Tempio Pausania, “A cosa servono realmente le tasse”, da CSEPI (Centro Studi Economici per il Pieno Impiego), Rubrica ecomoca a cura di Antonello Loriga.

Tempio Pausania, 30 ott. 2015-

“Siamo esattori per conto dello Stato». Questo è il grido disperato di alcuni sindaci ormai stanchi di dover assolvere all’ingrato compito di meri “esattori” per conto dello Stato. Una veste che li pone, agli occhi dei cittadini, come dei vampiri costretti a succhiare il “sangue” (soldi) della comunità al fine di soddisfare i sempre più onerosi bisogni della collettività, a fronte di risorse finanziarie che sono sempre più scarse. Questa “scarsità di denaro” costringe gli amministratori a dover effettuare tagli su tagli, garantendo sempre meno quei servizi essenziali necessari affinché un Comune possa adempiere regolarmente alle sue funzioni fondamentali: una situazione che possiamo davvero definire esasperante. Ma cosa ha determinato tutto ciò? Per rispondere a questa domanda abbiamo preparato un manifesto esplicativo che, speriamo, possa creare una consapevolezza in grado di spingere, soprattutto gli amministratori locali, ad una seria e profonda riflessione politica ed economica. Ma prima di leggerlo vogliamo rivolgervi un semplice appello: un approccio completamente aperto, scevro da ogni pregiudizio o dogma, soprattutto economico, che la cultura neoliberalista dominante ha volutamente ed erroneamente inculcato nella nostra società, vi aiuterà enormemente nella corretta comprensione dei contenuti del documento che vi stiamo presentando. Grazie.”

Fonte CSEPI

IMPOSTE E TASSE COMUNALI

IMU, TASI, TARI, Tarsu, IUC… sono acronimi che identificano le imposte e le tasse locali con le quali ognuno di noi, prima o poi, è costretto a fare i conti. Figurano come “entrate” per il bilancio comunale, cioè delle somme di denaro che l’ente prevede di in- cassare (introitare), a vario titolo, riscuotendole dai contribuenti (in questo caso i resi- denti). Rappresentano una risorsa che il Comune ha a sua disposizione per il “finanzia- mento” delle spese di gestione ed eventuali investimenti che s’intendono realizzare sul territorio. Tra le “entrate” vi sono anche i trasferimenti provenienti dalla Regione, dallo Stato o altri enti pubblici.

IMU

TARI

PRIMA                                       TASI

CASA                                     TARSU

IUC

  LE FUNZIONI DI UN COMUNE

Un Comune, di norma, ha una serie di funzioni fondamentali:

 

–   organizzazione generale dell’amministrazione

–   gestione degli aspetti legati al bilancio

–   organizzazione dei servizi pubblici, incluso il trasporto pubblico

–   pianificazione urbanistica e edilizia

–   pianificazione dell’attività di protezione civile

–   coordinamento dei primi soccorsi

–   organizzazione e gestione dei rifiuti urbani

–   servizi sociali ed erogazione delle relative prestazioni ai cittadini

COMUNE  – organizzazione e gestione dei servizi scolastici

–   polizia municipale e polizia amministrativa locale

–   tenuta dei registri di stato civile e di popolazione

–   compiti in materia di servizi anagrafici

–   nonché in materia di servizi elettorali e statistici

–   etc…

 

Come vedete le funzioni fondamentali di un Comune sono tante, che si concretizzano in servizi rivolti alla comunità. Affinchè questi servizi possano essere finanziati ed erogati, il Comune riscuote dei tributi dai cittadini residenti o riceve trasferimenti dagli enti gerarchicamente sovraordinati (Regioni e Stato), le cosiddette “entrate” sopra menzionate.

Ora, fermiamoci un attimo e ragioniamo su alcuni concetti

Da quello che avete letto sopra sembrerebbe che le imposte e le tasse (da ora per semplicità useremo il termine “tasse”, per descrivere in generale le entrate sottoforma di prelievo fiscale) finanzino in via esclusiva la spesa di un ente pubblico come può essere un Comune o lo Stato. Ma… è esattamente così?

