Tempio Pausania, Uscire dalla crisi ed evitare la guerra è ancora possibile, ma bisogna mettere fine all’internazionale del capitalismo, di Marco Mori. Rubrica economica a cura di Antonello Loriga.

Tempio Pausania, 20 feb. 2017-

fonte studiolegalemarcomori.it

Oggi più che mai viviamo nel palcoscenico nazionale ed internazionale lo scontro tra due ideologie contrastanti. Entrambe vengono vendute come dirette al bene comune, ma in realtà una è un mero “fake”, già bandito dalla storia, ma purtroppo riportata in auge da una sorta di ipnosi cerebrale collettiva.

L’ideologia “fake” è oggi avallata da gran parte dei media e da una larga fetta dell’opinione pubblica plagiata da essi, è quella, per intenderci, del “abbiamo vissuto sopra le nostre possibilità”, “non ci sono i soldi”, “tagliamo la spesa pubblica”, “il problema è il debito pubblico” ed altre idiozie similari. Se i cittadini si fidassero dei concetti più logici ed elementari, accettando le soluzioni più semplici, sarebbe facile spiegare i termini del problema nel dettaglio, ma purtroppo non è così. Un prolungato lavaggio del cervello ha determinato una risposta ostile a verità che dovrebbero essere evidenti, almeno quanto quella di affermare che la Terra non è piatta.

Le ideologie che si stanno scontrando sono nello specifico quella“fake-neoliberista”, a cui si contrappone il socialismo di stampo keynesiano. La prima è appunto un mera bugia spacciata per verità, utile unicamente alla tutela del grande capitale finanziario internazionale e del suo potere, la seconda è invece una ricetta democratica per avere pace, benessere e prosperità.

L’Unione Europea aderisce ovviamente alla prima ideologia, quella che sposa un capitalismo palesemente decadente, spiccatamente internazionale, ma fortemente individualistico. In tale modello lo Stato non trova alcun posto e la forte competizione diventa il sacro idolo a cui subordinare l’intera società, dietro il mito della giustizia intrinseca della mano invisibile a cui sacrificare ogni altro valore, vita compresa. Nessuno, se adeguatamente preparato, potrebbe credere a questa colossale sciocchezza, che ha un solo intento, peraltro palesemente politico: subordinare l’intera società al potere di chi detiene il grande capitale.

Per questo modello lo Stato, con la sua sovranità, è un nemico da abbattere perché, volendo garantire diritti ai più deboli e rispondendo alle volontà delle maggioranze popolari, limita per definizione il potere del capitale.

D’altra parte, dalla parte del popolo, c’è invece un gigante del pensiero moderno, qualcuno che se seguito senza più opportunistici tentennamenti, avrebbe la forza e la capacità di cambiare radicalmente la nostra società guidandoci letteralmente in una nuova epoca, parlo ovviamente di John Maynard Keynes. Colui che teorizzò il modello economico poi fatto proprio nella nostra Costituzione, il modello che dunque dovremmo applicare per legge.

Nel modello keynesiano-costituzionale lo Stato deve controllare, coordinare e disciplinare l’economia, così garantendo la piena occupazione. Per farlo ovviamente deve utilizzare la propria sovranità per limitare l’iniziativa privata, quando essa si pone in contrasto con l’interesse pubblico, e parimenti combattere i grandi accentramenti di capitale che diventano per definizione un potere politico. Essi però, non avendo altro fine del profitto, finiscono con il travolgere nel tempo la collettività, scatenando guerre e miseria (artt. 35-47 Cost.).

Solo l’ignoranza diffusa su temi economici, diffusa anche tra i magistrati della Corte Costituzionale, anch’essi vittima di un lavaggio del cervello generale e continuo che li ha indotti a credere nell’ideologia liberista, oggi ha consentito a questo modello d’imperare, riportando il mondo ad un passo dal conflitto, proprio come avvenne nel ventesimo secolo. In sostanza mentre le “sole” europeiste vi raccontano che l’Unione ha portato la pace, in realtà il mondo, proprio a causa delle politiche che l’Unione porta avanti, non è mai stato così vicino ad un nuovo conflitto, che stavolta, a causa del progresso tecnologico, potrebbe addirittura portare all’estinzione della nostra specie.

