Tempio Pausania, i falsi miti dell’economia (4). Rubrica a cura di Antonello Loriga.

Tempio Pausania, 24 non. 2014-

antonello loriga

     La flessibilità e il contenimento salariale migliorano la competitività del Paese

 “Senti, sei proprio sicuro che sia questa la nuova frontiera del lavoro?  FALSO!!!

La crescente ricerca di nuovi mercati su cui concorrere, tanto cara alla logica di accumulazione indiscriminata neomercantile e neoliberista, va inevitabilmente a riflettersi sul mondo del lavoro. Ciò non solo attraverso una moderazione salariale al limite della sopravvivenza, ma anche attraverso una ricerca di “flessibilità competitiva” giustificata da esigenze di “eccessivo costo del lavoro”.

Tutti noi quindi sentiamo continuamente ripetere, quasi come un mantra, che “il mercato del lavoro necessita di riforme strutturali che favoriscano da un lato la flessibilità attraverso la deregulation” (cioè l’eliminazione di vincoli legislativi) al solo scopo di contribuire ad una maggiore competività del sistema Paese.

Le politiche economiche attuali, inaugurate in Italia dal governo tecnocratico Monti-Fornero, fondano infatti la loro azione su queste due idee di stampo neoclassico-monetarista:

1) se si pagano troppi stipendi, cioè se si eliminano tutti i disoccupati, allora arriva l’inflazione, cioè ci saranno troppi soldi in giro e il prezzo delle merci salirà troppo e sempre di più;

2) se si abbassano gli stipendi le aziende assumeranno di più.

Ma per abbassare gli stipendi bisogna che sia lo Stato ad abbassare/contenere gli stipendi pubblici, per creare un meccanismo di contenimento/riduzione a cascata (teorema dei primi del Novecento dell’economista inglese Cecil Pigou).

In realtà le analisi che si ricavano dalla lettura del “Rapporto sulla competitività dei Paesi nel mondo”2  ci offrono indicazioni diametralmente opposte. Dalle pagelle agli Stati emerge che tra i paesi più competitivi al mondo ci sono la Svizzera (primo posto), la Svezia (terzo posto), la Finlandia (quarto posto) e la Germania (sesto posto). Paradossalmente quegli stessi Paesi che, nello stesso rapporto, presentano scarsa flessibilità del lavoro, “mercato del lavoro troppo regolamentato”, troppa burocrazia ed inefficienze.

Le tutele e i diritti presenti nei suddetti Paesi sono reputati eccessivi, percepiti come ostacoli ad investire e come fattori che pregiudicano le vendite all’estero (“the most problematic factors for doing business“).

In base al teorema neoclassico, quindi, il Word Economics Forum Global Competitiveness Index avrebbe dovuto bocciare la competitività dei suddetti Paesi perché afflitti, peraltro, dagli stessi malanni dell’Italia che, a sua volta, si colloca, sempre nella stessa classifica, al 43° posto su 193 paesi, dietro Tunisia e Barbados.

La suddetta analisi dimostra, oltre ogni ragionevole dubbio, che la rigidità del mercato del lavoro come causa primaria di perdita di competitività è una pura menzogna, utilizzata ad arte per concretizzare, invece, altri obiettivi non espressamente palesati, come deflazionare l’economia italiana devastando i salari, quindi i consumi, quindi le imprese, per regalare agli investitori internazionali (tedeschi prima di tutto) migliaia di nostre imprese di prestigio con cui fare shopping fortemente sottocosto: le cosiddette “privatizzazioni”, non a caso salutate dall’attuale primo ministro Letta come un grande traguardo. Nel frattempo devastando il miracolo dell’economia produttiva italiana.

Le cause del malessere italico vanno ricercate altrove, proprio dietro a quei meccanismi infernali di recessione/deflazione che, con lo spauracchio della scarsa competitivtà (shock therapy), impongono l’adozione di linee politiche di austerità neoliberiste.

(2) Rapporto Global Competitiveness Index del World Economic Forum di Davos (massima assise mondiale della finanza e dell’industria).

     Il LTRO e il MES servono a rilanciare l’economia europea   FALSO!!!

