Tempio Pausania, “I Bambini Sono”. Riflessioni sull’arte dei bambini di Giuseppe Gatto.

Tempio Pausania, 28 nov. 2015-

Qualche giorno fa, visitando la mostra fotografica di Margherita Cossu, di cui ho già dato notizia, ho avuto una piacevole conversazione col titolare del Caffè Gabriel, dove da qualche mese si stanno presentando i lavori di diversi e bravi fotografi locali, in un interessante progetto curato da Nicola Comerci.

Alessandro Selis, il proprietario del Gabriel, ha manifestato il suo apprezzamento per questo felice matrimonio tra il locale e l’arte, espressa in una delle sue tante piacevoli soluzioni, la fotografia. Tra le tante parole dette, Alessandro mi ha manifestato una sua intenzione a tal proposito, ossia di portare  nel locale alcuni bravi scultori della zona e presentare anche questa forma espressiva che ha tanti seguaci ma poco conosciuti.

Ho immediatamente pensato a Giuseppe Gatto, leccese, da una vita a Tempio, uno dei migliori rappresentanti di quest’arte, conosciuto ed apprezzato ovunque anche per la sua sensibilità verso i grandi temi sociali di questo drammatico momento del paese. Tra tutte, amo ricordare una sua partecipazione ad una serata di solidarietà per raccogliere fondi per gli alluvionati olbiesi. Mise un suo quadro a disposizione e quella vendita riuscì a far raggiungere una cifra soddisfacente che venne direttamente data a due famiglie di Isticcadeddu, particolarmente sfortunate.

Giuseppe è un grande uomo, oltre che un valido artista. Mi ha contattato ed è sembrato entusiasta di questa possibilità che darebbe modo di far conoscere anche alcuni scultori che hanno forse meno ribalta di pittori o fotografi. Ci siamo rimandati ad un incontro per mettere a punto una prossima rappresentazione di sue opere ma lui mi ha suggerito una possibilità “artistica” e di valorizzazione dell’arte nel mondo dei bambini. A tal proposito, mi ha inviato una sua riflessione su questo mondo inesplorato e pieno di significati che vi propongo. Grazie a Giuseppe e speriamo di riuscire a concretizzare questo suo progetto.

“Spesso predomina il concetto che creare, esprimersi, saper disegnare, sia qualcosa di riservato a pochissimi, che l’artista nasce tale, che egli è già predestinato e che quindi l’uomo, in generale, non può attraverso un naturale sviluppo, anche se cresciuto in un ambiente favorevole, diventare un artista.
Mi sembra troppo semplicistico riconoscere che artisti come Modigliani, Picasso, Klee, Chagall ed altri siano stati tali perché predestinati e, soprattutto, riconoscerlo solo dopo che gli stessi hanno raggiunto fama mondiale.
Chi avrebbe mai scommesso, per esempio, su Modigliani prima che allo stesso gli fosse stata riconosciuta la qualità di grande artista? Egli era considerato un depravato, drogato, un ubriacone (assumeva alcool, cocaina, ashish) inoltre dipingeva donne nude, considerato osceno per la morale di quel periodo.
Egli morì di meningite tubercolare, abbandonato da tutti.
E chi avrebbe mai scommesso su Rosseau il doganiere che si è manifestato a tarda età?
Moltissimi individui che avrebbero voluto esprimersi liberamente, sono convinto, sono stati bloccati ed inibiti sin da bambini, i quali, per tutta la loro vita, non si sono mai potuti manifestare.

