Tempio Pausania, L’Analisi Transazionale, STRUTTURAZIONE DEL TEMPO (Dimmi cosa fai e ti dirò chi sei) (10^).

Tempio Pausania, 15 apr. 2018-

Il viaggio nel mondo dell’Analisi Transazionale, alla scoperta di noi stessi e del mondo delle relazioni interpersonali. Per chi volesse riprendere dall’inizio questo percorso informativo a questi numeri i relativi articoli precedenti della stessa autrice:   –  – 3°-  –  – 6°-  7°- 8°-

Tutti abbiamo bisogno di strutturare il tempo per evitare la tortura della noia. Questo bisogno in Analisi Transazionale è detto “fame di struttura”. E’ un’estensione della fame di stimoli e, quindi, di carezze. I modi particolari in cui una persona struttura il suo tempo dipendono da quanto la stessa si sente OK e quanto ritiene gli altri OK; dal genere di carezze che cerca di dare e di ricevere. Ci sono diversi modi di strutturare il tempo, con vantaggi e svantaggi. Bisogna sottolineare soprattutto il rischio emotivo: cominciamo da quello che ne comporta il minimo.

L’ISOLAMENTO. Ci isoliamo ritirandoci mentalmente dagli altri, e possiamo farlo in qualunque occasione: anche a una festa o durante una passeggiata. Quando una persona si isola sceglie di lasciare fuori gli altri, dipendendo solo da se stessa per la stimolazione e la strutturazione del tempo. L’isolamento di solito è sicuro, richiede poco investimento emotivo e non fornisce carezze dagli altri. Alcuni passano molta parte del loro tempo nell’isolamento perché hanno timore di darsi agli altri, ed evitano il rischio psicologico di essere rifiutati. Una persona che passi troppo tempo isolata può accusare una carenza di carezze e, quindi, diventare solitaria e depressa.

I RITUALI. Il rituale è uno scambio di carezze, sicuro e prevedibile, in cui le persone si comportano le une verso le altre in modo fisso. I rituali possono essere brevi e semplici, come uno scambio di “ciao” o di “buon giorno”. Talvolta sono più lunghi e includono più carezze: “come va?”, “sono contento di rivederti”, “vediamoci qualche volta”. Essenzialmente, sono carezze familiari positive. Pensate a come vi sentireste se i vostri saluti fossero ignorati e non vi si desse risposta… Ma, alla fine, come per l’isolamento, il rendimento delle carezze è scarso e chi usa quasi esclusivamente questo rituale soffrirà molto probabilmente di solitudine.

I PASSATEMPI. Quando delle persone hanno delle transazioni fra di loro e il loro scopo non è quello di raggiungere un fine, ma piuttosto di “parlare di qualcosa”, sono impegnati in un passatempo. “Chiacchiere da salotto”, “discorsi a ruota libera”, “gruppi di discussione”, sono tutte varianti di passatempi. Alcuni argomenti comuni di passatempi sono: sport, tempo, moda, viaggi…la lista può essere allungata all’infinito. I passatempi possono fornire una quantità rilevante di carezze, di solito piacevoli, senza molto rischio d’intimità. Permettono anche di raccogliere informazioni sulle idee e gli interessi di un’altra persona. Ma, comunque, tengono emotivamente a debita distanza gli altri.

LE ATTIVITA’. Quando l’energia di una persona è diretta verso fonti esterne, la persona è impegnata in un’attività. Lavoro, hobbies, faccende domestiche, sono i passatempi più comuni. Questi producono carezze in molteplici maniere: quando un lavoro è ben fatto carezze positive sotto forma di lode, o negative se il lavoro è fatto male. Le carezze per le attività vengono anche dai riconoscimenti diretti, come diplomi scolastici, trofei e ricompense economiche; alcuni utilizzano questi riconoscimenti come loro fonti principali di carezze. Le attività costituiscono un aspetto molto positivo della strutturazione del tempo, anche se alcune persone si impegnano talmente (i “drogati da lavoro”) da non permettersi di entrare in contatto con i propri sentimenti o di condividere l’intimità o il divertimento con gli altri.