Iniziamo a porci un questito: Quale la vera funzione della tassazione?

Per comprendere ciò è assolutamente importante capire cosa sia il denaro, più precisamente cosa sia la “moneta”.

Premessa. Il 15 agosto 1971 il presidente statunitense Richard Nixon, annuncia la sospensione della convertibilità del dollaro in oro. Nel dicembre del 1971 si mise fine agli accordi di Bretton Woods, svalutando il dollaro e dando inizio alla fluttuazione dei cambi. Nel febbraio del 1973 ogni legame tra dollaro e monete estere venne definitivamente reciso e lo standard aureo fu quindi sostituito da un ‘non sistema’ di cambi flessibili. Nacque così la MONETA FIAT, una moneta creata dal nulla dallo Stato (sovrano). Si dice fiat (dal latino fiat=“sia fatta”) una moneta che rispetta tutte le tre seguenti condizioni: 1. E’ SOVRANA: il proprietario è lo Stato, che la emette in regime di monopolio; 2. NON E’ CONVERTIBILE: lo Stato non promette di convertirla in oro o altri beni; 3. IL SUO TASSO DI CAMBIO E’ FLUTTUANTE contro le altre valute, cioè è scambiata con altre valute con un tasso stabilito sul mercato come incontro di domanda/offerta. Ma cos‘è in realtà una moneta? La moneta è un’unità di conto, cioè: non può essere vista o percepita; è una mera “rappresentazio- ne” creata dall’uomo; è un concetto astratto (come il “metro”, il “kilogrammo” o il litro”); in ogni nazione moderna la moneta unità di conto è scelta dal Governo nazionale. Come monopolista ed emittente di una valuta “fiat”, di per sé priva di valore, lo Stato NON HA bisogno dei soldi della popolazione (attraverso le “tasse”) per poter spendere. Ciò di cui lo Stato ha bisogno è che la cittadinanza accetti i suoi “pezzi di carta” altrimenti privi di valore. E come fa uno Stato ad imporre e a far accettare una determinata valuta? At- traverso la tassazione! IMPORTANTE: il ruolo della tassazione, in realtà, è completamente differente rispetto alla concezione macroeconomica che normalmente si apprende sui libri di testo canonici. Lo Stato impone delle tasse nella propria valuta, questo implica che ognuno di noi è costretto a procurasi questa moneta, lavorando e guadagnandola, per onorare i pagamenti verso lo Stato (pagando appunto le tasse). Le tasse hanno pertanto la funzione di creare una domanda teorica di moneta. Per uno Stato sovrano, che emette la propria valuta, le tasse (entrate) non sono indispensabili per finanziare integralmente la spesa pubblica (uscite), ed anzi un deficit pubblico genera un surplus per il settore non governativo (cioè il settore privato, costituito da famiglie e aziende).

1° schema

2° schema

A Questo punto ritorniamo alla dimensione comunale (parte importante soprattutto per gli amministratori comunali