Ovviamente, sin da bambino, l’individuo tende a sviluppare, in modo particolare, le capacità di una delle due parti del cervello, creando, quindi, a se stesso, la predisposizione per le lettere o l’arte oppure per la matematica o le scienze. Raramente troveremo chi è predisposto per le due cose contemporaneamente.
Nel rapporto bambino-adulti, consideriamo un bambino di appena un anno che per “giocare” abbia preso in mano il giornale del suo papà, non ancora letto, e lo stia riducendo in pezzettini piccolissimi.
Potete immaginare quale potrebbe essere la reazione di questo papà appena si accorge che il suo giornale è andato in pezzi, o quasi.
Ora cerchiamo di analizzare la situazione:
Il bambino, “giocando” stava semplicemente, stimolato da quella parte sinistra del cervello, eseguendo delle semplici e istintive operazioni di divisione, egli era intento a separare, da un pezzo unico, “il giornale”, tanti piccoli pezzi.
Una semplicissima divisione, esercizio essenziale per poter tenere aperto quell’interruttore del cervello sinistro, esercitarsi, fare esperienze, inglobare nell’archivio del cervello e passare poi ad altre esercitazioni man mano più complesse, come, per esempio, strappare a pezzettini il giornale ed introdurre ogni pezzettino in una bottiglia, sommando ciò che precedentemente aveva diviso.
Qual è stata la reazione del padre quando si è accorto che non poteva più leggere le notizie? Quella sicuramente di sgridare il bambino e togliergli di mano la parte del giornale che ancora era rimasta intera, facendo poi portare via i pezzettini di giornale (il lavoro di apprendimento del bambino) perché sicuramente creavano disordine o sporcizia nella stanza.
Oppure la reazione della madre quando ha visto il figlio che introduceva i pezzi di giornale nella bottiglia : “Cosa stai facendo? Non si mette la carta nella bottiglia, non capisci niente, la bottiglia serve a ben altro, lascia stare!”
Anche qua è prevalso il pensiero egoistico della madre e l’incapacità, della stessa, a capire quale era l’attività del figlio.
Questi comportamenti dei genitori hanno improvvisamente fatto reagire il bambino che, non capendo perché il padre lo stesse rimproverando, ha pensato che, categoricamente, quella era un’operazione che non si doveva fare ed ha chiuso, forse per sempre, quell’interruttore che spontaneamente e con naturalezza aveva aperto nell’emisfero del cervello sinistro.
Non pensate forse che non sia la stessa cosa a livello sessuale, quando l’adulto rimprovera o addirittura percuote le mani del bambino mentre lo stesso è intento a toccarsi il sesso, a scrutare e a prendere confidenza con esso?
Quante volte ho sentito adulti rimproverare i propri figli, esprimendosi:
“togli le mani da quella porcheria, non si tocca, sporcaccione!”.
Come pensate che questo bambino, continuando così, possa vivere la sua sessualità da adulto?
Tutti noi abbiamo sicuramente sensi di colpa a questo proposito, siamo frustati, inibiti sotto qualche verso, forse soffriamo anche di disturbi sessuali grazie, tra le altre cose, anche a questo tipo di educazione che ha radici, scrive Gillo Dorfles nell’opera “Vizi e Virtù” : “… ha radici in quella maledetta idea del Peccato, di cui la civiltà giudaico cristiana ci ha bollato con il suo marchio d’infamia, idea del Peccato che deriva da un Paradiso Perduto, da una prima trasgressione adamica, dalla scomparsa d’un tempo edenico …”.
E non pensate anche che, quando l’adulto scopre il bambino intento a “Scarabocchiare” sul muro o per terra o “sporcare” con i colori il tavolo, sgridandolo non commetta un sopruso?
Egli, in quel momento, difendendo la sua proprietà, con egoismo, con il suo comportamento, crea, nel bambino, un trauma che sarà letale nella crescita e nello sviluppo di un’attività così importante quale l’espressione artistica.
Lascio immaginare a voi quali danni tutti questi comportamenti possono creare in un bambino e, quindi, in un uomo.
Ognuno di noi faccia un excursus della propria vita e cerchi episodi che poi, attraverso iquesti, l’hanno portato ad avere paura di un qualche cosa.
Quante volte ci è capitato di vedere disegni di bambini che rappresentavano figure umane dove metodicamente le mani non comparivano, ma dette figure erano rappresentate con le mani nascoste dietro il corpo. Se si chiedesse a questi bambini il perché di dette raffigurazioni, con le mani “nascoste”, ci risponderebbero sicuramente che non sanno disegnare le mani. Questo rappresenta il senso di colpa, facendo un esempio fra tanti, anche per il ragazzo che usa le mani per masturbarsi sapendo che la “società” lo condanna come “peccato”. Anche in questo caso, sono le mani l’oggetto del peccato.
Voi mi direte : allora, ai bambini, bisogna far passare tutto, far fare loro tutto quello che vogliono?
Io vi chiedo allora : perché l’uomo che dovrebbe nascere libero, a causa dei suoi simili, poi, deve essere catechizzato o dogmatizzato?
Certo, al bambino dobbiamo fargli capire, con la massima decisione, quali sono le regole più sane della società in cui è venuto a vivere, regole che egli dovrà rispettare.
Io personalmente ritengo che queste regole siano così poche da contarle sulle dita di una sola mano.
Egli deve immagazzinare queste regole ma, attenzione, dobbiamo essere in grado di capire che vi sono attività o comportamenti o pseudo regole che non vanno dogmatizzate, egli deve scegliere da solo e, contemporaneamente, dobbiamo essere in grado di discernere quali sono le regole che il bambino deve immagazzinare. Se non siamo in grado di fare questo, personalmente preferisco che il bambino cresca anarchicamente.
Dobbiamo lasciare libero il bambino di giocare, sperimentare, semmai facendogli strappare un vecchio giornale o lasciargli scoprire il sesso affinchè possa crescere sano e libero da pregiudizi.
Al contrario, il condizionamento ricevuto da parte degli adulti (coloro che prende a modello), sin da bambino, porta l’uomo ad inibire le sue capacità artistiche, ad avere paura di disegnare, di usare i colori, così ha la netta sensazione di non possedere quelle qualità intellettive necessarie ad esprimersi.
C’è chi ha paura, nel disegnare, di sporcare il foglio bianco, con disegni che riuscirebbero brutti.
Spesso questo si ricollega, a livello inconscio, a rimproveri ricevuti da bambino, mentre era intento liberamente a disegnare su di una superficie quale un muro. Rimproveri tendenti a scoraggiare il bambino a sporcare il muro con i suoi scarabocchi.
Altro punto negativo il giudicare le attività del bambino senza avere cognizioni scientifico-psico-pedagogiche di ciò che egli stia facendo. Ed anche avendo tali cognizioni, sarebbe pericoloso lo stesso giudicare, perché dette cognizioni sicuramente sarebbero il frutto di filosofie o scelte scientifiche riferite al periodo nel quale si configura l’azione, quindi non giudicare mai! (Albert Einstein : “E’ obrobrioso che un uomo possa giudicare un proprio simile”).
Gli scarabocchi del bambino sono l’espressione più pura dell’attività artistico-comunicativa, così come lo erano, per l’uomo primitivo, gli stupendi graffiti che egli ci ha lasciato quale testimonianza della sua capacità intellettiva e artistica.
Ritornando all’individuo che ha paura di esprimersi, abbiamo già ampiamente considerato che egli è inibito.
Basterebbe rimuovere, in esso, gli atavici condizionamenti ed egli rinascerebbe, si riscoprirebbe uomo, essenza, artista.

Giuseppe Gatto

 

Related Articles