Tempio Pausania, 28 mar. 2018-
Il viaggio nel mondo dell’Analisi Transazionale, alla scoperta di noi stessi e del mondo delle relazioni interpersonali. Per chi volesse riprendere dall’inizio questo percorso informativo a questi numeri i relativi articoli precedenti della stessa autrice: 1° – 2° – 3°- 4° – 5° – 6°- 7^. 8^.
LE CAREZZE CHE CI AIUTANO A DIVENTARE “OK”
Le carezze possono essere “ condizionate” o “incondizionate”. Una carezza condizionata si riferisce a ciò che una persona fa. Quella incondizionata si riferisce a ciò che una persona è. Esempio: positiva condizionata: “Che bel lavoro che hai fatto!”. Positiva incondizionata: “E’ bello averti qui”. Negativa condizionata: “Non mi piace il tuo tono di voce”. Negativa incondizionata: “Ti odio!”. Mentre “Io ti amo” (proprio perché sei tu) è la quintessenza di una carezza incondizionata positiva.
Ai genitori è stato detto che se, elargiscono a piene mani carezze positive, i loro figli cresceranno OK. In realtà le cose non sono così semplici. Ricordate che il nostro bisogno di carezze si basa sul bisogno di riconoscimento. Se censuriamo intere aree del comportamento di un’altra persona che noi consideriamo negative, le diamo un riconoscimento solo parziale. Le carezze condizionate, sia positive che negative, sono importanti per noi perché le usiamo come mezzo per imparare a conoscere il mondo, sia nella nostra infanzia che nella vita da adulti. Una carezza condizionata negativa mi dice che a qualcuno non piace il modo in cui mi sto comportando. Posso quindi prendere l’opzione di cambiare comportamento in modo che piaccia agli altri. Una carezza condizionata positiva mi segnala che a qualcun altro piace ciò che sto facendo. Ottenere carezze condizionate positive mi aiuta a sentirmi bravo. Se le carezze condizionate negative sono assenti non ho nessuna base sulla quale cambiare un dato comportamento, anche se può essere controproducente per me. Vi sono alcune prove che quando i genitori riescono effettivamente ad allevare i figli elargendo sempre carezze positive il bambino alla fine diventa incapace di distinguere le carezze positive da quelle negative. Questo nel corso della vita può portare a tutta una serie di problemi.
Detto questo, ci sono alcune buone ragioni per cui tradizionalmente l’Analisi Transazionale ha posto l’accento sulle carezze positive. Sia il Capo che l’Insegnante migliorerebbero l’efficacia del loro giudizio dando carezze positive per le cose fatte bene oltre le negative per quelle fatte male. Ricevere carezze positive vuol dire stare bene, vedere il mondo sotto una prospettiva diversa e aumenta la motivazione a fare sempre meglio. Elargendo carezze positive, le Aziende incrementerebbero la loro produzione e a scuola ci sarebbe un clima sereno e di collaborazione. I risultati di alcune ricerche stanno a dimostrare che se una situazione di lavoro è sterile a livello affettivo, la produzione diminuisce ed emergono i conflitti. E siccome noi operiamo secondo il principio che “qualsiasi carezza è meglio di nessuna carezza”, tenderemo a comportarci male pur di averne una, seppur negativa. Quindi nell’ambiente del lavoro si può arrivare tardi, commettere sbagli…, in famiglia i bambini possono diventare dei monellacci e dei ribelli; le mogli e i mariti lamentarsi, star fuori fino a tardi, bisticciare o in qualche altro modo provocare un confronto.
Ma oltre le carezze positive “esterne”, elargite dagli altri, esistono le carezze “interne” che possiamo procurarci noi stessi. Ma questo è molto soggettivo, poiché ognuno di noi ha dei canali di percezione privilegiati: olfattivi (un buon profumo); visivi (bei colori, un fantastico tramonto); uditivi (una musica bellissima); tattili (soffice, caldo); gustativi (gelato, cioccolatino). E allora che male c’è se qualche volta ci deliziamo con la nostra “carezza” preferita? Io, ad esempio, adoro la musica e vado letteralmente in estasi quando ascolto i miei CD preferiti. Voi, magari, preferite un cioccolatino. E allora mangiatelo. Vi ringrazieranno tutte le cellule del vostro corpo, elettrizzate dal piacere. Però, mi raccomando, ho detto un cioccolatino…non l’intera confezione! Ma è una carezza positiva anche ricordare gli avvenimenti positivi e piacevoli della nostra vita; anche perché, basta con quelli negativi!, ci hanno fatto soffrire abbastanza e non è proprio il caso di rivangarli. L’unico consiglio è non crogiolarsi troppo nei ricordi e tenere sempre presente la realtà del qui-e-ora. Infine, cercate di frequentare persone che vi elargiscono soprattutto carezze positive; in caso contrario, non vi rispettano e quindi non vi meritano. Ricordate che voi siete delle persone OK e dovete pretendere di avere vicino delle persone altrettanto OK.