Avendo compreso la reale funzione e natura delle “tasse” possiamo, ora, applicare pertanto i concetti espressi sopra circa la “tassazione” e la “spesa” anche a livello comunale, poichè i principi contabili sono gli stessi, essendo il Comune parte integrante dell’amministrazione pubblica. Sia le entrate che le spese sono divise in conto corrente e conto capitale. La parte in conto corrente raggruppa quelle voci di entrata o di spesa che si riferiscono all’esercizio in corso e che fanno propriamente capo alla gestione dei servizi e al loro funzio- namento. Si contrappongono alla parte in conto capitale che invece si riferisce agli investimenti e al loro finanziamento nel lungo termine. Infine, entrate e spese, sono ulteriormente suddivise in capitoli secondo uno schema, che permette di identificare la tipologia di ciascuna entrata o spesa e la loro provenienza. Per ogni capitolo viene definito lo stanziamento ovvero l’ammontare dell’entrata o della spesa prevista. Quando un Comune deve ‘spendere’, impegnando una certa cifra di denaro per un servizio rivolto alla collettività non fa altro che controllare se nel suo conto di tesoreria sono presenti i soldi necessari, quindi effettua una serie di operazioni per verificare la presenza di un saldo positivo tra i crediti (residui attivi) ed i debiti (residui passivi) e se vi sia un avanzo di amministrazione (fondo cassa, la parte di ricchezza che, risparmiata in un esercizio, può essere applicata all’esercizio suc- cessivo). Senza entrare nei dettagli contabili della gestione del bilancio comunale, vediamo cosa succede quando un Comune non ha le risorse finanziarie necessarie per effettuare le sue spese. In altri tempi se un Comune aveva un disavanzo (deficit) di bilancio, cioè spese (-) maggiori delle entrate (+), questo disavanzo era coperto finanziariamente dai tasfe- rimenti statali. A partire dal 1997 l’Italia adotta un meccanismo di coordinamento della finanza pubblica tra i diversi livelli istituzionali (il Patto di Stabilità “interno”) con l’obiettivo di di- stribuire su tutti i livelli in cui si articola la pubblica amministrazione lo sforzo derivante dalla necessità di rispettare i vincoli fiscali imposti dall’appartenenza all’Unione Monetaria Europea (il Patto di Stabilità “esterno”). In sostanza, il Patto di Stabilità interno è pertanto uno strumento per far partecipare tutte le amministrazioni pubbliche non-statali (quelle locali in primis) agli obblighi di finanza pubblica che l’Italia deve rispettare in sede europea. Il Comune, quindi, è costretto per le ragioni di cui sopra a dover in qualche modo reperire (incassare) quei soldi necessari per le sue spese poichè ora lo Stato gli trasferisce sempre meno risorse finanziarie, proprio in virtù di questi vincoli. E‘ evidente che tutto ciò comporta un disagio enorme sia per gli enti locali sia, maggiormente, per la comunità sulla quale ricade l’onere di “sovvenzionare” l‘amministrazione locale con le tasse e le imposte. Quali ripercussioni ci sono? Le amministarzioni locali (i Comuni in particolare) non riusciranno più ad assolvere il loro compito istituzionale che, in sostanza, si concreti- za nel soddisfacimento dei bisogni della popolazione residente. Quindi ci saranno sempre più maggiori entrate sottoforma di imopste e tasse e sempre più onerose. Il Comune è stato de facto trasformato in un mero esattore delle tasse, sacrificando la sua funzione sociale poichè come se fosse una normale azienda privata (ma non lo è, poichè è un ente pubblico!) anche il Comune sarà costretto, per reperire le risosre finanziarie e per far “quadrare i conti”, a dover incassare (entrate) di più o a effettuare pesanti tagli di bilancio. Con l’UEM, i suoi trattati e i suoi vincoli, lo Stato ha perso la capacità di emettere una sua propria moneta (non è più monetariamente sovrano) con ripercussioni gravissime anche su gli enti locali e di conseguenza sui cittadini.

L’appello che noi rivolgiamo agli amministratori locali, pertatnto, è quello di prendere seriamente coscienza di questa situa- zione e di iniziare a capire che una corretta comprensione della macroeconomia, dei principi di contabilità nazionale ed in particolare la comprensione delle dinamiche che intercorrono tra i finanziamenti dello stato ed il settore privato, posso realmente salvarci da una situazione ormai al collasso che la recente crisi economica sta met- tendo sempe più in evidenza. Individuare nuovi percorsi alternativi, rendere consapevoli i cittadini, obbligare la classe dirigente italiana ed europea al confronto con idee innovative non può che apportare un sostanziale e radicale cambiamento dell’attuale paradigma.

CSEPI

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