Tempio Pausania, “La Corte Costituzionale boccia ancora Mario Monti.”, di Marco Mori. Rubrica economica a cura di Antonello Loriga.

Tempio Pausania, 7 nov. 2015-

fonte avv. Marco Mori

Non c’è due senza tre…

thasini

Non c’è due senza tre…

marco mori
Marco Mori

E speriamo che davvero non sia finita qui. Mario Monti è stato ancora bocciato con durezza dalla Corte Costituzionale, che con sentenza n. 216/2015 ha sancito l’illegittimità costituzionale dell’art. 26 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214.

Trattasi della legge che disponeva la prescrizione anticipata della Lira ed il passaggio del relativo controvalore nelle tasche dell’erarioLa sentenza segue le altre due sonore bocciature patite dalla banda di analfabeti costituzionali del Governo Monti, ovvero quella che ha sancito l’illegittimità del blocco della perequazione delle pensioni e quella che ha dichiarato altrettanto incostituzionale il congelamento delle buste paga dei dipendenti pubblici che andava avanti dal 2010.

Nelle motivazioni la Corte ha testualmente affermato che: Nemmeno la sopravvenienza dell’interesse dello Stato alla riduzione del debito pubblico, alla cui tutela è diretto l’intervento legislativo nell’ambito del quale si colloca anche la norma denunciata, può costituire adeguata giustificazione di un intervento così radicale in danno ai possessori della vecchia valuta, ai quali era stato concesso un termine di ragionevole durata per convertirla nella nuova. Se l’obiettivo di ridurre il debito può giustificare scelte anche assai onerose e, sempre nei limiti della ragionevolezza e della proporzionalità, la compressione di situazioni giuridiche rispetto alle quali opera un legittimo affidamento, esso non può essere perseguito senza una equilibrata valutazione comparativa degli interessi in gioco e, in particolare, non può essere raggiunto trascurando completamente gli interessi dei privati, con i quali va invece ragionevolmente contemperato. Nel caso in esame non risulta operato alcun bilanciamento fra l’interesse pubblico perseguito dal legislatore e il grave sacrificio imposto ai possessori di banconote in lire, dal momento che l’incisione con effetto immediato delle posizioni consolidate di questi ultimi appare radicale e irreversibile, nel senso che la disposizione non lascia alcun termine residuo, fosse anche minimo, per la conversione. Né, d’altro canto, lo scopo perseguito imponeva un tale integrale sacrificio, visto che, come si poteva prevedere fin dall’approvazione della norma, per la maggior parte delle banconote in lire corrispondenti al controvalore versato all’entrata del bilancio dello Stato non sarebbe stata chiesta la conversione. La lesione dell’affidamento risulta tanto più grave e intollerabile in quanto la norma censurata, sebbene si presenti formalmente diretta a ridurre il termine di prescrizione in corso, in realtà estingue ex abrupto il diritto a cui si riferisce, senza lasciare alcun residuo margine temporale per il suo esercizio, sia pure ridotto rispetto al termine originario decennale e della cui durata si potesse in ipotesi valutare la ragionevolezza”.

Si è considerato così violato il principio di ragionevolezza dell’art. 3 Cost., riaffermando altresì che l’esigenza di ridurre il debito pubblico non prevale su ogni diritto, specialmente laddove le ragioni di bilanciamento non vengano correttamente esplicitate. Bocciato dunque Mario Monti, ma a chi scrive resta un rammarico.

Ogni volta che la Corte Costituzionale parla di debito pubblico, manca di coraggio. Omette di ricordare che la scelta di finanziare la spesa pubblica sui mercati, scelta che gonfia e rende effettivo il debito, è determinata da decisioni politiche e non dalla fisicaMeriterebbe adeguata motivazione, pena l’incostituzionalità di ogni provvedimento di austerità, la ragione per cui lo Stato non onori le proprie obbligazioni con moneta sovrana. Se la ragione fosse l’inflazione, basterebbe ricordare che oggi essa non esiste e dunque non vi è motivo per colpire duramente la nostra economia, i pensionati, oppure i dipendenti.

Perché allora facciamo sacrifici? Quando la Corte si accorgerà che i sacrifici sono inutili e le cessioni di sovranità sono gravemente illecite, finalmente renderà giustizia al Paese!

Il nemico pubblico numero uno per l’intera umanità è oggi la finanza.

www.studiolegalemarcomori.it

Related Articles