Aggius, 15 aprile 2014-
Riceviamo e pubblichiamo volentieri una foto della tradizionale “Chitasanta” così come vissuta nel paese di Aggius. Grazie a Gavino Minutti (sardegna blogger) per averci inviato queste parole e questa foto.
Chitasanta trae origine dai riti tradizionali – derivati dalla cultura spagnola – risalenti al seicento.
Aggius ripropone – come ogni anno – l’insolita e singolare fiaccolata del Mercoledì, antica processione che – col calar della notte – si snoda nella casba del paese oscurato dai lampioni spenti.
Il tortuoso cammino, schiarito dalle fioche torce appese ai muri delle case di pietra e dai ceri disseminati, è segnato dalle 14 croci lignee nerofumo, che svelano le stazioni della passione dell’Uomo.
In passato – al vero non remoto – erano le confraternite a condurre questa singolare Via Crucis, una sorta di para liturgia dove non era prevista la presenza dei sacerdoti celebranti. Oggi – fattasi liturgia – ci sono entrambi – sacerdoti e confraternite – assieme ai cori e ai molti giovani a cui sono affidate le letture.
Il percorso è quello del Cristo caricato della croce che giunge al Golgota – “luogo del cranio” – dove trapela il tumulo di Adamo – simbolo dell’umanità – in attesa del sangue, scaturigine dell’uomo nuovo.
Credenti o no, Mercoledì di Chitasanta, è un’esperienza che esorto a consumare, vivere una volta, almeno.
Per chi l’acchiappa giusta, è una vertigine metafisica, è una trascendenza.
Questo cammino tra i vicoli di un antico paese, sorregge il coraggio, aiuta – per un ora – ad abbandonare la rassicurante cecità che ci fa credere che la nostra esistenza sia qualcosa di più di uno specchio deformato a cui affidiamo il compito di essere annichilita.
Mercoledì di Chitasanta – poi – se di quelli che la notte ha cucito addosso un vestito d’ombra, tanto da coprire a sprazzi il plenilunio, la suggestione accresce a dismisura e oltre, se accompagnata dal soffio del maestrale che scivola gelido dal serto dei monti.
Aggius ripropone – come ogni anno – l’insolita e singolare fiaccolata del Mercoledì, antica processione che – col calar della notte – si snoda nella casba del paese oscurato dai lampioni spenti.
Il tortuoso cammino, schiarito dalle fioche torce appese ai muri delle case di pietra e dai ceri disseminati, è segnato dalle 14 croci lignee nerofumo, che svelano le stazioni della passione dell’Uomo.
In passato – al vero non remoto – erano le confraternite a condurre questa singolare Via Crucis, una sorta di para liturgia dove non era prevista la presenza dei sacerdoti celebranti. Oggi – fattasi liturgia – ci sono entrambi – sacerdoti e confraternite – assieme ai cori e ai molti giovani a cui sono affidate le letture.
Il percorso è quello del Cristo caricato della croce che giunge al Golgota – “luogo del cranio” – dove trapela il tumulo di Adamo – simbolo dell’umanità – in attesa del sangue, scaturigine dell’uomo nuovo.
Credenti o no, Mercoledì di Chitasanta, è un’esperienza che esorto a consumare, vivere una volta, almeno.
Per chi l’acchiappa giusta, è una vertigine metafisica, è una trascendenza.
Questo cammino tra i vicoli di un antico paese, sorregge il coraggio, aiuta – per un ora – ad abbandonare la rassicurante cecità che ci fa credere che la nostra esistenza sia qualcosa di più di uno specchio deformato a cui affidiamo il compito di essere annichilita.
Mercoledì di Chitasanta – poi – se di quelli che la notte ha cucito addosso un vestito d’ombra, tanto da coprire a sprazzi il plenilunio, la suggestione accresce a dismisura e oltre, se accompagnata dal soffio del maestrale che scivola gelido dal serto dei monti.