La BCE (tramite il meccanismo del LTRO) ed il cosiddetto Fondo Salva Stati (MES) dovrebbero, stando alle affermazioni dei tecnocrati dell’Eurozona, essere strumenti di sostegno agli Stati e alle banche (attraverso il meccanismo della ricapitalizzazione), evitare il default e rendere nuovamente le banche stesse il primo motore di crescita dell’economia.

E’ una spudorata menzogna. Vediamo perché.

  1. La BCE inietta liquidità alle banche attraverso il meccanismo del LTRO (operazioni di rifinanziamento bancario a lungo termine), ma questo non si traduce affatto in un rilancio dell’economia.
    Ciò sarebbe possibile qualora le banche fossero obbligate a tornare a finanziare gli investimenti nell’economia reale, in particolare quelli delle imprese. Invece le banche usano i fondi per tutelarsi dai rischi dei loro investimenti finanziari, per acquistare titoli di stato vantaggiosi o per concedere prestiti a tassi usurai. In questo modo il denaro rimane fuori dal circuito dell’economia reale e pertanto non può essere utilizzato dalla popolazione per acquistare prodotti, finanziare progetti, finanziare la spesa familiare, ecc.
    Lo scopo del LTRO è quello di evitare alle banche il fallimento e di poterle accreditare come primo strumento di finanziamento monetario.
    In realtà il processo di finanziarizzazione dell’economia, che si fonda su un’ideologia neoliberista e su assunti errati riguardo al funzionamento della moneta moderna, da un lato fa sì che le banche si tutelino dalle attività di investimento altamente rischiose con continui salvataggi anche a spese dello Stato, mentre dall’altro fa sì che possano attivare azioni speculative su titoli governativi o attraverso la concessione di prestiti (a tassi usurai) su cittadini ed imprese.
    Il mercato così finisce per produrre vantaggi solo per l’economia finanziaria
    controllata dall’1% della popolazione, ovvero dell’élite finanziaria (composta da grandi gruppi finanziari e bancari che partecipano alle aste di LTRO), a danno dello Stato e dell’economia reale (fatta da imprese e famiglie).
  2. Quanto al MES (Meccanismo di Stabilità Economica), non si tratta affatto di un mezzo per ottenere una qualsivoglia “stabilità” economica, ma di un’autentica mostruosità: uno strumento in più, forse il più potente, nelle mani dell’oligarchia finanziaria.
    Presentato volgarmente come “Fondo salva Stati”, esso non è affatto un semplice fondo, ma un organismo intergovernativo permanente, che gode di un regime di assoluto privilegio e immunità e i cui membri non sono sottoponibili a giudizio.
    Esso “aiuta” gli Stati in grave difficoltà economica non con fondi a titolo perduto, ma con veri e propri prestiti ad interesse. E quel che è più incredibile è che si tratta dello stesso denaro versato in precedenza dagli Stati dell’Eurozona!
    Quindi, ricapitolando: gli Stati versano nelle casse del MES dei soldi (l’Italia deve versare in prima battuta 125 miliardi di euro) di cui il MES può fare quello che gli pare, e che poi verranno loro erogati, in caso di necessità, sotto forma di prestiti, che aumenteranno ulteriormente il debito degli Stati “beneficiati”.
    Geniale!
    Ma non basta: questi prestiti vengono forniti in cambio di “rigorose condizioni” da attuare: ovvero brutali condizioni di massacro sociale e riduzioni della propria sovranità statale.

Tutto ciò che si ottiene con questi mezzi di “salvataggio” è la cancellazione di ogni dimensione nazionale e di ogni potere democratico, per arrivare ad una oligarchia europea fondata sul potere del denaro.

     Lo spread dipende da meccanismi automatici, non dalle agenzie di rating  FALSO!

Come abbiamo visto, lo spread rappresenta la differenza di affidabilità tra i titoli di Stato di un determinato Paese, come l’Italia, e quelli di un altro che viene preso a riferimento come il “più bravo”, il migliore tra i diversi Paesi dell’eurozona, che, ad oggi, è la Germania.