I GIOCHI. Il gioco è un qualcosa di ripetitivo che termina con una sensazione di malessere e che comporta la domanda: “che cosa è successo?”, e la sensazione di aver cambiato in qualche modo di ruolo. Tutti i giochi sono riproposizioni di strategie infantili non più adatte a noi come persone adulte. Sono quindi effettuati da una parte negativa dal nostro Io Genitore o Bambino. Mai da quello Adulto. Nelle fasi di apertura del gioco le carezze che vengono sentite possono essere sia positive che negative, mentre alla fine entrambi i giocatori provano delle intense carezze negative. Ma, vi chiederete: perché si gioca? Semplicemente per riproporre sentimenti arcaici appresi nell’infanzia e che in quel determinato momento contribuivano a farci stare bene. Come tutte le decisioni negative del copione, però, non ci servono da adulti. Anzi, contribuiscono solamente a farci stare male, coinvolgendo anche gli altri. Alcune persone fanno una vera e propria collezione di tali sentimenti per poi utilizzarli per incassare un prezzo psicologico. E per fare questa collezione manipolano gli altri inducendoli a ferirli, disprezzarli, farli arrabbiare, spaventarli, farli sentire in colpa e così via. Ma quando uno manipola gli altri per rivivere e collezionare questi arcaici sentimenti, questo tipo di autoindulgenza è quel che si dice un “ricatto”. Un perdente è un autoindulgente e cerca deliberatamente situazioni che gli permettano di sentirsi in colpa. Ricorrendo ai giochi riesce a rivivere il vecchio sentimento e non fa nulla per modificarlo. Appunto perché è un perdente. Un vincente è, invece, una persona che si sente in colpa per essersi comportata male ma che, imparando dagli errori passati, modifica i suoi modelli di comportamento.

L’INTIMITA’. L’intimità è, fra tutti i modi di strutturare il tempo, quello più rischioso e più vantaggioso. Comprende il condividere sentimenti, pensieri o esperienze, in una relazione aperta, onesta e fiduciosa. E’ uno scambio di desideri ed emozioni autentici. Le carezze dell’intimità sono più intense che in qualsiasi altro tipo di strutturazione del tempo e possono essere sia negative che positive. Quest’ultime sono vissute come particolarmente piacevoli e gratificanti.  Anche se l’intimità fornisce il maggior apporto di carezze, le persone spesso la evitano perché ritengono che sia troppo rischiosa e imprevedibile. Infatti si è più vulnerabili e la paura di essere rifiutati costringe molte persone a preferire i rituali, i passatempi o a starsene isolate: non si rischia e non si viene coinvolti emotivamente. Qualcuno ricorre a tecniche specifiche per “mantenere le distanze”, facendo finta di non vedere chi gli sta vicino anche pigiato in un ascensore o in un ambiente molto affollato. La persona autonoma, quando crede sia il caso, affronta il rischio dell’amicizia e dell’intimità. Questo non è facile per chi non è abituato ad esprimere i propri sentimenti e ad essere aperto e autentico: sviluppando la capacità di intimità impariamo a lasciarci andare e ad essere più trasparenti, lasciando cadere la maschera che abbiamo indossato. Una maschera che, spesso, ci sta troppo stretta, ma che abbiamo paura di lasciare cadere. Infatti, questo permetterebbe agli altri di vederci come veramente siamo, nella nostra nudità psicologica della quale troppe volte abbiamo pudore e che ci costringe ad allacciare relazioni non vere. Relazioni che, alla fine, non ci soddisfano e ci lasciano con l’amaro in bocca. Tutto perché abbiamo avuto paura di rivelarci qual veramente siamo, e ci siamo preclusi quelle veramente appaganti. Alexander Lowen, nel suo libro “Bioenergetica”, asserisce che in noi esseri umani esiste una dualità che diventa unità nel momento in cui raggiungiamo l’estasi. Come quando c’innamoriamo e ci sembra di toccare le stelle. La suddetta affermazione ha, secondo me, un punto d’incontro e si fonde, in maniera estesa verso gli altri, con la definizione che diede Platone dell’amore: “Noi eravamo anticamente interi; il desiderio e lo struggimento di ritornare interi chiamasi Amore”. E allora, vogliamo accettare la sfida dell’intimità (che potrebbe anche darci l’opportunità di sentire l’estasi di un grande amore) o preferiamo rinunciarci per paura? Vogliamo che i nostri rapporti si basino essenzialmente su giochi, rituali e passatempi?

Dobbiamo fare una scelta, ricordandoci che, spesso, siamo noi stessi il più grande ostacolo a ciò che vogliamo veramente fare. Le persone che non osano sperimentare l’intimità hanno bisogno di lavorare sulle loro paure personali e sui loro blocchi verso di essa, per essere pronte a rischiare di sentire pienamente le emozioni del loro Io Bambino. I “vincitori” accettano il rischio della vera intimità. E il recupero della nostra capacità d’intimità è uno degli scopi principali che si propone l’Analisi Transazionale.

Il copione determina come una persona passerà il tempo. Allora chiedetevi se il vostro modo di strutturare il tempo vi soddisfa e vi fa ottenere ciò che desiderate. Se la risposta è no, non è mai troppo tardi per cambiare.

Rita Brundu

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