Tempio Pausania, L’Analisi Transazionale, UN METODO PER LA RISOLUZIONE DEI PROBLEMI, di Rita Brundu (11^).

Tempio Pausania, 2 mag. 2018-

Il viaggio nel mondo dell’Analisi Transazionale, alla scoperta di noi stessi e del mondo delle relazioni interpersonali. Per chi volesse riprendere dall’inizio questo percorso informativo a questi numeri i relativi articoli precedenti della stessa autrice:   –  – 3°-  –  – 6°-  7°- 8°-  – 10°

UN METODO PER LA RISOLUZIONE DEI PROBLEMI

Ogniqualvolta un problema non viene risolto significa che si sta ignorando qualche informazione importante per la sua soluzione. Tutti, nella vita, siamo costretti ad affrontare continuamente dei problemi, piccoli o grandi che siano. A volte li risolviamo abbastanza facilmente, ma spesso ci sembrano talmente insormontabili che ci areniamo di fronte a dei conflitti senza vie d’uscita. Forse perché, invece di risolverli attivamente, ci affidiamo alla “soluzione magica” del copione e agiamo quindi seguendo le decisioni prese da piccoli. Ma in questo modo non troviamo una soluzione reale ed efficace poiché continuiamo a restare legati al passato e ignoriamo la realtà del qui-e-ora. A questo riguardo l’Analisi Transazionale introduce il concetto di “svalutazione”: un ignorare inavvertitamente delle informazioni pertinenti alla soluzione di un problema. Quando entriamo nel copione assumiamo un “atteggiamento passivo” perché ignoriamo le informazioni reali del presente e le opzioni che possediamo come persone adulte. Il comportamento passivo nega un approfondimento razionale di un problema per arrivare a una soluzione.

Vediamo quali sono i comportamenti passivi:

1) ASTENSIONE. L’astensione è propria di quelle persone che tendono a sfuggire le situazioni problematiche restando inermi, e non intraprendono alcuna azione che possa portare ad una risoluzione. Insomma, non fanno nulla. Un esempio, tratto da una scena alla quale ho avuto modo di assistere in una trasmissione televisiva: un uomo si trova in un ristorante in compagnia dell’amante e…viene sorpreso dalla moglie. Quest’ultima comincia a litigare con la rivale che ben conosce, mentre l’uomo che fa? Abbassa la testa e non proferisce parola, lasciando che se la vedano le due “contendenti”. Alla fine, visto l’atteggiamento dell’uomo, l’amante è ben lieta di lasciarlo alla moglie; ma, dopo circa sei mesi, anche quest’ultima lo lascia. Probabilmente non piace a nessuno tale comportamento passivo…

2) IPERADATTAMENTO. E’ proprio di quelle persone che si adeguano a quelli che “credono” siano i desideri degli altri, senza verificare se lo siano veramente. E senza nessun riferimento a quelli che sono i propri desideri. Ad esempio: una donna torna stanca a casa dopo una giornata di duro lavoro; trova in cucina una pila di piatti sporchi e il marito seduto in poltrona. Come un automa va in cucina a lavare i piatti. Ma, in realtà, il marito non le ha chiesto di lavarli, né lei gli ha chiesto se vuole che lo faccia. Tanto meno ha chiesto a se stessa se ha voglia di lavarli e se non sarebbe più giusto che li lavasse il marito.

3) AGITAZIONE. In questo caso la persona si sente incapace di agire e intraprende un’attività inutile e ripetitiva per alleviare il suo disagio. Ad esempio: un allievo che segue la lezione di un professore ha difficoltà nel sentirlo poiché si trova nell’ultimo banco. Invece di chiedere al Prof di parlare a voce alta, comincia a tamburellare con le dita sul banco e ad agitare i piedi: ma non sta facendo niente per risolvere il problema. Comportano “agitazione” anche mangiarsi le unghie, fumare, torcersi i capelli, parlare senza posa, passeggiare su e giù…

4) INCAPACITA’ O VIOLENZA. La persona, svalutando la propria capacità di risolvere un problema, spera di riuscire a fare in modo che lo risolva qualcun altro. Per raggiungere questo obiettivo ricorre a vari espedienti: fa uso di droghe o alcool e può arrivare a soffrire di disturbi psicosomatici. In ogni caso attira l’attenzione di qualcuno: una persona in particolare o l’ambiente che lo circonda, nel disperato tentativo di costringere gli altri a risolvere le proprie difficoltà. Questo tipo d’incapacità può essere considerata una violenza verso “l’interno”. Mentre la violenza verso l’esterno si traduce nell’aggredire gli altri, sia verbalmente che fisicamente. Quindi una persona brutale e aggressiva è, spesso, semplicemente una persona incapace di risolvere i propri problemi.