Lo spread è anche un indicatore con il quale il “libero mercato” finanziario indica l’affidabilità degli Stati, e non solo.
Alcune agenzie di rating tuttavia condizionano il tasso di interesse dei titoli di Stato in funzione della volontà speculativa di coloro che, guarda caso, ne sono proprietari, cioè le grandi banche internazionali. Le società di rating che emettono il giudizio sono Standard & Poors, Moody’s e Fitch e sono tutte interessate da indagini giudiziarie. Esse appartengono almeno in parte agli stessi gruppi bancari che comprano i titoli di stato influenzati dal loro giudizio.

Più lo spread è alto, più il tasso di interesse con cui lo Stato dovrà rimborsare gli investitori con i quali si indebitta aumenta; di conseguenza il debito pubblico sarà maggiore.

Per appianare il debito il governo alza le tasse, e questo permette alle banche di tenere in piedi il sistema, che prevede il trasferimento dei soldi dalle tasche della gente alle banche stesse.

L’unico modo per uscire da questa spirale perversa è tornare a battere moneta di Stato.

     Il tasso dei titoli di Stato cresce di pari passo con la crescita del debito  FALSO!!!

La TV ti racconta che i Paesi con un debito pubblico più elevato devono pagare tassi di interesse più elevati sui buoni del Tesoro emessi. Sarà vero? Andiamo a vedere.

  • La Spagna ha un rapporto Debito/PIL pari al 60% circa e paga un tasso di interesse di circa il 6% sui Bonos decennali;
  • il Giappone ha un rapporto Debito/PIL che supera il 200% e paga tassi di interesse inferiori al 2%.

Allora, come la mettiamo con la leggenda metropolitana diffusa dalla TV?
Il fatto è che se lo Stato non emette la propria moneta, ma è obbligato a prenderla in prestito, come i Paesi dell’area Euro, sono le banche e i market maker ad influenzare l’andamento dei tassi di interesse, e hanno enormi vantaggi dal fare in modo che i tassi di interesse restino elevati:

  • ottengono infatti, in prima battuta, enormi rendite finanziarie;
  • e in una seconda fase acquistano i beni e i servizi pubblici che vengono privatizzati dagli Stati in difficoltà: già, proprio la “soluzione” annunciata trionfalmente dal governo Letta, che consiste in sostanza nella svendita del proprio Paese al peggiore offerente.

Qui entra in gioco lo spread, il quale, come abbiamo visto, non è altro che la differenza tra il tasso di interesse dei titoli emessi dalla Germania, con scadenza a 10 anni, e il tasso degli stessi titoli emessi da altri Paesi, il che indica la convenienza (rapporto rischio/guadagno) dei titoli dei vari Stati in competizione tra di loro.

Lo spread, come abbiamo appena detto, viene influenzato dal giudizio che le società di rating danno ai vari Stati circa i loro requisiti di solvibilità e le loro prospettive economiche.  Lo spread non dipende da chi governa, con buona pace di Mario Monti che ce lo ha fatto credere per un anno, ma dal fatto che gli operatori del mercato sanno che i Paesi dell’area Euro sono ricattabili, in quanto non si creano la propria moneta e hanno effettivo bisogno di reperire il denaro tramite l’emissione di titoli (bond).

Perciò tali Paesi sono ritenuti inaffidabili, poiché sono davvero nella condizione di non poter ripagare i propri debiti, a differenza degli Stati che emettono la propria moneta.

    I “tecnici” sono stati chiamati per salvare la nostra economia  FALSO!!!

Ma davvero? “Tecnici” come Mario Monti e Mario Draghi, per esempio?

Vediamo un po’ chi sono questi due personaggi.
Mario Monti
ha lavorato fino al 13.11.2011, ovvero fino a 3 giorni prima di essere designato come nuovo capo di governo, per Goldman Sachs, una di quelle banche d’affari che manipolano il cosiddetto “mercato libero”. Nei mercati finanziari è diffusa la voce che sia stata proprio Goldman Sachs a innescare l’ondata di vendite di Btp, poi seguita dagli Hedge fund1 e dalle altre banche d’oltreoceano, che ha fatto impennare lo spread, ha dato il via al golpe finanziario di Novembre 2011 e ha portato alla deposizione del governo Berlusconi, sostituito appunto da Mario Monti.