Basta leggere qualche riga dei lavori di Keynes per capire come sia indispensabile cambiare rotta immediatamente e come il suo ragionamento sia immune da ogni possibile critica. Prendiamo stavolta spunto, non dal più volte citato saggio breve “Autarchia economica” del 1933, ma da un lavoro ben più “massiccio”, ovvero la “Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta”, opera redatta nel 1936. Dunque parliamo di uno scritto che risale a pochi anni prima che le politiche neoliberiste ci condussero al secondo conflitto mondiale.

L’opera è ricca di spunti, e per questo vi voglio sottolineare alcune citazioni.

I difetti più evidenti della Società economica nella quale viviamo sono l’incapacità a provvedere la piena occupazione e la distribuzione arbitraria della ricchezza”, quanta incredibile attualità in questa affermazione di Keynes! Oggi abbiamo enorme masse di disoccupati e un accentramento della ricchezza nelle mani di pochissimi. Cinque persone appena detengono il 50% della ricchezza mondiale, l’1% della popolazione ne detiene addirittura il 99%. Molte multinazionali hanno da sole fatturati superiori al Pil di più nazioni sommate tra loro.

Questa diseguaglianza è l’antipasto della tragedia che verrà, se non sapremo intervenire come il grande pensatore (chiamarlo economista sarebbe maledettamente riduttivo) ricordava: “la guerra ha parecchie cause (omissis…). Ma al di sopra di ciò, a facilitare il loro compito e ad alimentare la fiamma popolare, vi sono le cause economiche della guerra”.

Keynes spiega la sua ricetta. Essa è l’adozione di investimenti pubblici nell’economia per sviluppare la domanda interna, e viene spiegata con una chiarezza ed una logicità davvero disarmanti: “In un sistema interno di laissez-faire e con un sistema aureo internazionale, come era conforme all’ortodossia nella seconda metà del diciannovesimo secolo, un governo non aveva alcun mezzo disponibile per mitigare la depressione economica all’interno salvo la lotta di concorrenza per la conquista dei mercati”.

In vigenza del sistema aureo, ovvero dell’impossibilità per gli Stati sovrani di creare liberamente moneta, la situazione era completamente analoga a quella che abbiamo scelto di ripercorrere anche oggi con l’euro. Ovvero regole che impediscono allo Stato di attuare politiche espansive, perché esso non può creare moneta dal nulla per investimenti sociali, né può fare deficit. Eppure questi investimenti sarebbero l’unica soluzione possibile per mettere fine alla crisi economica: “ritengo perciò che la socializzazione di una certa ampiezza dell’investimento si dimostrerà l’unico mezzo per farci avvicinare alla piena occupazione”, ricordava Keynes.

Ieri, come oggi con l’euro, il sistema aureo era unicamente un metodo per garantire il potere di determinati soggetti a discapito di altri, rinchiudendoli in una sorta di prigione fantasma, causata unicamente dall’ignoranza di chi non riesce a comprendere la situazione nel suo insieme. Per questo Keynes rivendicava l’importanza, anche e soprattutto per la pace, di nazioni in grado di gestire da sole, all’interno dei propri confini, la piena occupazione, ed infatti scriveva: “ma se le nazioni possono imparare a crearsi una situazione di piena occupazione mediante la propria politica interna, non è più necessario che forze economiche importanti siano rivolte al fine di contrapporre l’interesse di un paese a quello dei suoi vicini”.

Ed ancora, solo così: il commercio internazionale cesserebbe di essere quello che è attualmente, un disperato espediente per preservare l’occupazione interna forzando vendite di merci sui mercati stranieri e restringendo gli acquisti – metodo che ove avesse successo, sposterebbe semplicemente il problema della disoccupazione nel vicino che ha la peggio nella lotta – ma sarebbe uno scambio volontario e senza impedimenti di merci e servizi in condizione di vantaggio reciproco”.