Ma, vi domanderete, quand’è che una persona è OK? Per potervi dare una risposta v’invito a tornare indietro per rivedere il copione, il piano di vita. Appurato che le decisioni fondamentali della nostra vita le determiniamo nella nostra infanzia, questo è vero anche per quanto riguarda “la nostra posizione di vita”. Secondo l’Analisi Transazionale ci sono quattro posizioni di base che, in base alle nostre esperienze, decidiamo di assumere anche da adulti:
1) io sono OK, tu sei OK;
2) io non sono OK, tu sei OK;
3) io sono OK, tu non sei OK;
4) io non sono OK, tu non sei OK.
Nella posizione 1 il bambino anche da adulto sarà un vincitore perché ha una visione sana e ottimistica della vita, che trasferirà anche nei rapporti con gli altri. Nella numero 2 sarà probabilmente un depresso, pieno di sensi di colpa, paura e sfiducia negli altri: una vittima. Nell’ipotesi 3 avrà la convinzione di essere superiore e tenderà a sottovalutare gli altri; può anche arrivare a far violenza sia psichica che fisica. Nella numero 4 avrà un copione perdente, poiché è la posizione della rinuncia e dell’inutilità.
Ricordate che, come per tutti gli aspetti del copione, anche la posizione di vita può essere cambiata; ma in questo non potrà certo aiutarvi la vicinanza di persone che, invece, tendono a confermarvela. Vi faccio un esempio: se io nella mia infanzia ho deciso per la posizione di vita numero 2 “io non sono OK, tu sei OK”, e mi ritrovo sempre accanto una persona che, invece, ha deciso per la numero 3 “io sono OK, tu non sei OK”…,beh, non ci vuole molto a capire che potrà darmi solamente carezze negative, contribuendo a confermare la mia posizione di depresso e vittima. E’ un rapporto malato già in partenza che, per ovvie ragioni, finirà male. Ma, per assurdo, è accettato da quelle persone che , prigioniere del loro copione, tendono a rinforzarlo, cercando anzi situazioni di questo genere. Ed è questa, forse, la condizione “gradita” da molte donne che oggi, purtroppo, subiscono violenze sia psichiche che fisiche. Ma è anche quella che viene accettata da uomini che vengono trattati come burattini, sia nel posto di lavoro che da donne senza scrupoli.
Quindi, raggiunta la consapevolezza del vostro copione, evitate le persone che possono farvi star male cercando sempre di raggiungere la posizione numero 1 “io sono OK, tu sei OK”. Il fatto che una persona abbia assunto una posizione esistenziale non vuol dire che vorrà interagire con gli altri sempre da quella posizione, ma che la manterrà per la maggior parte del suo tempo. Dipenderà dagli “stati emotivi” che la persona assume in un determinato momento o situazione ma, alla fine, finirà con il ritirarsi nella sua posizione esistenziale di base. Nell’ “OK Korral”, elaborato da Franklin Ernst, si possono analizzare questi cambiamenti insieme alle quattro posizioni esistenziali.
Oggi, con i nuovi mezzi di comunicazione, si è aggiunta un’altra forma di carezza: “mi piace” ( like). Riconoscimento tanto agognato che alcune persone sono disposte ad alterare il proprio profilo facebook pur di averne il maggior numero possibile. E’ evidente che anche i segni di riconoscimento si stanno evolvendo. Ma non dimentichiamo tutti gli altri, sempre eterni, mai anacronistici, senz’altro meno virtuali.
Voglio concludere con una frase dei coniugi Goulding:
“Quando la persona passa dall’auto-tormentarsi all’auto-amarsi, impara a divertirsi. Unisce il dare carezze, l’accettare carezze e l’auto-accarezzarsi e diviene sempre più consapevole della propria amabilità. “Io sono l’unico me che ci sia e che ci sarà mai”. Questo è il fondamento filosofico dell’affermazione dell’Analisi Transazionale: “Io sono OK”.” La ritroverete nel loro libro che io vi invito a leggere: “Il cambiamento di vita nella terapia ridecisionale” di Mary McClure Goulding e Robert L. Goulding , Casa Editrice Astrolabio.
Rita Brundu