Tempio Pausania, 28 luglio: Martiri o eroi, oggi resta quel che deve essere, “memoria”.

Tempio Pausania, 28 lug. 2017-

Una data è importante, così come qualsiasi giorno straordinario della nostra vita, pur sempre ricordo. Ogni vicenda del nostro passaggio possiede una data e quella del 28 luglio resta tatuata dentro le anime di chi l’ha vissuta, di chi ha perso un familiare, un padre. un figlio, un marito. Di chi ha visto la tragedia materializzarsi sotto i propri occhi, di chi è stato spinto ad affrontarne la minaccia o di chi chi ha dismesso i panni dell’inutile eroismo ed ha scientemente pensato che fosse tutto inutile rischiare la propria vita.

La memoria è intatta, come il fumo e la concitazione di una città sfinita dalla fatica di quei giorni infiniti di lotta al fuoco, di tutti quegli uomini che hanno voluto, da esperti o da perfetti ignari, contrastare qualcosa più grande del loro coraggio e ardimento.

“Dannati– qualcuno lo ha detto-  si nasce, non si diventa”. Esiste un principio imponderabile dell’essere umano che induce a riflettere in ritardo o affatto, che ci trascina nella scarsa razionalità e ci fa agire d’impulso, attraverso istinti distinti che si sovrappongono al pensiero e alla saggezza del nostro abituale comportamento. Tutto è in funzione di qualcosa, le chiamano scelte, azioni che solo a posteriori potremmo valutare. Forse, se quelle vittime potessero tornare in vita, rifarebbero le stesse cose di quel giorno, forse no, forse in noi esiste un disegno prestabilito che ha già tracciato nuvole e strade, felicità e dolore, nascita e morte, il nostro destino.

Mille domande si sono poste per quel giorno fatale, interrogazioni a cui nessuno può dare risposte univoche, perché di unico esiste solo la vita e non il modo di come viverla o interromperla. Le contraddizioni si alternano a ragionamenti che sono logici solo per chi li fa, risultano discutibili per tutti gli altri.

Quelle persone sono state chiamate in cento modi distinti, eroi o martiri, esattamente come succede nella vita di tutti i giorni quando assistiamo a gesta insolite che portano a qualche effetto positivo o infausto. E forse, sono entrambi: eroi perché lo sprezzo del pericolo è atto di coraggio quando lo si attua per salvare qualcuno, martiri e vittime perché anche il coraggio è la consapevolezza che esiste la paura. La paura, questo sostantivo che comporta soggettività estrema nella sua accezione, sinonimo di  codardia a volte, ma in quel caso effetto che scaturisce dalla razionalità del concetto di coraggio, in esso insita.

Erano giovani, eranno coraggiosi, forse forti, certo hanno avuto coraggio e paura, ma restano solo vittime di qualcosa che ha sovrastato, in quelle ore drammatiche, il loro voler difendere il prossimo e quella città.

Per questo resta la memoria, una data indimenticabile che i presenti di allora vivono oggi confusi nelle sirene, tra fumo e cenere, caos e campane suonate ininterrottamente. La memoria che si deve trasmettere a chi non c’era, ai figli, ai giovani, alle future generazioni che oggi dicono che fu tutto assurdo. Come si può morire così?

Il compito di chi ha il dovere di trasmettere la memoria è difficile ma necessario, come necessario sarebbe che, da parte di tutti noi, ci sia sempre gratitudine verso quelle persone, che siano eroi o martiri. Non saranno le corone deposte questa sera a ricordacelo, ma quella collina oggi verde ed incolta, quel canale lontano a valle profondo quanto il dolore di allora. o questo monumento che, asettico come solo è il granito, porta date e nomi scolpiti. Dentro ciascuno di noi, pensiamo non a come si debbano chiamare quei morti, eroi o martiri, ma a preservarne solo il ricordo eterno.

Curragghja non è musica, poesia, letture, messe, ritualità  abituali. Curragghja è una collina che il 28 luglio 1983 era fuoco che  ha ucciso persone, eroi o vittime. Questo resta, questo è stato.

Non esiste separazione definitiva finché esiste il ricordo.
(Isabel Allende)

Antonio Masoni

 

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