Tempio Pausania, 16 mag. 2015-
Quattro anni fa, l’ingegner Sergio Bartolini, titolare della società Agripower abbandonò il suo tentativo di impiantare una centrale a biomasse in quel di Buddusò. A quel tempo, come certo molti ricorderanno, un intero territorio, aiutato in questo anche da amministratori tempiesi ed esperti ambientalisti (Dottor Migaleddu), supportarono quel referendum dei buddusoini che bocciarono quel piano presunto di rilancio del paese e del territorio.
Il novantasette per cento di loro ha partecipato al referendum popolare e ha detto che nella zona di Sos Canales la centrale non deve essere costruita. Neanche in cambio di centottanta posti di lavoro ed eccellenti ricadute economiche per gli agricoltori di tutta la zona. «La mia posizione è sostenuta dall’intero consiglio comunale – aggiunse il sindaco Giovanni Antonio Satta – E per di più la decisione dei cittadini di Buddusò fu sostenuta da oltre 50.000 abitanti del Monte Acuto e del Goceano ed anche a Tempio e in altri centri sardi»
Perché? Presto detto, si trattava di un piano energetico non sicuro, ed il possibile, quanto certo inquinamento, poteva pregiudicare un ambiente fino a quel momento incontaminato. Le cronache del tempo riportano uno scoramento del tecnico ma non il suo totale allontanamento da quel progetto. Tuttavia una affollata riunione, alla quale partecipai anche io come corrispondente per un’emittente televisiva di Olbia, decretò il definitivo NO.
Qualche tempo prima, nel 2010, l’interesse era su Tempio e la Agro Energetici srl voleva impiantare una centrale a biomasse anche sul Limbara. Quel progetto fu bocciato. I progettisti che avevano fatto uno studio di fattibilità erano veramente arrabbiati perché, si disse allora, in gioco c’erano una cinquantina di posti di lavoro. Quella centrale, fu ampiamente dimostrato, rivestiva interessi che andavano al di là del suo scopo. A molti sembrò una necessità improrogabile dell’allora amministrazione Pintus ma non una vera necessità per la città. Ricordo ancora molto bene che mancavano i dati sui materiali con cui quella centrale doveva essere alimentata. Loro, i sostenitori, parlavano di biomasse, legnatico per il cui approvigionamento bastava ciò che era presente sul monte Limbara. A parte la deforestazione che , a quanto parve allora, era del tutto ininfluente, il legnatico reperibile sul Limbara non sarebbe mai e poi mai stato sufficiente per quella centrale.
La quantità di biomassa che la società dichiara di avviare a combustione annualmente è pari a 120.000 tonnellate, mentre i dati relativi ad altri impianti esistenti fanno ritenere più realistica una quantità annua pari a circa 200.000 tonnellate. Si tratta di un impianto con potenza termica di combustione superiore a 50 MW che pertanto deve essere assoggettato a V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale) e inoltre, come previsto dal D.Lgs 59/2005, deve essere assoggettato ad A.I.A. (Autorizzazione Integrata Ambientale). Infine, sempre in virtù della taglia dell’impianto, l’approvazione dello stesso necessita di consultazione popolare. La società che propone il progetto fa riferimento, per l’approvvigionamento della biomassa a tutta una serie di boschi presenti sul territorio dell’Alta Gallura e più in generale del Nord Sardegna. Purtroppo nessun contratto o lettera di intenti rassicurano sulla effettiva disponibilità del parco legnatico cui la società fa riferimento (come evidenziato dalla Conferenza di Servizi che valuta il progetto). Inoltre, la società individua nei boschi del monte Limbara la fonte unitaria principale di approvvigionamento di biomassa. Peccato che non abbia tenuto conto dei vincoli esistenti; dal più elementare vincolo idrogeologico ai più complessi vincoli connessi al fatto che il Limbara è area S.I.C. (Sito di Interesse Comunitario).
Il “quibus”, dunque, era che la stessa, ad un certo punto della sua attività, doveva per forza essere alimentata da altro. Si parlò allora di rifiuti solidi urbani della vicina discarica. In buona sostanza, dunque, si trattava di un termovalorizzatore che avrebbe provocato danni inestimabili all’ambiente, falde acquifere comprese, e alla salute dei cittadini del terrritorio.
Ora si riparla di Limbara e di trivellazioni geotermiche, parola nuova che in qualche modo incute tranquillità. Cosa sono queste trivellazioni geotermiche di cui una lista che si presenta alle elezioni amministrative parla con tanta veemenza?
L’energia geotermica è energia prodotta da fonti di calore geologiche e fa parte della famiglia delle energie rinnovabili. Il principio di produzione di energia si basa sullo sfruttamento del calore proveniente dalla crosta terrestre, il gradiente geotermico fino a un certo livello varia con la profondità e la temperatura di superficie, ma una volta raggiunta quella che viene definita superficie omeoterma, la temperatura rimane costante per tutto con dei valori ottimali per il suo utilizzo.
Per poter utilizzare l’energia sotto forma di calore prodotto sotto la terra è necessario avere a disposizione:
impianti in superficie – impianti in profondità – impianti a secco – impianti in immersione.
Le conseguenze di tutto questo sconvolgimento del territorio sarebbero rischi ambientali e per la salute umana altissimi, già per le sole attività di ricerca, per la quale vengono utilizzati materiali che quasi con totale certezza inquinerebbero le falde acquifere attraversate.
Se i progetti presentati venissero realizzati si avrebbe uno stravolgimento di metà Sardegna, dal Campidano sino alla Gallura, esattamente la metà, in verticale, dal sud a nord: in funzione di un risultato risibile in termini quantitativi e qualitativi, che si potrebbe ottenere con un impiego infinitamente ridotto utilizzando pannelli fotovoltaici.
Limito questo articolo a quanto finora scritto e lascio a voi il giudizio su due aspetti per me molto strani e coincidenti:
1) Perché ancora il Limbara come ricerca di quell’energia sostenibile esattamente come fu nel 2010?
2) Come mai questa lista mette al centro del suo programma questo aspetto a dir loro fondamentale e non si orienta su fotovoltaico, eolico o altre fonti altrettanto sostenibili e rinnovabili e molto ma molto più convenienti sotto l’aspetto economico?
Preciso che in corsivo sono tratti di articoli apparsi su quotidiani dell’epoca e riportati tal quali.