Curiosa coincidenza, vero?

Mario Draghi era vicepresidente per la “Europe-Goldman Sachs International, aziende e debito pubblico” nel 2000, quando Goldman Sachs aiutò la Grecia a camuffare le perdite di bilancio che poi sono state smascherate dall’Unione Europea e hanno dato il via alla crisi del debito sovrano, gettando la Grecia nel baratro di una crisi mai vista e dando il via alle svendite a prezzo di saldo di tutto il suo patrimonio pubblico e privato.

Altra curiosa coincidenza, vero?

 Gli Hedge fund, detti anche “fondi avvoltoio”, sono fondi speculativi, ovvero fondi di investimento ad alto rischio che, a certe condizioni, possono effettuare tipi di investimento particolarmente spericolati e lucrosi.

     Il debito è colpa dell’evasione fiscale  FALSO!

In un Paese a moneta sovrana il debito non è una “colpa”, ma al contrario è la ricchezza pubblica di tutti i cittadini: il “debito” si trasforma in scuole, ospedali, strade, trasporti, stato sociale. Lo Stato emette moneta per pagare in prima istanza i dipendenti dell’apparato pubblico ed i suoi fornitori. Anche quando emette titoli di Stato, è come se si indebitasse con se stesso.

Le tasse che gli evasori non pagano sono pur sempre soldi che, almeno in parte, rientrano in circolazione sotto forma di acquisti e spese, fanno insomma “girare l’economia”. Sono certamente ricchezza reale sottratta ai cittadini, e rappresentano comunque una forma di concorrenza scorretta verso le aziende ed i cittadini che le pagano, ma è fondamentale comprendere che non impoveriscono uno Stato sovrano: in un Paese a moneta sovrana, infatti, le tasse non servono a finanziare la spesa pubblica: esse servono principalmente a rendere obbligatorio l’uso della moneta sovrana e permettere quindi allo Stato di crearla e spenderla senza vincoli; hanno inoltre altre funzioni, ed è comunque inaccettabile la disobbedienza allo Stato, purché la tassazione sia equa: l’evasione fiscale rimane una pratica riprovevole, assieme alla corruzione ed ai finanziamenti al limite della legalità concessi ad alcune delle maggiori aziende italiane, che facendo leva sul ricatto di liberarsi di migliaia di lavoratori hanno ottenuto finanziamenti a fondo perduto. L’evasione diventa invece un mezzo di sostentamento praticamente necessario nelle realtà minori, quando il peso delle tasse si fa più oneroso o si ha un ridotto livello dei consumi dovuto alla crisi, ed è solo la retorica di regime a farci credere il contrario.

In un Paese senza moneta sovrana come quelli dell’Eurozona, invece, le tasse (come i titoli di Stato) servono proprio a finanziare la spesa pubblica: appunto per questo è stato inserito nella nostra Costituzione il cappio al collo noto come “pareggio di bilancio” (“incasso tot – spendo tot”), garanzia di matematico impoverimento e conseguenza peraltro inevitabile della permanenza nell’euro.

    Il debito è colpa nostra: abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità!  FALSO!!!

Prima di tutto occorre liberarci di un senso di colpa assolutamente assurdo, sul quale i nostri governanti e i media giocano in modo sporco e sleale: non è affatto vero che noi italiani “abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità”: se consultiamo i dati di sintesi del Rendiconto Generale dello Stato dal 2003 al 2011, scopriamo che l’Italia, già dai tempi del governo Berlusconi, ha un surplus di bilancio primario: cioè, se si escludono dai conti dello Stato italiano gli interessi che deve pagare per il “prestito” dell’euro, esso incassa di tasse più di quanto spende per i cittadini.

Inoltre bisogna considerare che la spesa dello Stato, al netto delle imposte, ha costituito, Lira per Lira, tutto il risparmio del settore privato (cittadini, imprese), in quanto si era in condizioni di sovranità monetaria.

Ma, si dirà, ci sono stati sprechi e corruzione. Certamente, nessuno lo nega. Ma analizziamo in problema un po’ più a fondo.

