Tempio Pausania, « Le Poste Italiane hanno finalmente risposto ma… ». La vicenda della pensionata tempiese a cui hanno tolto la pensione di invalidità

Tempio Pausania, 18 apr. 2018-

Maria Elisa Farina

Certo non era quanto si aspettava la signora Maria Elisa Farina, la pensionata invalida civile a cui è stata sospesa la pensione per il mancato ricevimento della raccomandata dell’INPS con cui era stata chiamata a visita di revisione. Una storia che di questi tempi, per certi versi paradossali in quanto siamo tecnologici anche noi cittadini così come il mondo che ci circonda. Come molti ricordano (link all’articolo precedente e all’intervista video), la signora attende da ben 19 mesi la sua pensione di invalidità che l’INPS non intende pagarle perché mancava una “pezza” giustificativa delle Poste Italiane, responsabili del mancato recapito della raccomandata con cui la signora veniva chiamata a visita di revisione dall’Istituto di Previdenza Sociale.

Le poste hanno risposto in seguito forse al battage della stampa scritta e di quella in rete che ha divulgato questo caso in cui esistono delle responsabilità ben precise da parte delle Poste Italiane che hanno incassato la botta ma non hanno voluto esprimere altro se non formali scuse a loro discolpa.

Il testo della lettera delle Poste:

« Tutto per una raccomandata non inviata, come si evince dalla risposta avuta dalle Poste il 5 aprile scorso – ci dice la signora Farina – e senza nemmeno il modulo che attesta che il postino è passato ma non eravamo in casa. Le Poste si assumono tutta la responsabilità dell’accaduto ma, come potete leggere, non intendono rispondere dei danni del mancato recapito. Una pacca sulla spalla e via? ».

Dello stesso tenore la dichiarazione del consorte della signora Farina, ex portalettere, il signor Gianni Alias che rincara la posizione della moglie mostrando determinazione ad andare avanti.

« Mia moglie percepisce la pensione dal 1996, ma come avviene per le invalidità civili, viene chiamata a visita dall’INPS per la verifica del grado di invalidità. Certo siamo stati danneggiati, perché ricevere dall’INPS un messaggio dove si dice che la pensione di mia moglie era stata sospesa perché lei era stata chiamata alla verifica e non si era presentata, suona come una beffa. Chiaro che non poteva andare a visita non avendo avuto la comunicazione contenuta in quella raccomandata mai pervenuta a casa e tornata indietro (dal 12 ottobre 2016, data di arrivo all’ufficio di Tempio, in giacenza  per un mese e poi rimandata indietro il 12 novembre sempre del 2016). Come poteva sapere mia moglie di questa raccomandata che aspettavamo da giugno dello stesso anno come ci era stato detto all’INPS?. Mi sono trascinato da un ufficio all’altro, abbiamo fatto reclami come ci è stato detto alle Poste. Primo reclamo nessuna risposta, secondo altrettanto con lettere allegate dell’avvocato, terzo reclamo e anche querela dai Carabinieri perché la risposta è d’obbligo da parte delle Poste. L’avvocato del Patronato degli Invalidi Civili scrive a Roma. La risposta arriva a casa il 13 aprile di quest’anno, appena 5 giorni fa (vedi la risposta in alto), dopo ben 1 anno e 7 mesi. Ma si rende conto? Nessuno vuole crederci ma io mi sento preso in giro proprio dalle Poste dove ho lavorato per una vita. Assurdo!».

« E se ne escono con questa raccomandata – continua Gianni – che le ho fatto vedere? Ma scherziamo? Ma hanno minimamente sentore del disagio e delle spese che abbiamo sostenuto per 1 anno e 7 mesi? Si rendono conto che a noi delle scuse non ci interessa nulla e che andremo avanti con le Poste Italiane e con questa gravissima mancata gestione di una semplice raccomandata? Se non sono stati in grado di gestire un servizio importante come quello del recapito, sono in grado di gestire i nostri piccoli risparmi? Ed ecco perché abbiamo tolto tutto dalle Poste, tutti i conti compresi quelli dei nostri figli. Il mio non  è solo rammarico ma vera rabbia certo amplificata anche dal fatto che io alle Poste ho lavorato una vita».

Rabbia, rancore non solo per le motivazioni che legano il marito alle Poste ma soprattutto perché si è commessa una mancanza di servizio e un’estrema leggerezza nella mancata risposta ai  reclami anche dinanzi – ed è scritto nella lettera di qualche giorno fa in risposta dalle Poste – ad una riconosciuta ammissione di colpa. 

L’augurio, come ci hanno anche detto i coniugi, è che l’INPS davanti a questa “pezza” delle Poste Italiane provveda a chiamare la signora e le riconosca anche gli arretrati di questi 19 mesi di mancata corresponsione della pensione. Per quanto riguarda la questione con le Poste certo non finirà così, come ci ha precisato Gianni, ma questa è un’altra storia di cui si occuperanno i legali.

Certo che, a ben vedere l’insieme di questa vicenda e anche qualche altra segnalazione che ci è stata inviata, il recapito della corrispondenza non sta funzionando al meglio e come già scritto nel precedente articolo sulla storia della signora Farina, le colpe non stanno negli sportelli o nell’inefficienza dei portalettere, a dire il vero esemplari, ma nel servizio di smistamento che da qualche tempo è stato privatizzato in Italia e da quel che pare non gode di una buona etichetta. 

«Eravamo abituati meglio quando non esisteva tutto l’aiuto che la tecnologia ci offre – conclude Gianni – e il servizio lo effettuavamo al meglio perché sentivamo tutto il peso della responsabilità che un recapito postale deve avere».

Antonio Masoni

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