Tempio Pausania, un giorno credi di essere giusto..e quel giorno la tua vita cambia. Parole in libertà.

Tempio Pausania, 31 mag. 2015-

Esistono momenti nella vita di ciascuno di noi in cui vieni attraversato da qualcosa che si genera da sè, senza che tu la stia cercando e senza che tu lo voglia davvero. Quel giorno la tua vita decide di cambiare e di raddrizzarti la strada che era stata tortuosa e piena di insicurezze. Basta poco, un pensiero, uno sguardo, una parola, un sorriso o un caffè. Cose che tutti noi quotidianamente ci scambiamo. Non che sino a quel giorno tu abbia fatto chissa cosa ma senti dentro una forza rimasta sepolta per tua colpa o perché così forse ti era convenuto. Vieni investito da una valanga di domande che produci da solo semplicemente osservando chi ti sta accanto, scrutando dentro quegli occhi o in quella testa che ti spara parole a raffica investendoti di cose che non conoscevi o che magari davi per scontato perché  la televisione o i  giornali  te le spiegavano in altro modo.

Che fare? Assecondare quella nuova linfa che pian piano ti sta invadendo il sangue e farti contaminare oppure scegliere di non scegliere e continuare a farti seppellire dall’inutilità e dall’appiattimento che si nutre di ipocrisia e bugie e continuare…e continuare…e continuare a far niente?

Aspettare è ancora un’occupazione. È non aspettare niente che è terribile (Cesare Pavese). Vedete, come scriveva Pavese, l’attesa si può accettare ancora e quindi la speranza rappresenta ancora un modo di vivere perché qualcosa che si attende può sempre arrivare. Se noi non aspettassimo qualcosa vivremmo nel niente che uccide, che ci opprime e lentamente ci conduce al male oscuro, alla piena e totale distruzione del nostro pensiero e delle nostre conseguenti azioni e reazioni.

Una componente del fare spesso è il disordine, il non riuscire a mettere le cose al giusto posto con saggezza, oculatezza e disciplina. Mi tranquilliza una frase di Marcello Marchesi: “Il disordine dà qualche speranza. L’ordine nessuna. Niente è più ordinato del vuoto.” 

Sono e resterò disordinato per sempre ma ciò che per altri è disordine per me è ordine, è stile di vita, è genetica assimilabile più allo status di accampato che a quello di ragioniere dei pensieri. Però penso e quindi sono, esisto, vivo. E così, senza una precisa ragione, decidi di essere giusto, insomma non come potreste pensare voi potenti visionari dell’estetica delle parole, ma “giusto a modo mio”, sempre e comunque a modo mio. 

Metti insieme il disordine che per te è ordine, l’attesa di qualcosa che è già un’occupazione e quegli input che la vita ti regala ed affronti ogni giorno un percorso nuovo, con compagni diversi se occorre ma sempre nella convinzione che tutto ciò che fai rientra nella tua genetica e nei tuoi istinti di giustizia e di verità.

Il viaggio è impegnativo, pieno di insidie e di lesioni varie, dalle semplici abrasioni alle fratture. Non te ne curi e prosegui, senza sosta se non quella delle notti agitate e poco ristoratrici e qualche sonnellino pomeridiano. Poi arriva un giorno, uno tra i tanti. Una Persona che di cui conoscevi l’esistenza e l’attività ma poco sapevi di lui. Mi appare spocchioso e presuntuoso ma non mi baso mai sul primo giudizio. Devo sapere chi è e come pensa davvero. Mai fermarsi al primo approccio con chicchessia. Ognuno di noi, ne sono convinto, ha virtù e difetti in egual misura e chi siamo noi a decidere se gli uni prevalgono sugli altri? Un invito a rincontrarsi, una chiacchierata più “professionale”, uno scambio di vedute e di colpo ti ritrovi a condividere in una splendida reciprocità di intenti il pensiero.

Penso “questo mi può insegnare tanto!”, aprirmi gli occhi e la mente su cose che non conosco e forse anche io potrei insegnare qualcosa a lui. Senza sapere perché, ne diventi amico. Tu sai che anche per lui è la stessa cosa. “Meraviglioso incontro” mi dico.

Decidi così che una porzione della tua vita deve sempre avere a cuore i veri valori, quegli stessi che ti hanno insegnato i genitori, gli stessi che hai coltivato e provato sempre a piantumare anche nelle difficoltà del terreno che spesso è poco adatto alla crescita di una radice di speranza.

Prosegui il tuo cammino e, mano mano che il tuo tempo non è più a rischio di vuoto, ne incontri altri, uomini e donne che meritano di  essere annoverati tra quella ristretta elite di Persone che vedi coltivare il tuo stesso campo, quello allargato ma sempre troppo piccolo del Bene Comune, distante dalle sepolte ideologie ma sempre rigenerato dalle idee che si susseguono come in un travolgente bolero, in un crescendo che appaga la tua fame e disseta la tua sete.

Per questo e per tanto altro ancora devo ringraziare te amico, tu sai che che parlo e scrivo di te e non farò il tuo nome. Sappi però che tra noi il grazie non serve, il bravo è inutile, il grande è un offesa alla grandezza vera e i titoli per noi non rappresentano una separazione, semmai l’integrazione.

Grazie amico mio senza nome, sai bene che scrivo di te e di chiunque ci si riconosca in questo dipinto di fine maggio. 

Antonio Masoni 

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