Le problematiche relative agli sprechi sono state solo una stortura del sistema, una conseguenza di scelte politiche che hanno condizionato la redistribuzione delle risorse finanziarie: è stato sprecato denaro pubblico in cambio di voti, con i quali i governi degli ultimi decenni hanno comprato consensi, o nella corruzione, che ha anche prodotto l’aumento dei costi in alcuni settori pubblici come ad esempio quello la sanità, i cui i costi delle forniture sono fuori da ogni norma.

Tutto questo ha generato squilibri, e quindi rimane comunque una pratica riprovevole e da condannare, ma non è il problema principale: non è ciò che sta mettendo in ginocchio la nostra economia, e quindi insistere troppo su questo tasto, come fanno certi “moralizzatori” nostrani, è sempre altamente sospetto, perché serve a distrarre l’attenzione dal problema principale.

Resta il fatto che, fino a prima che entrasse in vigore l’Euro, questo denaro, per quanto mal speso e mal distribuito, è entrato nelle tasche dei cittadini italiani: quel “debito” costituiva di fatto la nostra ricchezza privata, perché eravamo in condizioni di sovranità monetaria.

Oggi invece il debito è veramente un debito, perché, come detto, l’Euro non è moneta sovrana per nessuno, ma è preso in prestito sui mercati dei capitali (e il prestito comporta ovviamente il pagamento degli interessi).

L’Euro, perciò, ci impoverisce e rischia di pregiudicare il futuro dei nostri figli.

Una volta potevamo permetterci di lasciar loro in eredità un gruzzoletto o una casa: oggi lasciamo loro soltanto una montagna di debiti.

    Uscire dall’euro è impossibile!  FALSO!!!

Con una programmazione di circa 6 mesi il ritorno alla Lira è possibilissimo: è infatti fondamentale capire che l’abbandono della moneta unica deve essere attuato in modo ordinato e pianificato, predisponendo le adeguate politiche del dopo-Euro. Inoltre, come fece l’Argentina, potremmo gestire una sana ristrutturazione di quella parte di debito che rimarrebbe ancora denominato in valuta straniera (Euro). I dettagli tecnici del ritorno alla Lira sono stati affrontati in un’apposita pagina, alla quale rimandiamo per approfondimenti.

Uscire dall’Euro è possibile, anche se questo comporterebbe necessariamente, ai sensi dell’art. 50 del Trattato di Lisbona, l’abbandono dell’Unione Europea, come spiegato qui; del resto c’è ben poco da rimpiangere: sono proprio gli assurdi “parametri” economici imposti dall’UE a strangolare la nostra economia, impedendo qualsiasi ripresa: continuando a rimanere nella logica di Maastricht, o peggio ad alimentare illusioni come quella della “riforma dei trattati”, l’Italia si consegna al default (prima) ed alla schiavitù del M.E.S. (subito dopo).

Si noti poi che se un paese di significative dimensioni, come Italia e Spagna, uscissero dall’Euro, sarebbe l’Euro stesso a svalutarsi, e la Lira (o la peseta nel caso spagnolo) potrebbero crescere di valore; ciò decreterebbe con certezza quasi assoluta la fine della moneta unica.
Contrarie al ritorno della Lira sono, non a caso, Francia e Germania, di cui torneremmo ad essere concorrenti grazie al cambio a noi favorevole ed alle eccezionali capacità creative e produttive del nostro Paese.

     Per la crescita non c’è bisogno della spesa dello Stato: bastano le banche  FALSO!

Le banche commerciali possono sì creare moneta dal nulla, ma non “al netto”: se una banca concede un prestito ad un privato, infatti, immediatamente quel prestito crea un pari un deposito sul conto corrente di quel privato (aziende, famiglie…), per cui si tratta di un “gioco a somma zero” (a parte gli interessi). Di fatto NON viene introdotta nuova moneta nell’economia. Il meccanismo di creazione del denaro è spiegato dettagliatamente in questa pagina.

