Tempio Pausania: Giovanni Fasanella, Berlinguer deve morire. Presentato a Tempio il libro su un intrigo politico rimasto sepolto per 18 anni.

Tempio Pausania, 5 giugno 2014-

Presentato a Tempio presso la Libreria Max ’88 il libro di Giovanni Fasanella e Corrado Incerti “Berlinguer deve morire”,  un vero thriller avvenuto però in un contesto reale ben preciso della vita politica del nostro paese. Introdotta da Daniele Carbini e Emiliano Deiana (nella foto a lato dell’autore) la vicenda racconta un vero caso, rimasto seppellito per 18 anni e solo nel 1991 venuto alla luce,  di un attentato subito da Enrico Berlinguer durante un suo viaggio nella Bulgaria di Todor Zhivkov, allora segretario del Partito Comunista Bulgaro e fedele alleato di Mosca.

IL FATTO
Il 3 ottobre 1973, mentre è diretto all’aeroporto di Sofia al termine di una difficile visita ufficiale in Bulgaria, Enrico Berlinguer è vittima di un incidente stradale. Il suo interprete muore e due dirigenti del Partito comunista bulgaro rimangono gravemente feriti. Il segretario del Pci si salva per miracolo. Per diciotto anni, sulla notizia cala il silenzio. Ma nel 1991 il senatore del Pds Emanuele Macaluso svela un retroscena clamoroso: sulla strada verso l’aeroporto Berlinguer doveva morire. “Tutti i dirigenti comunisti della vecchia guardia- spiega Fasanella – reagirono male alle parole di Macaluso. Anche i biografi di Berlinguer e il fratello diedero al giornalista del pazzo visionario. Sull’auto c’erano il numero due e il numero tre del partito bulgaro, a nessuno pareva possibile che per uccidere Berlinguer si potessero mettere a rischio delle cariche così importanti. Accadde però un fatto straordinario, che la signora Letizia Berlinguer, vedova di Enrico, persona talmente discreta da non aver mai rilasciato un’intervista, chiamò l’Unità per farsi intervistare sulla vicenda dell’incidente di Sofia e diede ragione a Macaluso, raccontando che quando Berlinguer tornò da quel viaggio confidò di aver avuto lui per primo il sospetto che non si fosse trattato di un incidente ma di un attentato, tant’è che da quell’episodio Berlinguer non volle mai più mettere piede in Bulgaria”
Nella loro inchiesta in Bulgaria Fasanella, allora giornalista del settimanale Panorama, ebbe modo do conoscere il dirigente bulgaro del partito presente nella macchina e scoprì che sia lui che l’altro dirigente presente erano marcatamente antisovietici e fautori di quella primavera di Praga di cui Berlinguer era stato un acceso sostenitore e per la qual cosa era inviso al regime sovietico di allora. L’antisovietismo di Berlinguer andava di pari passo con la sua convinzione che era opportuna la vicinanza al Patto Atlantico e quindi uno schieramento del suo partito fermamente opposto al regime sovietico.
Chissà – ha precisato Daniele Carbini nella sua introduzione – che Italia avremmo avuto se Berlinguer e Aldo Moro che stavano cercando il famoso compromesso storico tra le due forze politiche più importanti di Italia, il PCI e la DC, fossero riusciti nel loro tentativo. Berlinguer morì  nel ’84 e Aldo Moro, come si ricorderà, fu ucciso dalle BR nel 1978.
Il libro si intreccia con le vicende politiche di quei tempi, con quell’Italia armata che compì attentati e stragi in quegli anni di piombo.
-La cronologia storica del tempo – ha precisato Emiliano Deiana – ci racconta che l’11 settembre del 1973 Salvador Allende viene spodestato con un colpo di stato dal regime di Pinochet- All’indomani Berlinguer scrisse tre famosi editoriali sulla necessità in Italia, proprio per evitare colpi di mano autoritari, del compromesso storico e proprio nello stesso anno in data 3 ottobre 1973 avviene quello che dopo tutti questi anni si inquadra come un vero attentato per far fuori il leader italiano-
Un ruolo chiave nella vicenda la svolge Armando Cossutta, sostenitore non isolato dell’appoggio al regime sovietico e che fu tra i primi a negare l’attentato dietro l’incidente occorso a Berlinguer oltre Bufalini e tanti altri, tra cui anche il biografo del leader politico Peppino Fiori,  che si prodigarono nel negare una matrice politica dietro quell’incidente. I fatti e la documentazione recuperata negli anni successivi invece dimostrarono l’esatto contrario, Berlinguer doveva morire.

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