Tempio Pausania, 28 mar. 2018-
Capita, quando i legami si riempiono di nostalgia, e le parole ti nascono spontanee, senza pensarci troppo a cosa vorresti dire. Tu sai solo che quelle sono le tue parole, per te qualcosa di indefinibile ma necessario. e si confondono con la nostalgia per catapultarti nel ricordo di qualcuno che non c’è più, ma che in te è vivo più che mai. Ti lasci andare a quella bella e carezzevole memoria, come fosse in quel momento un sentimento che deve emergere, deve essere urlato, raccontato. Anche se eri poco più di un ragazzo quando lui se ne andò ma tu hai coscienza che sia sempre con te, a dirti la sua, come ha sempre fatto, col quella sfacciata arroganza da gigante buono. Il suo nome riecheggia ancora in questa città, perché Marcello Salaris, in arte Banana, a molti pare che non se ne sia mai andato, tale era il personaggio e il suo vissuto rimasto impresso in questa comunità.
Un giovane cugino, Marco Salaris, oggi quasi 40 anni, aveva appena 19 anni quando Banana morì (1 marzo 1997) ma era poco più che un bambino quando lui lasciò Tempio e la Sardegna per lavoro. Stamani mi ha contattato e mi ha chiesto se poteva scrivere due righe per il cugino. Un modo per sentirlo ancora vivo, non solo nel suo ricordo, ma anche in quello di quanti lo hanno conosciuto e ne erano amici.

« Marcello era nato il 16 maggio del 1966, 12 anni prima che io venissi al mondo. Il suo mito, almeno per me, è sempre stato quello di una persona onesta e determinata, con una forza spropositata che gli derivava da uno zio, fratello dei nostri rispettivi padri, che pare fosse anche più forte di Marcello. Lui prese in mano l’attività di rivendita all’ingrosso e dettaglio di frutta e verdura insieme ai fratelli e al padre, lo stesso mestiere che fu anche di mio padre. Aveva anche la rivendita della famosa birra Moretti, in esclusiva per l’intera Gallura. Fu il capo ultras riconosciuto dei supporter del Tempio calcio, anni bellissimi del calcio tempiese. La sua forza era impressionante, riusciva a sollevare una macchina come nulla. Finita la fortuna dell’attività nel commercio della frutta e verdura, si trasferì a Verona dove intraprese il lavoro di camionista, quello che per sentito dire appartiene a uomini forti come era lui. A Verona conosce Annalisa che sposerà e da cui ha avuto Sebastian, suo figlio.
Nel 1995, due anni prima della sua morte, ebbe un grave incidente stradale mentre era in viaggio nel Regno Unito e dopo un lunghissimo calvario fece ritorno a Verona dove aveva intenzione di aprire l’attività di import/export di mobili inglesi ma ebbe molti contrattempi da parte del comune di Verona che non gli voleva concedere la licenza. Per questa ragione, andò anche in RAI ad un programma condotto da Giancarlo Magalli per raccontare questo inconveniente che gli impediva di avviare questo lavoro. Passò del tempo, ma finalmente aprì il negozio. Non passarono che pochi mesi da quell’apertura che morì in un tragico incidente su un cavalcavia dove, per evitare di andare sopra un pedone, per giunta era anche lui sardo, uscì di strada. Aveva meno di 31 anni.
Nella mia vita fu una tragedia, per me Marcello era un fratello maggiore che purtroppo ho conosciuto poco per via della differenza di età tra noi. Ho piacevoli ricordi, uno in particolare che porto a testimonianza della sua determinazione e forza ma che non è mai stata fine a se stessa e non ha mai superato il limite se non per difendersi da qualcuno che lo minacciava. Per gli altri, bastava un suo sguardo e restavi pietrificato senza che lui facesse nulla. In particolare, una volta in piazza mercato, ora piazza Fabrizio De Andrè, vidi cadere un tizio su una vespa e istintivamente scoppiai a ridere. Infastidito per la mia risata, il tizio mi agguantò per il bavero del giubbotto per colpirmi. Marcello, che abitava a due passi e aveva visto la scena, si precipitò sul malcapitato, lo afferrò per la schiena con una sola mano e lo sollevò in alto dicendogli testuali parole: ” Marcolino è mio cugino, adesso vediamo se lo lasci stare o se vuoi farti due mesi di ospedale”. Il tizio, dopo essere stato messo di nuovo in piedi, abbassò la testa e se ne andò via ma prima mi chiese scusa. Marcello era un idolo per me. ma non per la sua forza, per la sua istintiva tendenza a non sopportare le ingiustizie. In questo gli somiglio pure io.».
La bellezza di avere sempre una finestra aperta su chi ha fatto parte della nostra vita e ne ha persino delimitato il sentiero, attraverso anche questa aura di leggenda che Marcello conserva nella memoria collettiva di questa comunità, è una boccata d’aria fresca, mista a commozione, ma viva e ancora pulsante di eternità. Dopo 21 anni dalla sua scomparsa, Marcello è ancora questo, un mito legato alla sua forza ma anche alla sua generosità, che non era apparenza ma era celata dietro il vocione da burbero buono e da quella stazza fisica che incuteva timore. Marco ha raccontato una pagina bella, ha dipanato il suo racconto intriso di sua commovente e personale memoria.
Questa è la vita che piace narrare, questi sono i tanti personaggi che amo ricordare sempre, anche quando l’importanza non deriva da memorabili vicende della loro vita, titoli accademici, o illustri capolavori ma da semplici pensieri elaborati quando ci afferra alla gola quel groppo che vogliamo urlare e raccontare, con la nostra voce o penna bagnata di lacrime dolci.
Grazie a Marco per questo ricordo che ho condiviso con affetto per Marcello, per tutti “Banana”.
Antonio Masoni