E’ inoltre importante sapere che le banche commerciali hanno la possibilità di erogare credito quasi illimitatamente, per cui le banche non prestano i soldi dei risparmiatori, bensì inventano denaro dal nulla: non sono, come si crede di solito, vincolate alla “riserva frazionaria”. Per approfondire il problema, da cui nascono innumerevoli equivoci, si veda questa pagina.

Ovviamente, prestando denaro e diminuendo le misure di sicurezza necessarie per mantenersi sane, le banche si espongono al rischio di fallimento nel caso in cui i prestiti concessi (che rappresentano l’attivo della banca) risultino inesigibili a causa dello stato di sofferenza dei privati che hanno contratto i debiti con esse: ecco perché dallo scoppio della “crisi economica” abbiamo assistito al fenomeno del salvataggio delle banche (Usa, Islanda, Irlanda, Spagna) a spese degli Stati.

Lo Stato, invece, può creare la propria moneta dal nulla ed immettere ricchezza “al netto” nell’economia, ma SOLO se si trova in regime di “sovranità monetaria”: e cioè non nell’Eurozona.

Uno Stato appartenente alla zona Euro, come oggi l’Italia, non può mai creare moneta dal nulla, ma soltanto prendere in prestito il denaro che spende (ospedali, strade, scuole…) attraverso l’emissione di titoli di Stato sul mercato dei capitali privati (per lo più banche commerciali): questo lo espone al rischio del fallimento (default), esattamente come accade ad un privato. Per ulteriori dettagli si veda questa pagina.

Se lo Stato si trovasse in regime di piena sovranità monetaria, invece, potrebbe creare la propria moneta dal nulla spendendola per i propri cittadini senza alcun rischio di fallimento: perché di fatto, se qualcuno ha un debito con se stesso, quel debito non esiste.

    Lo Stato deve farsi prestare il denaro dalle banche  FALSO!!!

Con la fine dello “standard aureo” nel 1971 (da allora il dollaro non è più convertibile in oro) la frase “stampare denaro” significa al giorno d’oggi semplicemente creare denaro dal nulla (in forma cartacea o elettronica) e senza che esso sia convertibile in alcun bene reale (come invece avveniva con prima del 1971 con l’oro). Che la gente lo sappia o no, il denaro moderno, anche se assume la forma di monete o di banconote, è costituito in realtà da impulsi elettronici. Questo tipo di moneta è detta “fiat”.

Le banche, come spiegato al punto precedente, creano effettivamente denaro dal nulla, ma, poiché lo creano attraverso un prestito (che va restituito), di fatto non si tratta di creazione di ricchezza “al netto”.

“Le banche, potendo prestare denaro quasi illimitatamente, presteranno sempre denaro ad un cliente affidabile dal punto di vista creditizio”, afferma l’economista Bill Mitchell. Oggi, però, in un periodo in cui le banche commerciali avvertono il rischio crescente di non vedersi restituito il credito erogato (il passivo per l’impresa e l’attivo per la banca), esse sono sempre più restie nel concedere credito a imprese e famiglie, che finiscono così con l’essere sempre più sofferenti. Adottano insomma un atteggiamento che in gergo viene detto “pro-ciclico” (tale cioè da assecondare e peggiorare la crisi in atto).

La sola, vera creazione di denaro dal nulla compete allo Stato sovrano: l’unico che possa adottare provvedimenti “anti-ciclici” (tali cioè da contrastare la crisi in atto).

Se, come abbiamo detto, il denaro moderno è costituito in realtà da impulsi elettronici, lo Stato con una piena sovranità monetaria (in grado di emettere la propria moneta “fiat” e non vincolato ad alcun cambio fisso) può emetterlo senza alcun limite prefissato, senza “indebitarsi” con nessuno e senza creare inflazione, a patto che il denaro serva a promuovere la piena occupazione ed il benessere economico dei propri cittadini.

Domandatevi: perché – come avviene oggi nell’Eurozona – la BCE e le banche da essa controllate possono creare denaro dal nulla, mentre uno Stato non può emettere la moneta necessaria al proprio funzionamento e per il benessere dei propri cittadini?

Perché, se esiste oggi un sistema che consente di produrre una quantità infinita di denaro creato dal nulla, dobbiamo delegare questo compito alle banche anziché allo Stato?

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