Tempio Pausania, Cos’è il dolore, cosa sono le tragedie, il rispetto e le questioni di principio?

Tempio Pausania, 29 lug. 2018-

I social nacquero per separare le nostre coscienze, ripartirle in minuscoli aggregati di materia grigia e amalgamarle con acqua di fonte e melma, dividere ciascuno di noi dinanzi ad oggettive disgrazie. Si legge di tutto, poco di buon senso e troppo di sciacallaggio che punta a colpire il popolo del web per indurlo ad orientarsi verso il proprio pensiero. Omologare significa appiattire su un’idea unica che non per forza è la nostra. Quindi “io rispondo”, “io sono io” e niente e nessuno mi fa cambiare. “Mica sono ipocrita IO!”, che mi innalzo sull’altare della supponenza peggiore e brandisco la mia spada feroce e vendicativa. “E’ una questione di principio!”.

Non importa se si tratta di gioie e di dolori, l’impastatrice che elabora i sentimenti, lavora senza più tener conto degli ingredienti che hanno originato l’impasto. Amalgama tutto, metabolizza in tempo folgore un rapido fastidio che diventa oggettività a tutti i costi. Per tutto è così. Come se non si volesse più dettagliare sulle singole emozioni e discernere tra quel che si pensa e ciò che alla fine si produce, con post lapidari ma feroci, ribadendo ogni volta quanto siamo distinti l’uno dall’altro, quanto siamo “veri”, noi che delle questioni di principio e della verità siamo servitori, costi quel che costi.

Cos’è il dolore di una tragedia? Non è importante quale sia la disgrazia accaduta, se successa 35 anni prima o solo di recente, se si chiama Curragghja o Lavanderia Igea,  per tutto prevale il senso opprimente dell’IO grandioso, il volersi per forza diversificare proponendoci una verità, la nostra, mica quella che a nessuno gliene frega qualcosa. Così leggi commenti su tutto, persino su 35 anni fa quando 9 persone persero la vita e sei a conoscenza che a 8 Km si festeggia una delle tante sagre estive. Bene, anzi nulla di che, a mio avviso, semmai ce la dovremmo prendere con la sensibilità di chi non ha tenuto conto della commemorazione, di un giorno che è dedicato alla lotta al fuoco. E se partecipo alla Sagra del Bovino od a quella del pesce lesso, sono un insensibile uomo dedito alla mangiatoia o posso ancora riservarmi un posticino in paradiso? E un vecchio sindaco che quel giorno era al mare? Un amministratore distratto o uno come quelli delle sagre? Un altro di…quelli che…?

Elaborazioni variegate del dolore, libera interpretazione, pensiero diverso, mica sempre “giù di mannaia” come si usa nei social per acchiappare consenso. Senza rispetto, senza pietà, senza umana comprensione.

Si organizza una raccolta soldi per favorire la ripresa di un’azienda colpita da un rogo. Ma era assicurata? L’IBAN  a chi appartiene? Questi gli interrogativi di taluni, attratti dalla tragedia ma certo non per essa come tale ma per tutte le altre questioni che esulano dalla tragedia in se.

Ci sta tutto? Sino ad un certo punto, direi. Perché se faccio una donazione non mi chiedo ora né mai se questo mio gesto va a buon fine o meno. Lo faccio, punto.  Tutto il resto è facebook, è appiattimento della sensibilità e invade terreni impervi dove ci stanno gli “eroi” mascherati che devono scoprire tutto, anche del dolore più intimo, delle disgrazie più vere. “Certo, però se do i miei soldi o presto la mia opera gratuitamente per contribuire a sostenere il dolore, devo sapere tutto. Se no, ciccia!”. 

Questo è il mondo dei social, qualcuno lo definisce il mondo reale, dove tutti pensano di essere quel che sono nella vita reale. Siamo sicuri? O facciamo un distinguo alla bisogna?

Ne ho parlato al telefono con un amico ieri mattina, entrambi sconcertati per quanto si legge. “Viene voglia di mandare tutti aff…..lo”, mi dice. Concordo, esiste il rischio per qualsiasi cosa della becera strumentalizzazione, specialmente da quando la vita per troppi si è trasferita su una piattaforma virtuale che fa credere  di essere 1+1 e non 1 e basta. 

Cosa serve? Lo chiamano sempre allo stesso modo, BUONSENSO e immersione nelle tragedie, perché questo sono alla fine. 

Forse per il 2019 si eviteranno concomitanze festose e il 28 luglio potrà avere il concorso di altri centri vicini. Forse qualcuno rifletterà sull’abito che ha perso nel fuoco della lavanderia e penserà che dietro la disgrazia ci sono decine di dipendenti che stanno lavorando instancabilmente con i proprietari a rimettere in piedi quanto prima l’attività e magari anche per il suo abito avrà il risarcimento. O magari anche tutti coloro che sono preoccupati se ci sia o meno l’assicurazione sui danni, potrà pensare che si fa prima a starsene sereni e fare una donazione. La vita nel dubbio, è certamente segno di intelligenza, quella nella ottusa convinzione del super io, indica debolezza e insicurezze.

Se si vuole davvero cambiare qualcosa, bisogna cominciare a cambiare sé stessi, andare contro sé stessi fino in fondo. Il massimo impegno civile è l’auto-contestazione (Carmelo Bene).

Antonio Masoni

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