spiega il rapporto, guadagna cinque volte quello che entra in tasca al 20% più povero.
Cosa si deve fare ora? Trovare subito una politica alternativa, suggerisce l’organizzazione. “Nessuno dice che non servano riforme strutturali – dice la Caritas -. Ma bisogna implementarle tenendo conto molto di più delle loro conseguenze strutturali”. Le banche – continua il rapporto – “devono pagare per i loro errori. E le colpe delle loro scommesse finanziarie non vanno scaricate sui depositi dei correntisti”. Se non si puiniscono i colpevoli nel mondo della finanza, “si incentiva il comportamento fraudolento”. La Troika ha prestato grande attenzione agli interventi fiscali – prosegue lo studio – monitorandoli un centesimo per uno, ma non ha previsto alcun indicatore della situazione sociale dei paesi sotto austerity.
I suggerimenti: inserire indicatori sociali oltre il rapporto deficit/ pil per valutare la bontà delle riforme, più trasparenza sugli interventi della Troika, più monitoraggio sociologico per le fasce più deboli e un salario minimo ai disoccupati, più findi per combattere la diosccupazione giovanile.
La Caritas in numeri:
2.832 centri di ascolto, 767.144 interventi (di ascolto, aiuto materiale, orientamento e consulenza, segretariato sociale, ecc.) erogati nel corso del 2013 a favore di 135.301 persone o famiglie. E poi 561.525 interventi di aiuto materiale a favore di persone e famiglie in difficoltà erogati nel corso del 2013, presso 128 diocesi italiane, di cui 27.894 interventi di alloggio, 478.104 erogazioni di beni e servizi materiali, 37.832 sussidi economici, 17.695 interventi sanitari. Ancora: 92.484 interventi di orientamento, 3583 prestiti erogati dal 2009 al 2013, nell’ambito del Prestito della Speranza (iniziativa anticrisi Cei-Abi), corrispondenti ad un ammontare di oltre 22 milioni di euro.
E infine 1148 progetti anti-crisi economica delle diocesi italiane, di cui 163 Fondi diocesani di solidarietà e 143 progetti di microcredito per famiglie o piccole imprese.
Per ciò che attiene all’isola, il rapporto della Caritas nazionale indica, come scritto nel titolo, che un terzo dei sardi è in assoluta indigenza