Tempio Pausania, 10 set. 2017-
C’era una volta….tanti ma tanti anni fa, uno strumento che permetteva al popolo di sentirsi al centro delle istanze sociali, di poter godere dei giusti privilegi e dei vantaggi che portavano ad una vita dignitosa e possibile, senza ricchezze di sovrappiù ma con le nostre voci che bastavano a farci ascoltare e, talvolta, ottenere giustizia. Si chiamava politica, termine straordinario che indicava l’interesse verso il prossimo, affidato a personaggi che ne erano gli esecutori di fatto, designati dal popolo per essere il tramite tra bisogni e soluzioni. Oggi non è rimasto nulla di quella parola e della sua forza intrinseca che ne giustificava la condotta, bella o brutta che fosse, per avallare le vere necessità di un popolo. La politica ha perso il contatto con la gente, a malapena riesce ad assolvere a qualche emergenza, ma ha perso le sue fondamenta perché è diventata inservibile. Oggettivamente e disumanamente inservibile.
Ricordare quella vecchia, oggi nostalgica, maniera di legiferare nell’interesse della popolazione, è tremendo e induce tutti al rimpianto, alle antiche cavalcate tra risse dialettiche e le piazze che erano la solenne dimostrazione dell’unione tra persone, spinte da una causa di giustizia e luoghi per ribadire il dissenso verso qualcosa o qualcuno.
Oggi la piazza non esiste più, meglio un monitor e la virtuale distanza tra il percepibile e il reale, abissi, montagne insormontabili che hanno reso tutti apatici e insensibili alla lotta. La comunicazione corre sulla rete, immediata ma ferocemente lontana dalle orecchie che sono pronte quanto meno ad ascoltare. Gli orti non sono più comuni, meglio un piccolo terreno dove ci pianto qualche piccolo seme e aspetto che cresca una piantina. Tutto viene affidato ad una tastiera, compreso il consenso politico, e pochissimi riescono a colpire l’attenzione generale proponendo di fatto alternative serie a questo new deal del sistema liberista che sta inghiottendo ogni residua briciola di democrazia. Dove sta la democrazia? Analizziamo questa parola e proviamo tutti a riflettere quali siano oggi gli strumenti democratici di cui dispone il popolo.
Il voto: non cambia le regole del gioco. Con coraggio affidiamo anche la nostra causa, i nostri bisogni, a qualcuno che gode della nostra fiducia. Ci crediamo in lui, e cerchiamo anche di aiutarlo a vincere. Risultato: vince e si mette in una sede a lavorare per il popolo, lo fa convinto e anche deciso. Dopo qualche tempo, pur ammettendo che ha svolto in pieno i suo lavoro, ci accorgiamo che nulla ha potuto e nulla potrà, per riuscire a cambiare determinate regole. Non può, semplicemente perché le regole non le cambia, la legge non glielo permette. Quindi agisce secondo una legge, sbagliata, ma risulta inutile quel suo mandato. Il potere che lo sovrasta è tale che: o sta al gioco o perde il suo diritto ad esercitare quel ruolo, viene messo da parte e dimenticato. Esempi? A migliaia! Un sindaco, ad esempio, uno qualsiasi, oggi è in queste condizioni.
La libertà: ma siete sicuri di essere liberi? O vi sentite tali perché potete dire ciò che vi pare e usare un social per farlo? Avete mai pensato che, mentre vi hanno dato questa effimera e virtuale libertà, vi stanno togliendo il lavoro, la sola che cosa che rende liberi, vi tolgono il futuro dei vostri figli che non ne avranno mai uno e saranno costretti ad andar via? La vostra libertà è direttamente proporzionale allo spazio nel quale vivete, quel vostro mondo di cui vi accontentate, insomma quel vostro piccolo appezzamento di terreno che vi consente di tirare avanti. Il principio dei 100 cani e dei 90 ossi vale anche qui. Dove inizia la vostra libertà, finisce quella di qualcun altro. Se siete uno dei cani con l’osso, che vi importa di quei dieci cani che non possono avercelo? E se un cane famelico di ossa ne mangia 2? Allora cresceranno i cani affamati, e questo sta succedendo. Da dove deriva tutto questo? Da quella politica di cui sopra, assolutamente priva di qualsiasi potere di destinare a tutti i cani almeno un osso e di controllare quella irrisoria percentuale di ricchi sfondati che detengono la quasi totalità della ricchezza mondiale. La mancanza di vera libertà è la base di qualsiasi espressione di potere dominante.
Il lavoro: quale? Dove sta la possibilità di avere un lavoro dignitoso se la politica è nella totale assuefazione a poteri centrali sovranazionali che hanno stabilito attraverso dei trattati che non si cambiano? Che ha deciso che un governo nazionale, e meno ancora uno regionale, deve solo fare tagli e privare così di ogni sostanza sancita in costituzione la popolazione? Le stime, benché il governo nazionale urli il contrario, parlano di dati negativi impressionanti sul piano occupazionale e di garanzia di un lavoro. Come spiegate, diversamente, la transumanza dei nostri giovani all’estero anche quando si tratta di eccellenze che avrebbero fatto grandi cose nel paese?
Eppure, nonostante ogni mia personale riserva sulla politica, essa sarebbe la sola arma per cambiare le cose. Ma tace, troppo presa dalle logiche distorte delle appartenenze, vittime dei parolai di professione che vengono in passerella a raccontarci infiniti bla bla bla su cosa bisogna fare, e chi lo dovrebbe fare o farà. Ma quando mai? Per poter eseguire qualsiasi intenzionale azione, la politica deve ribellarsi allo stato di fatto, opporre resistenza non basta, si deve iniziare a capire che da questa trappola si esce solo se un popolo se ne convince. L’effetto domino, capace di demolire qualsiasi potere dominante, è dietro l’angolo. Cercare una soluzione è possibile perché la soluzione esiste. Informarsi intanto, entrare dentro luoghi volutamente resi oscuri ma che ormai sono alla luce del sole, si conoscono ed hanno nome e cognome. A cosa serve prendersela con quei ridicoli politici che hanno votato la riforma sanitaria sarda se non si vede la totale inaffidabilità di quella politica e di quei personaggi, schierati, a prescindere, contro gli interessi di una regione e del diritto alla sanità pubblica dei cittadini sardi?
La politica tutta va cambiata, si deve tornare a quella vecchia uccisa dal fardello mediatico che è stata tangentopoli che doveva esserci perché era voluto. La corruzione? Come chiamate oggi quanto state subendo? Non la chiamerete come allora, ma di sicuro non è cambiato granché da allora sul piano della corruzione ma, in compenso, stiamo tutti peggio, molto peggio.
Quando il potere decide di pianificare, lo fa con estrema cura e lucidità, nulla è stato lasciato al caso. Era tutto previsto, come ha detto anche Ferdinando Imposimato, giudice, che ha denunciato crimini e misfatti del rapimento e uccisione di Aldo Moro, che ha scritto e ripetuto chi furono i mandanti e gli esecutori.
Tutto questo ha un peso e un costo. Bisogna informarsi e conoscere per poter cacciare via questa politica e tornare ad avere speranza. Qualcuno c’è che lo vuol fare e lo sta facendo, ma è troppo isolato e certo non ha e mai avrà una mano da questa politica che da vent’anni sta scandendo le ore della sua fine e che riesce sempre a salvarsi perché non è sola. Con lei ci sono e ci siamo tutti, come perfetti idioti.
“Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti…” (De Andrè-La Canzone del Maggio)
Antonio Masoni