In sostanza laddove non puoi intervenire con investimenti pubblici per potenziare la domanda interna e dare occupazione ai tuoi cittadini, non resta che ottenerla sul mercato globale, ma laddove anche gli altri sono vincolati al dogma dell’inutile contabile, la piena occupazione di una nazione passerà sempre per la distruzione del suo vicino. Sembra la storia dell’Unione Europea, ogni Stato non può attuare politiche espansive, ma deve recuperare la moneta che non può creare dal nulla dalla vendita di merci all’estero, in una battaglia fratricida tra Stati vicini, in cui la corsa sarà verso l’abbattimento del costo del lavoro per vendere merci a basso costo. Questa è la famosa competitività voluta da Maastricht in poi…

Tutto questo perché si seguono idee demenziali di una classe di “economisti” che, o per malafede o per ignoranza (tanti sono proprio stupidi e basta), hanno seguito il dogma del sistema aureo creando una teoria economica su di esso: le idee degli economisti e dei filosofi politici, così quelle giuste come quelle sbagliate, sono più potenti di quanto comunemente si ritenga. In realtà il mondo è governato da poche cose all’infuori di quelle. Gli uomini della pratica, i quali si credono affatto liberi da ogni influenza intellettuale, sono spesso gli schiavi di qualche economista defunto. Pazzi al poterei quali odono voci nell’aria, distillano le loro frenesie da qualche scribacchino accademico di pochi anni addietro”.

Proprio oggi che il sistema aureo non esiste più, che la moneta può essere emessa senza limiti quantitativi, tornando ad essere un mero strumento di scambio di beni o servizi alternativo al baratto, abbiamo visto un tentativo di restaurare il vecchio meccanismo fallimentare tramite norme giuridiche, appunto i trattati europei. Essi hanno nuovamente imposto il sistema capitalista, ancora una volta internazionale ma individualista, che fu già la rovina di tanti popoli.

Oggi basterebbe davvero poco per cambiare le cose, l’adozione di politiche espansive dirette alla piena occupazione all’interno di ogni singolo Paese metterebbe immediatamente fine alla follia della competitività e dunque alla crisi economica. Consentirebbe altresì di improntare nuovamente i rapporti commerciali internazionali alla solidarietà ed al reciproco vantaggio, eliminando i rischi di un nuovo conflitto, che con le attuali politiche è imminente.

Tutto questo non piacerà a chi detiene il potere, a quell’uno percento di popolazione che ha in mano la ricchezza mondiale, ma visto che la maggioranza siamo noi, avremo solo cura di consentirgli di concludere le proprie vite serenamente, purché non ostacolino il ritorno ad un sistema economico normale che persegua l’interesse pubblico.

Se non accetteranno, stavolta sarebbe intelligente che le masse non si facciano condurre verso la reciproca distruzione con una guerra che non avrebbe altro senso che preservare il potere delle oligarchie dominanti.

Il problema di tutto questo è spiegarlo alle masse di circuiti che infestano la nostra società e la nostra politica, esse principalmente rifiutano con ardore la concezione innegabile della moneta-strumento. Proprio le masse a cui hanno fatto credere che le federazioni di Stati sono uno strumento di pace. Ancora una volta l’invito è a studiare e all’uopo casca a pennello una citazione di quel von Hayek che fu la controparte liberista con cui si trovò a duellare proprio Keynes.

Anzi per la verità siamo nel campo di una citazione della citazione, che von Hayek riportò nel suo libro “La via della schiavitù”, citazione attribuita a Lord Acton un cattolico liberale britannico: di tutti i contrappesi della democrazia, la federazione è stata il più efficace e il più congeniale (omissis…). Il sistema federale limita e modera il potere sovrano, dividendolo e assegnando al governo solo alcuni diritti definiti. E’ il metodo per frenare non solo la maggioranza ma il potere di tutto il popolo.

Ma guarda un po’… Ed ancora, citando infine Maurice Allais, fisico ed economista francese nobel nel 1988: se gli Stati rimangono sovrani, gli ostacoli al libero scambio di merci, persone e capitali rimarranno potenti. E’ un grande errore non comprendere che il liberalismo implica una visione internazionale. Ancora per qualche tempo vi saranno Stati separati. La federazione europea non può essere realizzata d’un colpo”.

Che meraviglia la globalizzazione del capitale, spacciata per unico mezzo per preservare la pace… Ma la Terra non è piatta e capirlo non dovrebbe essere poi così difficile leggendo tutto questo… Ma voi cari amici, dovete aiutarmi diffondendo questi contenuti.

P.S. grazie a Dario Zamperin per il suo incessante lavoro di ricerca.

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