Abbiamo finora constatato come i comportamenti passivi impediscano di risolvere i problemi poiché c’è una “svalutazione”, almeno di un aspetto, degli stessi. Ma l’Analisi Transazionale ha elaborato un modo sistematico d’individuare la natura e l’intensità della svalutazione con un potente strumento per la risoluzione dei problemi: il grafico della svalutazione. Il grafico della svalutazione parte dall’idea che ci siano tre tipi di svalutazione che si riferiscono a: stimoli, problemi e opzioni. Svalutare uno stimolo significa ignorare la percezione che sta succedendo qualcosa. Svalutare un problema vuol dire rendersi conto che sta succedendo qualcosa ma ignorare che questo pone un problema. Nella svalutazione delle opzioni la persona è consapevole che sta succedendo qualcosa e che questo costituisce un problema, ma elimina la possibilità che si possa fare qualcosa per risolverlo. Ci sono anche 4 livelli di svalutazione: dell’esistenza, dell’importanza (o significato), della possibilità di cambiamento e delle capacità personali.

Ad esempio, se io dico a un forte fumatore che tossisce frequentemente: “Hai una tosse terribile. Per favore, smetti di fumare!”, lo stesso mi potrebbe rispondere: “Quale tosse? Io non stavo tossendo”. Il fumatore svaluterebbe così l’esistenza dello stimolo. Svalutando “l’esistenza del problema” potrebbe dire: “Non preoccuparti, ho solo un po’ di raffreddore”. E, in questo modo, svaluterebbe anche “l’importanza dello stimolo”. Così facendo elimina la possibilità che questo possa costituire un problema, magari anche importante. Oppure potrebbe svalutare l’esistenza “di opzioni” che possano eliminare la tendenza a fumare e, quindi, la tosse.

Il grafico della svalutazione

“Il grafico della svalutazione” nasce elencando tutte le possibili combinazioni di “ tipi” e “livelli” di svalutazione, chiarendo quali devono essere risolti e l’ordine migliore (T1-T6) per affrontarli. Per poter usufruire nel modo più adeguato del grafico, vi affido completamente alla spiegazione molto esaustiva che ne danno S. Woollams e M. Brown (Analisi Transazionale, psicoterapia della persona e delle relazioni, che ho già citato).

“In generale la gravità della svalutazione diminuisce leggendo ogni linea da sinistra a destra. Per esempio, non accorgersi di uno “stimolo”, come il dolore della fame, è una forma di svalutazione più grave che l’accorgersene senza rendersi conto che è un “problema” risolvibile. Solo dopo aver riconosciuto che il problema può essere risolto si può passare a considerare il problema delle “opzioni”. Perciò su ogni riga la svalutazione presuppone anche la svalutazione di tutti i tipi che si trovano sulla destra. In modo analogo, la gravità della svalutazione diminuisce leggendo, in ogni colonna, dall’alto verso il basso. Per esempio, nella prima colonna ci si deve rendere conto che lo “stimolo” esiste, prima di considerare se sia o no “significativo”. Solo dopo averlo accettato come significativo avrà significato il problema se si possa o no cambiare; e solo dopo avere accettato questo si prenderà in considerazione la propria “capacità di reagire” ad esso in modo diverso. Perciò la svalutazione di un modo qualunque presuppone la svalutazione di tutti quelli che nel grafico sono posti al di sotto. In conseguenza di questa doppia gerarchia della svalutazione (dall’alto verso il basso, da sinistra a destra), il grafico della svalutazione si legge diagonalmente, da sinistra in alto destra in basso: la svalutazione in alto a sinistra è la più grave (patologica), mentre quella che troviamo verso la destra in basso è la meno preoccupante. Le frecce diagonali nel grafico sottolineano livelli paralleli o connessi di svalutazione. Per esempio, chi svaluta il significato di un problema svaluterà contemporaneamente la possibilità di cambiare lo stimolo e l’esistenza di opzioni. Dal momento che si devono risolvere le svalutazioni di livello più elevato prima di confrontare efficacemente quelle che si trovano a livello più basso, questa doppia gerarchia fornisce un piano terapeutico di sei fasi di terapia sequenziali, che sono indicate a sinistra in alto, in ogni riquadro del grafico delle svalutazioni, e riportate in calce al grafico stesso”.

Rita Brundu

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